Non sono un patito di basket ma mi innamoro dell'umanità che è racchiusa negli uomini che giocano a pallacanestro e che rappresentano la città e le sue bandiere. Uomini come Giancarlo Ferrero.
Di fronte a questa decisione vorrei dire una cosa: non basta venire ad abitare a Varese per essere di Varese e comprendere Varese. Non basta perché Varese non è il foie gras ma l'osso buco, Varese non è la Nike che possono comprare tutti ma la scarpa su misura. Varese è Ferrero.
Il basket a Varese è passione al di là dei risultati e, quindi, dopo tutte queste stagioni e per essere l'uomo che è, "varesino" nei fatti e nella sostanza, un varesino come me si aspettava che Ferrero rimanesse. Come magari mi potevo aspettare la stessa cosa per De Nicolao, anche lui unito alla varesinità da qualcosa che andava ben oltre l'allenamento o la partita.
Varese è il negozietto che fa le cose su misura, è la cura di chi la ama. E se c'è qualcuno che rappresenta tutto ciò, non lo fai andare via ma te lo tieni stretto perché porta molto più di un risultato. Ferrero conduce in quel palazzetto anche chi non è un malato di basket ma semplicemente chi ama Varese come me. E se succede qualcosa del genere al Milan con Maldini, a Varese io queste cose non me le aspetto.
Chi guarda alla pallacanestro vive di emozioni e Giancarlo, per me e per tutti quelli che l'anno conosciuto, è stata, è e resterà un'emozione. Problema economico? Se lo fosse stato, penso che in tanti, se ci fosse stato chiesto "chi vuole pagare lo stipendio a Ferrero?", avremmo alzato la mano. Gliel'avrei pagato io: in gin tonic, ovviamente.