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Hockey | 21 settembre 2022, 16:08

Piccinelli, un Mastino al Brinzio: «Tavoli prenotati fino al 2023, qui si mangia solo ciò che produciamo. L'entusiasmo attorno all'hockey non dev'essere un fuoco di paglia»

Siamo andati nell'agriturismo tra i boschi dove Lorenzo, 30 anni compiuti oggi, porta avanti l'attività di famiglia e dove è accompagnato dalla "mascotte" Valentino, un capretto di un anno nato il 14 febbraio: «Non abbiamo neppure la pubblicità sulla strada, una pagina Facebook o il menu: serviamo solo cose fresche del momento. Turisti anche da Svizzera, Germania e Australia. Nei Mastini il gruppo fa vincere anche contro i più forti, ma è ancora più importante seminare nel settore giovanile»

Lorenzo Piccinelli, 30 anni oggi, insieme al capretto Valentino nato, ovviamente, lo scorso 14 febbraio

Lorenzo Piccinelli, 30 anni oggi, insieme al capretto Valentino nato, ovviamente, lo scorso 14 febbraio

Un Mastino al Brinzio. È Lorenzo Piccinelli, trent'anni compiuti proprio oggi, grande acquisto dei gialloneri dell'hockey, dove torna dopo 8 anni e con cui esordirà sabato in campionato a Bressanone, e dell'agriturismo di famiglia, uno dei luoghi più caratteristici e amati non solo dai varesini per gustarsi prodotti a chilometro zero.

Lorenzo, emblema della determinazione sul ghiaccio, conserva queste doti anche tra i recinti dell'Azienda agricola e agriturismo Piccinelli di Brinzio. Senza però rinunciare alla dolcezza, come quando abbraccia il piccolo Valentino, un capretto nato lo scorso 14 febbraio: «È la mascotte di casa nostra - racconta - ed è un po' anche il padrone di casa».

Quello in cui ci porta il numero 71 della squadra allenata da coach Devèze è un mondo fatto di sapori genuini e calore familiare, tra i boschi del Campo dei Fiori a un passo da Varese. «Lavorare con i miei genitori Massimo e Marina è sempre bello, così come portare avanti l'attività di famiglia». Un'attività nata nel 2000, sviluppatasi nel 2012 con l'apertura del negozio e della gelateria, fino alla definitiva consacrazione nel 2016 quando è stata aperta l'attività di ristorazione

«Le cose per fortuna vanno bene, in tanti ci conoscono e parlano bene di noi - racconta Lorenzo - dopo la pandemia abbiamo avuto un boom e i trenta posti a sedere al chiuso non bastano più. Basta pensare che abbiamo le prenotazioni chiuse fino a fine anno: l'intenzione è quella di partire con lavori di ampliamento per rendere fruibile anche il piano superiore e allargare la capienza».

Di qui passano tanti varesini, ma anche turisti provenienti da Svizzera, Germania e persino Australia. «E pensare che non abbiamo nemmeno la pubblicità fuori dall'agriturismo». Tutto è basato sul passaparola. L'agriturismo è portato avanti a dimensione familiare: oltre ai genitori c'è anche la sorella Francesca che, ovviamente, è cresciuta sulle lame tanto da essere istruttrice di pattinaggio artistico a Como. 

Tutto è a chilometro zero: «Non c’è il menu e si mangia quello che c’è o che raccogliamo in settimana. Noi stessi produciamo il mais per la polenta, le castagne per la birra, frutta per le confetture e carni per brasato e spezzatino e alleviamo maiali per i salumi, che sono nostri al 100 per cento. Per i formaggi collaboriamo con altre realtà del territorio, da Rancio a Casciago, così come per il miele e la birra (800 litri già prodotti ed esauriti)».

Il ristorante è aperto da venerdì sera a domenica ed è affiancato da un negozio in cui vengono venduti proprio questi prodotti: con novembre, l'apertura sarà ampliata anche ad alcuni giorni della settimana. Un posto autentico vissuto con il cuore e dai sapori forti, proprio come l'esperienza sul ghiaccio di Lorenzo.

«Non mi aspettavo di respirare tanto entusiasmo nell'ambiente e sono contento del supporto della gente - dice il numero 71 giallonero - La base è forte, i nuovi si stanno inserendo bene e il gruppo è quello che ci aveva già permesso di vincere a Milano contro squadre sulla carta favorite. Siamo una grande famiglia anche fuori dal ghiaccio e questo può fare la differenza». 

Forza e chiarezza non mancano, e non solo a parole, a Lorenzo: «Spero che l'entusiasmo che stiamo vivendo non sia solo un fuoco di paglia ma che duri nel tempo e che sia una rampa di lancio per la prima squadra e per il settore giovanile, solo così il Varese riuscirà a coprire il buco generazionale che si è creato anche a causa dell'assenza del palaghiaccio che, però, non può essere una scusa visto che altre realtà hanno avuto o hanno lo stesso problema. Prendiamo l'Appiano: magari per qualche stagione non fa risultati ma, dando spazio con continuità ai giovani del settore giovanile e facendoli crescere, dura nel tempo e, prima o poi, arriverà anche a vincere».  

Investire di più nel settore giovanile, puntando proprio su professionalità ed esperienza: Piccinelli prende ad esempio la sua esperienza. «Vengo da settimane di camp prima a Corvara, in Val Badia, dove c'erano 80 bambini dai 6 ai 14 anni, e poi a Pinerolo e Pieve di Cadore, dove non erano molti meno anche se un po' più grandicelli. A fare la differenza è il coach, il suo carisma, la sua capacità di far crescere, coinvolgere e trasmettere insegnamenti ai ragazzini ma anche a gente come me. Professionisti come Karel Dvorak e e Zdenek Kudrna, con cui lavoro ai camp, sono decisivi, così come la capacità di entrare nelle scuole (i bimbi devi portarli sul ghiaccio andando a convincerli in classe): tutto questo, alla lunga, ti fa risparmiare sulla prima squadra ma ti fa anche durare e probabilmente vincere, a costo di andare incontro ad alcune annate difficili in termini di risultati nei momenti della "semina"». E di semina Piccinelli se ne intende...

Andrea Confalonieri - Bruno Melazzini


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