Daniele Zanzi siede su una panchina fatta con il legno di Thuja Plicata, vecchio di 2000 anni e scolpito dall’artista americano Tom Jahns, che lo raccolse nelle foreste dell’Olympic National Park, nello Stato di Washington. «Un reduce dalla Guerra del Golfo che si è ritirato a vivere nella foresta e raccoglie pezzi di legno abbandonati sul greto del fiume con cui realizza opere d’arte, esposte addirittura a New York», racconta il fondatore di Fito-Consult, che vanta una grande raccolta di legni particolari e rari donatigli dal suo maestro, Alex Shigo.
Zanzi ha festeggiato sabato scorso i 40 anni della sua azienda, leader non solo a livello nazionale, piantando altrettante camelie nel parco di Ville Ponti, una bella festa con tanta gente e parecchio entusiasmo del fare. Nella sala riunioni di Fito-Consult, tra sculture in legno e stampe di parchi storici, Daniele parla a ruota libera dei guasti della città, dei progetti non realizzati, delle promesse secondo lui non mantenute e della infinita ricchezza verde di Varese, non adeguatamente valorizzata e spesso danneggiata.
«Basti pensare alla Gingko Biloba messa a dimora al posto del piantone. Nessuno si è premurato di annaffiarla, visto il lungo periodo siccitoso. La pianta è sistemata lì senza un criterio o una traccia di quella che è stata la storia del cedro che l’ha preceduta, uno dei simboli della città. Avevo presentato un progetto articolato che prevedeva un’aiuola con la forma del lago di Varese, chiusa da una piccola cancellata con panchine integrate nella recinzione e un pannello che raccontasse la storia del piantone. Il progetto fu prima approvato e poi bocciato, un segno del grande provincialismo di questa amministrazione e degli interessi di parte».
Per Zanzi il verde potrebbe diventare una risorsa e dare lavoro ad artigiani, industrie e settore turistico: «Invece è soltanto visto come un abbellimento estetico del quale poi ci si dimentica. A Varese il verde pubblico è soltanto il 10 per cento, il resto è privato. Ci sono stanziamenti ridicoli, un milione e 645mila euro per tre anni per tutto il verde cittadino, budget ridotto negli ultimi anni del 10 per cento e nemmeno l’1 per cento del bilancio comunale. Così non si va da nessuna parte, e oltretutto si opera in maniera sbagliata, come dimostrano le giovani querce piantate di recente ai Giardini Estensi, destinate a crescere storte perché all’ombra di alberi più grandi. Nei parchi storici si opera con criteri forestali, e questo è assurdo».
Varese, secondo Daniele Zanzi, per la sua vocazione verde, potrebbe diventare la capofila di molte altre realtà italiane: «Mentre invece non si fa niente per la peculiarità del territorio. La mia idea di Nature Urbane era quella di mettere al centro l’ambiente, e non gli spettacoli. Così com’è, la manifestazione potrebbe essere fatta in qualsiasi città italiana. Occorre valorizzare il paesaggio, creare un cuore mitteleuropeo verde che comprenda l’intera area dei laghi fino al vicino Ticino. Questa amministrazione, e mi ci metto anch’io, che forse non sono stato troppo incisivo, ha fallito. Basta vedere il piano stazioni, per il quale si sono stanziati già 18 milioni di euro e dopo sei anni è ancora fermo».
Occorre un cambio radicale di mentalità, anche nel nominare Varese Città Giardino. «È un termine abusato - spiega Zanzi - nato da un concetto filosofico degli inizi del ‘900, quando si ipotizzavano città di 30mila abitanti con verde e assenza di traffico. Varese ha la civiltà delle ville, come sosteneva Luigi Zanzi, è la Città in un Giardino. Anche le abitazioni più modeste ne contavano uno, i varesini non hanno quasi mai usato tutto il terreno per costruire la casa, ma ne lasciavano una parte per il verde. Abbiamo 6 parchi storici pubblici e 19 privati, più 121 parchi privati tutelati dal pgt. Nei primi, grazie alle Legge Bottai del ’39, non è possibile compiere alcun intervento senza il benestare della Soprintendenza, ma per i parchi urbani la manutenzione è fatta con interventi a volte scriteriati. Serve una manutenzione assennata e non demagogia. Ora c’è uno stanziamento di 200 milioni per i parchi storici, al quale il comune di Varese concorrerà con un progetto, ma poi i soldi che arriveranno come saranno spesi?»
Zanzi va a ruota libera anche sui lavori di riqualificazione di Villa Toeplitz: «Sono stati spesi 180mila euro per i giochi d’acqua, e le vasche sono sporche e piene di erbacce, ma mi si dice che serve per la biodiversità, per agevolare la vita dei girini. In un parco storico!».
L’agronomo varesino pone poi l’accento sul fatto che la città non abbia da anni un grande parco creato ex novo: «Avrei voluto piantare dei faggi nell’area ex-Aermacchi, luogo ideale per creare un nuovo grande polmone verde per Varese, ma prevale sempre l’idea del cemento, come nella spianata di via Carcano, dove invece di un parco pubblico sorgerà l’ennesimo supermercato. Poi penso al problema dei quintali di rifiuti verdi prodotti da parchi e giardini, che vengono inceneriti a Pavia. Non ci vorrebbe molto, invece, a creare un centro di compostaggio comunale per produrre ottimo concime vegetale alla portata di tutti. Occorre una nuova progettualità che tenga conto innanzitutto del verde privato, e poi riqualificare i parchi pubblici, invece di moltiplicare le aree-cani al loro interno».
Nonostante tutto, Daniele Zanzi ha ancora voglia di lottare: «Il sogno è quello di fare di Varese la capitale italiana dell’ambiente, ma per fare ciò servirebbe che l’amministrazione radunasse una volta per tutte le persone che hanno a cuore il futuro della città. Il paesaggio è di tutti, e occorre valorizzarlo con sagacia. Invece si tagliano le radici dell’olmo di viale Milano di fronte alla Stazione Fs, si abbattono gli alberi di villa Mylius e poi si multa con cifre folli il privato che fa un taglio improprio, o si posa un obbrobrio come la casetta della Polizia locale in piazza della Repubblica. Di quest’ultima, quando ero vice sindaco, non mi fecero vedere nemmeno il progetto».