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Gallarate | 21 aprile 2023, 14:01

Inaugurata la mostra sul giudice Livatino: «Sapeva di rischiare e sembra avesse rifiutato la scorta»

Ieri nella chiesetta del don Paolo a Gallarate è stato ricordato che se non fosse stato per il testimone dell’omicidio del giudice «Non ne avremmo conosciuto la natura» e che «Si trovava sulla stessa strada per motivi di lavoro e ha deciso di non girarsi dall’altra parte»

Inaugurata la mostra sul giudice Livatino: «Sapeva di rischiare e sembra avesse rifiutato la scorta»

Ieri, in San Pietro, centro di Gallarate, è stata inaugurata la mostra in ricordo del giudice Rosario Livatino, ucciso nel settembre del 1990. Una serie di pannelli che raccontano la sua vita, la sua dedizione al lavoro e il suo coraggio, fino alle lettere di due uomini che hanno compiuto il suo assassinio in cerca di perdono.

A organizzare la mostra è stato il Centro Culturale “Tommaso Moro” e il suo presidente, Vittorio Pasqualotto, l’ha introdotta: «Di solito quando si inizia una mostra ci si chiede come andrà. Che non vuol dire quanta gente passerà, ma chissà cosa potrebbe accadere incontrando una personalità come la sua, che potrebbe porre a tutti delle domande a proposito della responsabilità con cui ognuno di noi vive la sua umana avventura?».

Don Riccardo Festa ha voluto lanciare un messaggio, partendo dai suoi primi anni da prete: «Ero a Sesto San Giovanni: mentre io custodivo l’oratorio come spazio di libertà mi sono accorto che mi trovavo sul confine di un territorio oltre il quale c’era la criminalità. Non erano solo sistemi mafiosi, ma di prepotenza. Ma se ognuno di noi è responsabile di una mattonella, la cura rende meno efficiente la prepotenza e la criminalità». Cosa che il giudice faceva: «Questo comporta anche un prezzo da pagare, quindi gli rendo onore e rendo omaggio a quel testimone che ha saputo denunciare».

Nella chiesetta, i rappresentanti delle forze dell’ordine di Gallarate (Polizia Locale, Carabinieri, Polizia di Stato e Guardia di Finanza) e il prefetto Salvatore Rosario Pasquariello: «Questa è un’occasione importante per approfondire lo studio di un uomo che in un agguato mafioso ha perso la vita - ha detto, rimarcando che -  Non avremmo conosciuto la natura di questo omicidio se non ci fosse stato un testimone, Piero Nava. Il quale si è trovato, per motivi di lavoro, sulla stessa strada e ha deciso di non girarsi dall’altra parte in un momento in cui non c’erano tutele per i testimoni. È giusto mettere in luce anche l’importanza del coraggio civile di certe persone».

Il prefetto ha aggiunto: «Trentatré anni fa ha perso la vita per il suo lavoro, per le sue convinzioni. Non possiamo che avvicinarci con delicatezza a questa figura per ispirarci nel lavoro quotidiano che ognuno di noi deve compiere».

Vittorio Pasqualotto ha concluso l’inaugurazione dicendo: «Ci sono dei pannelli proprio sulla sua personalità. La vita di una persona che svolgeva il suo lavoro in modo rigoroso e rispettoso anche dell’imputato, in cui si può leggere il profondo rispetto per il dramma del colpevole». 

Michela Scandroglio

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