«Per lui vedere il suo nome su quelle maglie significava tutto». L'ultimo saluto a Renzo Cimberio, scomparso domenica all'età di 83 anni (leggi qui), per noi di VareseNoi non poteva che essere quello di Francesco Caielli. Come Andrea Confalonieri (qui il suo fondo), anche il Caio ha camminato sulle stesse strade del Cavaliere, lastricate di passione e amore per il basket. Ha conosciuto lo sponsor e l'uomo, le sue due famiglie, quella vera e la Pallacanestro Varese: le sue parole fissano allora per sempre tutto quello che Renzo Cimberio è stato per Varese e con Varese.
C’era una capacità, in Renzo Cimberio, quasi unica: quella di essere felice, senza preoccuparsi di nasconderlo. Sapeva essere felice, e sapeva farlo vedere, in quei momenti in cui poteva permettersi di staccarsi dal suo ruolo in azienda per concedersi a quelli che erano i suoi piaceri. Ed era singolare accorgersi di come, in questi suoi momenti, c’entrasse sempre in qualche modo la pallacanestro.
Passione e orgoglio fanno parte di quella lista di parole su cui bisognerebbe mettere una tassa sull’utilizzo, per quanto sono abusate e ripetute: ma scrivendo del Cavalier Cimberio (ma quanto ci teneva, a farsi chiamare così, “Cavalier Cimberio”?) davvero sarebbe un peccato non usarle.
Passione per questo sport, passione genuina che lo portava anche a commettere degli errori ma che allo stesso tempo gli regalava degli slanci di generosità senza eguali. La Pallacanestro Varese, con il nome di Cimberio, è retrocessa: e questo lo sanno anche i sassi. Quello che invece sanno in pochi (e quelli che lo sanno non ne parlano o ne parlano troppo poco) è che Renzo Cimberio la Pallacanestro Varese l’ha salvata, e l’ha salvata in più occasioni. Con quell’acquisto a gennaio che salvava la stagione, con quell’extra budget che dava ossigeno ai conti, con quei “sì” che valevano oro. E se c’è qualcosa che non torna, in questa storia, è che nessuno mi leva dalla testa che Renzo Cimberio avrebbe dovuto salutare questo mondo da Presidente Onorario della Pallacanestro Varese.
E orgoglio, perché per lui la squadra era come una seconda famiglia e vedere il suo nome su quelle maglie significava tutto. Orgoglio che non nascondeva, una volta all’anno, quando tutta la squadra andava in visita ai suoi stabilimenti di San Maurizio d’Opaglio: lui apriva quella che era la sua casa, mostrava ai giocatori la sua azienda e presentava i suoi dipendenti, dava un senso al suo essere sponsor.
E prendano nota, tutti quelli che scelgono (perché è una scelta, non un obbligo) di legare il loro nome alla Pallacanestro Varese: è così, e in nessun altro modo, che si può essere sponsor di questa squadra. Facendola propria, senza pretendere in cambio ringraziamenti e leccate di culo, dando molto ma ricevendo molto di più. Difendendola, sempre e pubblicamente: come quella sera in cui alzò il dito zittendo chi stava contestando la sua squadra e fermando, con un semplice gesto della mano, la rabbia della curva contro i giocatori. In trent’anni di palazzetto, mai avevamo sentito la gente cantare il nome dello sponsor. Mai. Con il Cavaliere, era la regola: ogni volta, quando si sedeva al suo posto di fianco all’amico Pironi. “Renzo alè, Renzo Cimberio. Renzo alè, Renzo Cimberio”. E non succedeva per caso. Prendano nota, tutti.
Ciao Cimberione, perché adesso tocca a me.
Ti ho voluto bene, tanto. Perché non hai mai detto no a una mia richiesta di intervista, fossero state anche le nove di sera. Perché hai sempre richiamato quando eri costretto a dire “Adesso non posso ti richiamo dopo”. Perché hai pianto con me: quando Varese è retrocessa, quando è tornata in serie A, quando Siena ci ha portato via uno scudetto che nessuno al mondo avrebbe meritato più di te. Perché in un periodo difficile mi hai aiutato, prendendomi a lavorare nella tua azienda e sincerandoti che venissi pagato, il giusto e con puntualità. Perché io raramente ho visto in un uomo tanto amore per questa cosa chiamata Pallacanestro Varese. Perché eri una persona buona, generosa. E i ricordi che mi legano alla tua presenza nella mia vita, quelli, resteranno per sempre: e resteranno miei.
E a te, Roberto, dico solo questo. Il bene che ti ha voluto tuo padre, e che io ho visto da vicino, sta tutto negli esempi e nei valori che lui ti ha trasmesso a modo suo e che ora tu incarni a modo tuo, prendendo il suo posto alla guida dell’azienda. Non dev’essere stato facile essere figlio del Cavalier Renzo Cimberio, ma tu l’hai fatto nel migliore dei modi. E questa è una cosa che nessuno mai ti toglierà.
E adesso, tutti in piedi.
“Renzo alè, Renzo Cimberio. Renzo alè, Renzo Cimberio”