È dato passato alle cronache negli ultimi giorni: più della metà delle imprese italiane, nei mesi di marzo e aprile 2020, ha fatto uso della cassa integrazione causa Covid. E questo, già di per sé significativo, è solo uno degli elementi rilevatori della crisi in atto nel mondo economico: ci sono anche i numeri sulla flessione delle commesse, quelli sul crollo dell’export, quelli relativi alla mancanza di liquidità, il contesto di un mercato del lavoro rimasto al palo e così via. Potremmo andare avanti per righe.
Fino ad arrivare alla speranza. Sì, proprio a quella. Alla visione di un futuro che si può schiudere anche in mezzo ai nuvoloni. Alla condivisione, all’amore per il territorio. A una scommessa che guarda a un bene comune invece che al proprio orticello.
A tutto quello, insomma, che viene trasmesso dalla decisione della storica vetreria gaviratese Torsellini di aderire - insieme a Bulgheroni spa e a Nicora Consulting - a Varese nel Cuore, proprio in un momento così complesso. Inevitabile, allora, come prima cosa, domandarsi il perché, con il cuore già pieno di conforto.
Quindi, Mara Torsellini… Perché entrare proprio ora?
Io e mio fratello Roberto ci abbiamo pensato molto. La nostra azienda non è stata immune dai problemi derivanti dall’emergenza sanitaria: anche noi abbiamo avuto la necessità di sfruttare gli aiuti messi in campo dallo Stato. Ma come esiste il nostro, di bisogno, esiste anche quello degli altri, per esempio di un tesoro del territorio come Pallacanestro Varese. E allora perché non condividerlo questo bisogno? Un’impresa non vive di vita propria: è un ingranaggio di un motore virtuoso, è una piccola parte di una realtà più grande. E ciò significa prendere, ma anche dare.
Mi permetta: bellissimo.
Si chiama responsabilità sociale, un dovere che gli imprenditori non dovrebbero mai dimenticare, nemmeno dopo quanto ci è toccato vivere negli ultimi mesi: qualcosa di terribile, ma capace di far germogliare anche l’opportunità di allargare finalmente lo sguardo. C’è poi anche un’altra ragione che ci ha spinto a dire sì al Consorzio…
Quale?
Nel 2020 stiamo festeggiando i 60 anni dalla nascita della nostra azienda. Per noi deve essere un anno simbolico, ma anche di riconoscenza verso ciò che ci circonda.
Che storia è stata finora quella della Torsellini Vetro?
La storia di una famiglia. Siamo nati, grazie ai nostri genitori, nel 1960, come laboratorio artigiano e vetreria. A Gavirate, dove sempre siamo rimasti pur spostandoci dalla bottega sotto casa alla zona industriale. Io e mio fratello “respiriamo” vetro fin da piccoli, fin da quando correvamo con le biciclette tra le caselle porta vetri: di questo materiale abbiamo imparato ad apprezzare forza e delicatezza. Tutto ciò si è tradotto in passione, quella che ogni giorno guida la nostra attività e ci ha permesso di espanderci anche a livello internazionale. Con un elemento che ritengo distintivo: la capacità di realizzare opere - nell’edilizia, nel campo dell’architettura, in quello dell’arredamento e delle finiture di interni - di forte impatto emozionale.
A proposito di passione: lei è appassionata di basket? Segue la Pallacanestro Varese?
L’appassionato di famiglia è sempre stato Roberto, io confesso di aver seguito poco. Finora, però, perché non mancherò di sfruttare l’entrata nel Consorzio per frequentare il palazzetto e assistere a qualche partita. Il mio sì all’idea di aderire a Varese nel Cuore non nasce quindi dal tifo, ma dal riconoscimento del valore sportivo, storico e culturale di Pallacanestro Varese, un bene da sostenere, un bene che non possiamo perdere.
Che aspettative ripone nell’avventura da consorziata?
Mi aspetto di avvicinarmi al mondo sportivo, conoscendo i professionisti della squadra per cercare di cogliere l’essenza della loro determinazione. E poi mi aspetto di avere la possibilità di relazionarmi con gli altri imprenditori, imparando a fare squadra con loro.
Torsellini Vetro compie sessant’anni, Varese nel Cuore dieci: che auguri fa al Consorzio?
Di essere sempre appassionato e di crescere. E alle sue aziende auguro di continuare a coltivare il desiderio di guardare al bene comune, portando avanti il messaggio che ha lasciato nella storia Giovanni Borghi: impresa e sport devono saper marciare insieme, deve sempre esserci una tensione imprenditoriale verso il sociale.