Oggi compie 68 anni Ermes Berton, una vita da portiere e, soprattutto, da "maestro" di tanti numeri 1, anche a Varese, da Moreau a Bressan, da Zappino a Bastianoni («Una giovane promessa: mi è spiaciuto molto che abbia abbandonato il calcio per andare a lavorare, ma questa è la vita. I ragazzi devono sapere che il calcio è una passione e raramente la passione è legata a grandi guadagni») e ad Andrea Scapolo.
Tra i suoi maestri ci sono Mario Barluzzi, Leo Fabris e Carlo Della Corna: «L'indimenticabile "ciuffo" Della Corna mi ha trasmesso la capacità di lasciarsi scivolare addosso le critiche e di non drammatizzare mai troppo. Durante una partita che stavamo perdendo 3-0, è riuscito a calmarci e ci ha trasmesso qualcosa di speciale: finimmo per vincere con le sue strabilianti parate». Ora Ermes insegna questa "vita da portiere", che va ben oltre il calcio, ai giovani dell'Accademia Varese.
Ermes Berton nasce a Chiarano in provincia di Treviso il 27 marzo 1954 e trascorre la sua infanzia a Cislago. Adolescente, fa un provino come portiere con i pulcini dell’Inter, superando la prova: non potendo essere accompagnato agli allenamenti dai genitori, deve a malincuore rinunciare.
A quattordici anni Ermes entra nel vivaio del Varese: è un colpo di fulmine. Viene mandato in prestito durate il servizio di leva alla Romulea, società romana di serie D dove gioca con l’amico Egidio Calloni, poi alla Milanese. Ritorna a Varese, arrivando in serie B, dove si allena seguendo i preziosi consigli del maestro Mario Barluzzi, e rubando il mestiere a Leo Fabris e Carlo Della Corna, pupillo dei tifosi con il nomignolo di Ciuffo. Si sposa, smette di giocare e lavora come commesso in un negozio di abbigliamento, però il richiamo della foresta è forte, irresistibile anche nelle società minori in cui approda mettendoci un impegno e un "amore" per ciò che fa e trasmette da serie A.
Dal 1991 al 1997 va in Svizzera dove gioca e allena in seconda divisione il Morbio, torna quindi al suo grande amore biancorosso allenando i portieri in serie C1 sino al 2001, prima di entrare a far parte dello staff dell'Inter come preparatore dei portieri del settore giovanile partecipando a vari stage in Cina e Usa.
Nel 2006 arriva la grande occasione di andare in Bulgaria ad allenare in serie A con mister Claudio Maselli. Rientra in Italia con una grande esperienza sulle spalle e viene chiamato ad allenare i portieri della prima squadra nel Monza. Ritorna a Masnago con la Primavera con mister Tomasoni, durante la stagione di Castori e Agostinelli sulla panchina della prima squadra in serie B nel 2012/2013. L’anno successivo, sempre in Primavera, è al fianco di Maurizio Ganz, attuale tecnico del Milan femminile. L’anno successivo assume il compito di responsabile dei preparatori dei portieri di settore giovanile e società affiliate. Con l'amico Ganz va poi ad Ascona e alla Bustese in D. Nel 2017 è per un anno al Legnano, l’anno successivo allena in Eccellenza i portieri del Varese. Attualmente fa parte del progetto dell'Accademia Varese, insegnando ai ragazzini il difficile ma forgiante ed esaltante ruolo del portiere.
Berton, ha scritto anche un magnifico libro dal titolo "Le mani sulla palla", che consigliamo a tutti di leggere: che consigli può dare a chi aspira a diventare un portiere?
Bisogna spiegare che è un ruolo difficilissimo, di grande responsabilità, e poi trasmettere ai ragazzi sicurezza e fiducia. Bisogna formarli nel carattere, insegnare ad essere forti psicologicamente: nella carriera di un portiere, ad ogni livello, arrivano momenti difficili, dove ci si sente sotto tiro. In questo ruolo devi avere colpo d'occhio, essere agile, svelto e non avere paura, ma soprattutto essere deciso a trasmettere tanta fiducia ai compagni. Insieme al capitano, nello spogliatoio guardano tutti a te.
Chi sono stati i suoi maestri?
Sicuramente Mario Barluzzi "il gran signore", poi ho cercato di rubare il mestiere al grande uomo ragno Leo Fabris e a "ciuffo" Della Corna. Avevano caratteristiche diverse, sia tecniche che caratteriali. Da Fabris ho cercato di assimilare la sua serietà assoluta e la capacità di non lasciarsi mai andare ad emozioni. Mentre il povero Della Corna mi ha trasmesso la capacità di lasciarsi scivolare addosso le critiche e di non drammatizzare mai troppo. Durante una partita che stavamo perdendo 3-0, lui è riuscito a calmarci e a trasmetterci qualcosa di speciale: finimmo per vincere con le sue strabilianti parate.
Lei a Varese ha allenato anche Bressan, Moreau, Zappino, Bastianoni: ha qualche ricordo in particolare?
Tutti si impegnavano tanto negli allenamenti. Bressan era molto puntiglioso, Moreau era giovane e aveva talento, Zappino rigoroso sul campo e Bastianoni una giovane promessa: mi è spiaciuto molto che abbia abbandonato il calcio per andare a lavorare, ma questa è la vita. Anche questo i ragazzi devono sapere: il calcio è una passione e raramente la passione è legata a grandi guadagni.
Non abbiamo parlato di Andrea Scapolo, il "portierone" del lago Maggiore.
Andrea è un ragazzo che ha talento: purtroppo a Varese ha giocato in Eccellenza in un anno horribilis. Non era facile essere concentrati e sul pezzo in quel campionato. So che adesso studia e gioca in America: sono molto contento e gli faccio un grosso in bocca al lupo.
Lei era amico personale di Paolo Doto: qualche ricordo in merito?
Paolo se ne è andato via troppo presto. Era un personaggio unico, un compagnone, un romano con la battuta facile che faceva gruppo e sapeva voler bene e farsi voler bene. Ho perso un amico, ma il calcio varesino ha anche perso un grandissimo mister, un papà di tanti calciatori.
Qualche rimpianto?
Sinceramente faccio quello che mi piace, sono sempre a contatto con i ragazzi. Rimpiango i tempi del Varese in altre categorie e in serie B, perché regalavano qualcosa di speciale e unico a tutti: spero che ritornino presto. Poi, forse, l'aver rinunciato ad una chiamata dell’Avellino da giovane.
Ci racconti.
Ebbi un contatto con gli irpini grazie a Mario Grotto, il nostro supervisore, scopritore di talenti e fratello maggiore. Mario era una figura qualificata in società, poi non so... la palla non arrivò tra le mie mani e finì in tribuna. Destino della vita.