«Un'esperienza disumana».
Così Daniela descrive ciò che tra la giornata di ieri e quella di oggi hanno passato lei, sei autisti di Autolinee Varesine e la ventina tra donne e bambini (anche piccolissimi) ucraini salvati dalla guerra. (leggi qui e qui)
Il loro pullman, ripartito nella mattinata di ieri dal confine tra l'Ucraina e la Romania, dove erano stati effettivamente prelevati i cittadini ucraini portati in salvo, è stato fermato qualche ora dopo alla frontiera di Petea, tra la Romania e l'Ungheria, sulla via del ritorno.
Erano circa le 19.35 ed è iniziato l'indicibile: 21 ore fermi. Bloccati. Costretti in una fila lunga chilometri composta unicamente da viaggiatori in arrivo dall'Ucraina con qualsiasi mezzo (auto, altri pullman e camion), mentre tutti gli altri passavano senza ostacoli. Con il motore dell'autobus spento per non consumare gasolio, quindi al freddo, senza cibo (se non i panini a un certo punto portati dalla Croce Rossa locale) e senza servizi igienici se non pochi bagni chimici che, usati da migliaia di persone, sono presto diventati inservibili.
Il motivo? I controlli del personale di frontiera ungherese: 50 minuti almeno per ogni auto, ben di più per un pullman, a scongiurare il pericolo dell'immigrazione clandestina, in particolare di minori.
Il convoglio solidale varesino, nel cuore della notte, ha provato anche a contattare la Farnesina, peraltro impossibilitata ad agire: «Mi hanno risposto di essere a conoscenza della situazione e di pazientare».
Alle 16 di oggi il sospirato via libera: «Abbiamo appena passato il confine - ci racconta in diretta Daniela - Vorremmo portare la testimonianza di quanto a noi accaduto a tutti coloro che stanno intraprendendo un viaggio come il nostro: devono sapere cosa li aspetta».














