Nono scudetto di fila. In casa Juve cambiano gli allenatori, ma non cambia il risultato. Dopo Conte e Allegri è arrivato anche il turno di Sarri. Quando si vince, si ha sempre ragione. Il mugugno di buona parte dei tifosi bianconeri è il frutto dell'abitudine a vincere facile. Ormai non basta più tagliare il traguardo per primi: bisogna dare spettacolo e stravincere altrimenti si storce il naso.
È il segno di una concorrenza che in questi anni è quasi sempre stata spazzata via. È successo anche quest'anno. Solo il Napoli di Sarri mise effettivamente paura alla Juve di Allegri: per il resto, concorrenza sempre sbaragliata. Eppure il tifoso bianconero ha accolto il nono di fila con un sentimento di snobismo misto a delusione per un gioco che non è mai decollato se non a tratti. Le aspettative altissime verso Sarri, Profeta dell'estetica e del cambiamento filosofico del mondo Juve, hanno sgonfiato l'anima del tifoso sprofondato nella noiosa abitudine della vittoria dello scudetto.
Eppure le premesse erano molto diverse: il competitor più agguerrito, l'Inter, aveva ingaggiato Conte e Marotta. E l'allenatore obiettivamente incuteva paura soprattutto per la sua strepitosa capacità di vincere al primo anno. Un luogo comune che ha tradito tanti, ma che ha acceso l'interesse del campionato dopo in lungo dominio bianconero. La Juve, pur al termine di un percorso a singhiozzo, ha vinto lo scudetto: l'Inter non si è dimostrata ancora all'altezza, la Lazio si è liquefatta dopo il lockdown e il Napoli ha abbandonato la corsa molto prima. Vincere non è mai banale e dunque complimenti a Sarri e alla Juve, nove volte campione d'Italia negli ultimi nove anni.














