Questa intervista a Giuseppe Tomasini, compagno di squadra e grande amico di Gigi Riva, è stata fatta qualche giorno prima della scomparsa di Rombo di Tuono.
È stata anche la mia ultima telefonata col Luis ed è andata proprio così come state per leggere.
«Pronto, ciao Gigi come stai?»
«Bene e tu Claudio? Novità dagli amici di Leggiuno?»
«Ti salutano tutti Gigi».
«Adesso ti passo il mio amico Tomas, fatti dire qualcosa. Te lo passo perché sei un bravo ragazzo ed un uomo di lago. Mi raccomando, scrivi bene e giusto che poi voglio leggere l'intervista quando esce».
Poi è successo quello che tutti sappiamo. Con Tomasini, abbiamo deciso di pubblicare l'intervista così come è stata fatta quel giorno col Luis, non toccando nulla di quanto ci eravamo detti. Siamo sicuri che Gigi da qualche parte riuscirà a leggerla perché è sempre con noi: gli eroi non spariscono, ma sono sempre presenti al nostro fianco.
Giuseppe Tomasini, bresciano, nasce a Palazzolo sull’Oglio il 29 settembre del 1946 ed esordisce in Serie A con il Brescia nel 1967. L’ anno successivo viene acquistato dal Cagliari, dove contribuisce nel ruolo di difensore alla vittoria dello storico scudetto, rimanendo legato alla società cagliaritana sino al termine della sua carriera calcistica nel 1977. La stagione successiva è viceallenatore del Cagliari ma poi abbandona il mondo del calcio per prendere in gestione un distributore di benzina, con annesso bar, ristorante e tabacchi.
Tomasini, come Gigi Riva, ha fatto della Sardegna la sua terra adottiva, rimanendo legato ai ricordi e a grande amore per la meravigliosa isola e ai suoi straordinari abitanti.
Giuseppe Tomasini come è finito in Sardegna?
È una storia veramente curiosa che ti fa capire come incide il destino nella nostra vita. Ogni anno andavo a fare le sabbiature a Grado, dove incontro il mio amico Gigi Riva mentre mi arriva la comunicazione che il Brescia mi voleva cedere. Sinceramente non ho preso la notizia molto bene, poi Gigi mi ha parlato di importanti progetti che il Cagliari stava facendo per crescere e mi sono convinto, anche perché allora non si poteva rinunciare al trasferimento rischiando di smettere di giocare, ma non certo facendo i salti dalla gioia.
Com'è andata al Cagliari e sull'Isola?
Eccomi... qui: sono sull'Isola dal 1968. La Sardegna mi ha dato tutto, affetto, stima, soddisfazione, amore. È un luogo al quale mi sento molto legato, mi è entrato nel cuore.
Con Riva che rapporto ha instaurato?
Siamo diventati subito amici. Eravamo due lombardi, venivamo entrambi da realtà povere, dove abbiamo iniziato a lavorare presto per aiutare la famiglia, ed entrambi abbiamo subito il fascino dell’Isola. Ancora adesso l’amicizia con Rombo di Tuono è uguale a 50 anni fa. Passo a trovarlo quasi tutti i giorni, ci facciamo le nostre belle chiacchierate ricordando i nostri compagni di squadra, i momenti di una Sardegna umile e modesta dove il popolo sardo ha preso la sua giusta rivincita grazie allo scudetto. Prendo una frase di Gianni Brera per far capire il concetto: la Sardegna, grazie allo scudetto, è entrata in Italia.
Con Gigi parla di calcio o anche di altro?
Raramente, solo qualche piccolo accenno. Preferiamo ricordare entrambi i nostri luoghi di origine. Entrambi siamo "figli dell’oratorio", dove giocavamo interminabili partite, io a San Sebastiano a Palazzolo, Gigi a Leggiuno a San Primo. Entrambi siamo cresciuti con la polenta riscaldata sulla stufa di ghisa. A proposito, qualche volta ci facciamo ancora un piatto con il tradizionale stracchino: non rinneghiamo il passato né il fatto di essere stati poveri e questo ci fa sentire simili e ci fa apprezzare tante cose della vita, soprattutto la capacità a soffrire per raggiungere risultati senza trovare sponde; se vuoi ti faccio un esempio personale.
Quale?
Uscito dal mondo professionistico del calcio ho deciso di aprire un distributore di benzina. Potevo scegliere la strada delle raccomandazioni o delle importanti conoscenze che allora avevo. Invece ho preferito sostenere da solo i vari test e le prove; esserci riusciti è per me un vanto e una grande soddisfazione professionale.
Conosce Gigi da oltre mezzo secolo: l’ha visto arrabbiarsi qualche volta?
Una volta sola ed e ho ancora impresso la scena nella mia mente. Eravamo a Roma all'hotel Quirinale per un ritiro pre partita. Arrivò l’allora presidente Arrica che comunicò a Riva il passaggio alla Juve. Non ti dico, ma potete ben immaginare che momenti; pure noi eravamo frastornati dalla notizia, il resto è storia.
Non vi arrabbiavate per le autoreti di Niccolai?
Ma va, quelle erano autoreti da artista, poi ci pensava là davanti "l’uomo del lago" a sistemare la partita.
Ha ancora legami con Palazzolo e la Lombardia?
Ho una sorella e ogni tanto quando vado a trovare mio figlio a Milano passo dagli amici rimasti e a dire una preghiera al cimitero dove riposano i miei genitori. Sono sempre stato legato al paese, anche da giocatore: quando il Cagliari arrivava dalle mie parti, passavo da Palazzolo con Gigi e alcuni miei compagni di squadra.
Allora sarà venuto anche a Leggiuno?
Certo, ci venivamo spesso con Nenè e Zignoli. Ricordo che andavamo in osterie locali a mangiare. Mi affascinava il territorio, con molto verde, senza contare quella meraviglia che è il lago Maggiore.
Un giovane difensore che l'ha impressionata quando giocava?
Tra i tanti, sicuramente Claudio Gentile. È stato un grande terzino che ha marcato i più forti attaccanti del mondo e un grande commissario tecnico della nazionale under 21 che ha vinto l'Europeo nel 2004, conquistando anche la medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Atene. Poi da quel periodo non ha più allenato. È onesto, non ha raccomandazioni, non è un "lecchino". Purtroppo il mondo va avanti a raccomandazioni e chi non accetta compromessi e favoritismi rimane tagliato fuori anche se possiede competenza e professionalità.
Nella famiglia Tomasini c’è qualche erede calcistico?
Ho due figli, Angelo e Stefano, e quattro nipotini. A parte mio figlio maggiore che da giovane ha giocato a calcio ma poi ha preso altre strade - adesso è un dirigente presso una multinazionale - nessuno ha ripercorso la mia strada. Ma non mi spiace. Sono molto affezionato a loro, persone di antica tradizione dove la famiglia è un grande baluardo. Infatti nelle chiacchierate con Gigi l’argomento figli e nipoti è sempre presente. Anche lui è legatissimo alla famiglia, come padre, come nonno, come zio dei nipoti che vivono in provincia di Varese, come fratello.
Adesso vado che a casa di Gigi stasera c’è da mangiare la polenta fatta con la farina macinata da un mulino del lago Maggiore, con la formaggina tipica delle valli bresciane. Uniamo queste due tradizioni culinarie lombarde con la meravigliosa cucina della terra sarda che ci ha amorevolmente accolto mezzo secolo fa.
Prima di lasciarla andare, ci deve ancora qualche aneddoto...
Te ne racconto due che Gigi sicuramente ricorda. Durante gli allenamenti io e Niccolai eravamo in testa al gruppo a fare l’andatura e Gigi spesso diceva: «Ragazzi non tirate troppo, rallentate» (e su questa battuta si sente al telefono la risata di Rombo di Tuono ndr). Il secondo risale a quando sostituii Gigi in un Cagliari-Juventus (sento al telefono la voce di sottofondo del mito che dice «dai raccontala» ndr). Andò così: Riva non poteva giocare per un problema muscolare, negli spogliatoi era appesa la sua maglia con il numero 11 e nessuno osava chiedere chi dovesse sostituirlo. Fu Boninsegna, uscito da un breve colloquio con mister Scopigno, a darmi la notizia: «Tomas devi mettere quella maglia». Immaginatevi lo stupore e l'emozione. Ma non è finita: quando diedero le formazioni e venne annunciato il mio nome ci fu una bordata di fischi, ma poi feci una partita molto bella, marcando un grande campione come Haller.