Il battito della vita dev'essere questo. Sfiorare la mano di una persona che se ne sta andando e assorbire un anelito che resterà con te e verrà trasmesso a tutte le persone che avranno la stessa lunghezza d'onda, che qualcuno chiama cuore, per intercettarlo. Ascoltando Giacomo Cosentino, varesino e, in questo caso, amico di Luca Alfano molto prima che vicepresidente del consiglio regionale della Lombardia, sembra che due persone siano ancora unite e vicine, anche se una purtroppo non c'è più. Sembra che il battito e l'anelito di Luca siano qui, davanti a noi, in queste parole di Giacomo Cosentino. O così ci piace pensare.
La prima volta
«Conobbi Luca da consigliere comunale oltre 10 anni fa: me lo presentò un suo compagno di scuola parlandomi di un ragazzo che aveva una malattia sconosciuta impossibile da curare. Andai dal sindaco Fontana e gli dissi: "Attilio, c'è un ragazzo che ha due desideri. Il primo è far conoscere al mondo la sua storia per motivare chi è nella sua condizione e per incentivare la ricerca, pubblicando un libro. Il secondo è quello di aiutarlo ad individuare una struttura specializzata capace di studiare il suo caso"».
L'inizio dell'avventura
«Attiliò alzò il telefono e riuscimmo a mettere in contatto Luca con il centro NeMo di Milano, un reparto specializzato del Niguarda dove studiano e curano chi è affetto da malattie rare neuro degenerative. Riuscimmo anche a trovare un editore che gli pubblicasse il libro, 0111 Edizioni, "Più unico che raro". E lui mi fece una dedica che non dimenticherò mai».
La dedica
«"Al mio fratello Giacomo. Abbiamo vinto!!! Con affetto e tanta carrrica. Luca" le sue parole scritte sulla copertina del libro per me. Aveva sofferto tanto durante le cure al NeMO, ma quando uscì disse un'altra frase che resterà sempre con me: "Sto bene"».
Il cuore
«Luca era, anzi è, una persona di cuore che voleva aiutare gli altri. Mi segnalava casi di persone in difficoltà o qualche servizio sanitario da migliorare e io mi attivavo andando a rompere le scatole a tutti».
L'ultimo giorno
«Sono stato chiamato domenica mattina da uno dei suoi migliori amici, Francesco Mazzei, e mi sono precipitato in pronto soccorso perché Luca aveva espresso il desiderio di avere vicino gli amici più stretti. Sono arrivato e ho appoggiato la mia mano sulla sua, in cui sentivo ancora pulsare la vita anche se aveva già gli occhi chiusi. Sono certo che lui abbia sentito quella mia ultima carezza».
La lettera di Attilio a Luca
«Attilio, la prima persona che insieme a me si è preso a cuore Luca, ha scritto una lettera molto bella per lui e per la sua famiglia in cui dice che «Luca era un amico di tutti noi. Il suo coraggio, la sua dignità, la sua fiducia malgrado le difficoltà restano un esempio per la collettività. Un monito per chi lotta e resiste nei percorsi di malattia, un faro acceso sull'attività di ricerca a vantaggio delle patologie gravi». Vorrei aggiungere che io e Attilio non abbiamo fatto nulla di straordinario, ma abbiamo adempiuto a un dovere etico prima che politico».
Se ne è andato. Ma ha vinto
«Era Luca che ci motivava, Luca che non mollava, Luca che ascoltava i miei sfoghi e le mie confidenze, Luca che dava a me la forza di andare avanti ma anche di tenere la barra dritta quando sarebbe stato più facile mollare. Nonostante la vita difficile, non si è mai incattivito e Varese deve essere orgogliosa di lui. L'aspetto forse più straordinario è questo: Luca se ne è andato, ma ha vinto la sua battaglia, come scrisse in quella dedica. Ha vinto perché il suo obiettivo era quello di far sapere a tutti che bisogna vivere fino in fondo la propria vita con dignità e a testa alta».
GIACOMO COSENTINO