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Calcio | 16 settembre 2025, 10:23

Tredici anni senza Peo Maroso, il "tutto" del Varese: forse non tutti se lo sono meritato, o se lo meritano

Se ne andava il 16 settembre del 2012 l'intramontabile bandiera biancorossa: giocatore, allenatore, dirigente e presidente non ha mai avuto bisogno di alzare la voce per esprimere leadership, carisma e fiuto. Vedeva prima le cose, scopriva talenti poi assurti a campioni (da Gentile a Marini), diceva sempre ciò che pensava e vinceva con la vecchia scuola che è tutto fuorché "vecchia". Il figlio Virgilio e la nipote Martina lo portano nel cuore, e noi con loro

Il Peo in festa per una promozione del Grande Varese sulla copertina del libro di Stefano Affolti "Peo Maroso, leggenda del calcio bandiera del Varese" (Pietro Macchione Editore)

Il Peo in festa per una promozione del Grande Varese sulla copertina del libro di Stefano Affolti "Peo Maroso, leggenda del calcio bandiera del Varese" (Pietro Macchione Editore)

Se ne andava il 16 settembre del 2012 a 78 anni l'intramontabile Peo Maroso, bandiera del Varese di cui fu "tutto", da giocatore ad allenatore, da dirigente a presidente sempre con una dote rarissima e, cioè, la capacità di essere vincente e di vedere le cose prima degli altri.

Se chi dovrebbe farlo non si ricorda della sua più grande bandiera che non può più alzare più la voce, sempre che l'abbia mai fatto, né mostrare la sua eccezionale umiltà e una capacità ormai perduta, cioè quella di scoprire talenti e credere in loro sempre, non accade lo stesso per chi, davvero, considera la memoria e le radici di questi colori il valore più sacro e grande da custodire e difendere.  

«Oggi se ne andava il Peo» ci ha scritto questa mattina uno dei più grandi tifosi del Varese viventi (essere tifosi del Varese significa amarlo e basta, da vicino ma anche da lontano, non accodarsi al coro e accettare sempre tutto a prescindere). 

Noi lo ricordiamo come ce lo hanno sempre ricordato il figlio Virgilio e l'adorata nipote Martina, cioè come un uomo sincero, leale e orgoglioso, visionario,  generoso ed empatico. Dicevano che il suo calcio era vecchia scuola, ma la "sua" vecchia scuola, dalla serie A alla serie D - basta vedere chi è in testa alla classifica e come lo è dopo le ultime vittorie, ultimo esempio il Vado allenato da Roselli -, è semplicemente italiana e vincente.  Ed è quella che ha portato dal vivaio del Varese all'Olimpo ragazzi poi diventati campioni del mondo come Claudio Gentile e Giampiero Marini. 

I tifosi biancorossi, almeno loro, e tutti coloro che lo hanno conosciuto, oggi alzeranno uno sguardo al cielo per mandare un saluto a un grande uomo che diceva sempre quello che pensava senza troppi giri di parole (grazie di avercelo insegnato, caro Peo): meglio la verità in faccia, che nascosta dietro la facciata. 

Leader unico dalla schiena dritta, poco incline ai compromessi, in tutto quello che ha ottenuto non c'è mai stata l'ombra di una raccomandazione o di un aiuto dall'alto, anzi. Seminatore d'oro ma non per tutti perché non tutti, forse, si sono meritati o si meritano Peo Maroso.
 

Andrea Confalonieri - Claudio Ferretti


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