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Varese | 15 maggio 2020, 07:50

Matteo Bianchi: «Il peccato originale è del premier e del ministro della Salute. Riaprire subito con poche regole e tanto buonsenso»

L'onorevole leghista di Morazzone: «Dal governo pasticci con i dpi, nessun provvedimento iniziale per proteggerci e cose non vere dette alla popolazione... Altrettanto disastrosa è stata la gestione della liberazione di Silvia Romano. Mantenendo le distanze di 4 metri non eviti i contagi ma fai morire un'attività. Nessuna critica ai sindaci o a Galimberti: sono in prima linea. Al massimo un consiglio. Ora seguiamo il modello svizzero»

Matteo Bianchi: «Il peccato originale è del premier e del ministro della Salute. Riaprire subito con poche regole e tanto buonsenso»

Lo avevamo lasciato poco prima che scoppiasse l'emergenza Coronavirus, per annunciare la sua candidatura a sindaco di Varese alle prossime elezioni amministrative. Matteo Bianchi era pronto ad iniziare la campagna elettorale che, per riconquistare la culla del Carroccio espugnata dal Pd, sarebbe dovuta partire subito, con almeno un anno di anticipo, e il tempo sembrava anche poco. Ora, a tre mesi di distanza da quella intervista e da un vertice di partito mai avvenuto (leggi qui), sembra passato un secolo e sembra altrettanto lontano il tempo in cui si andrà alle urne nella Città Giardino.

Ma Matteo Bianchi resta a disposizione «sebbene oggi le priorità siano diventate altre - dice mentre attende di decollare da Roma per tornare nella sua Morazzone - Stiamo affrontando una situazione nuova e incredibile e tutte le energie sono impiegate per farlo al meglio. Sul fronte elettorale ci sono invece le elezioni a Luino, Laveno... che sono state posticipate in autunno e su cui ora siamo concentrati». E sebbene sia impegnato su più fronti, un occhio puntato su Varese lo tiene sempre per essere pronto alla prossima chiamata «e perché la mia disponibilità c'è ancora e sarà rinnovata non appena si riprenderà il discorso».

Da osservatore esterno si è fatto la sua idea su come avrebbe affrontato l'emergenza Coronavirus da primo cittadino. «Non me la sento di criticare nessun sindaco perché ho la consapevolezza che in questo momento sono loro in prima linea sul territorio e hanno più difficoltà di chiunque ad interpretare tutte le misure. Se posso però dare un suggerimento a Galimberti, è di ragionare sul taglio delle spese superflue per destinare quante più risorse possibili alle attività produttive. Il piccolo commercio, i bar e i ristoranti, negozianti che magari non hanno dipendenti ma che se non vanno a lavorare non hanno entrate, vanno sostenuti. Consiglierei di sospendere le spese che possono essere traslate e non fermare gli investimenti coinvolgendo l'industria e le aziende locali. Se fossi io il sindaco di Varese farei cosi».

Se proprio dovesse fare un appunto, Bianchi lo farebbe al premier e al ministro della Salute «che hanno la responsabilità del peccato originale, di aver raccontato bugie alla popolazione. Ci hanno detto che il virus non sarebbe circolato e che era come una banale influenza e soprattutto non hanno preso fin da subito i provvedimenti necessari per proteggerci, come la chiusura dei voli con la Cina. Hanno sbeffeggiato i governatori del Nord tacciandoli di razzismo, ma il Coronavirus non ha un colore, non ha razza ma ha sempre avuto una specifica provenienza. E poi i pasticci che hanno fatto con i dpi che non si trovano al prezzo imposto dal governo che poi non è di 50 centesimi ma 50 più Iva... Insomma, una gestione disastrosa dall'inizio alla fine».

Come disastrosa, secondo Matteo Bianchi, è stata la gestione dell'altra situazione che è riuscita, per la prima volta in due mesi, a far cambiare le copertine di giornali e tg: la liberazione di Silvia Romano. «Non voglio entrare nel merito della faccenda, ma sto facendo delle indagini sull'organizzazione per cui Silvia Romano lavorava in Kenia, la Onlus Africa Milele, e che era responsabile della ragazza. Non risulta ad oggi che fosse una cooperante o volontaria e la Onlus non sarebbe nemmeno accreditata alla Farnesina o in un sistema di cooperazione internazionale. Se così fosse sarebbe necessario normare l'ingresso e l'operato di queste associazioni in paesi a rischio. Occorrono volontari formati, in grado di operare in contesti di criticità e non persone di buon cuore con la voglia di fare del bene: quelle andassero in paesi sicuri».

E anche sulla ripartenza ha idee ben precise e non si farebbe problemi a riaprire tutte le attività, «perché dobbiamo metterci in testa che non ha più senso attendere e parlare di fase 3. Non c'è una fase 3 e non ci sarà finché non si sarà trovato il vaccino per il Coronavirus. Dobbiamo imparare a convivere con un'eterna fase 2, fatta di regole e di buon senso, di mascherine da indossare come si allacciano le cinture di sicurezza in auto e ci si mette il casco per andare in moto, di distanziamento e igienizzazione. Il metodo svizzero è quello che forse bisognerebbe prendere come riferimento: poche regole ben definite e da far rispettare. Il resto sono baggianate che non hanno rispondenza con la vita reale, forse sui libri della task force un fondamento di natura scientifica ce l'avranno anche, ma io credo che mantenendo le distanze di 4 metri non eviti nessun contagio ma in compenso fai morire un'attività».

Valentina Fumagalli


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