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Territorio | 23 aprile 2025, 10:47

Il 25 Aprile del sindaco di Brenta: «L’indifferenza è il terreno fertile su cui crescono i regimi autoritari»

Riceviamo e pubblichiamo una riflessione di Gianpietro Ballardin in vista dell'80esimo della Festa della Liberazione dal nazifascismo: «La storia ci insegna che i diritti non vengono cancellati da un giorno all’altro, ma poco alla volta, con piccole limitazioni che sembrano accettabili, finché non ci si accorge che è troppo tardi per reagire, che abbiamo superato la linea del tollerabile e non ce ne siamo nemmeno accorti»

Il sindaco di Brenta Gianpietro Ballardin

Il sindaco di Brenta Gianpietro Ballardin

Riceviamo e pubblichiamo la riflessione del sindaco di Brenta Gianpietro Ballardin sul 25 Aprile:

IO PARTIGIANO

“Credo che vivere voglia dire essere partigiani”, diceva nel lontano 1917 Antonio Gramsci, della necessità di fare delle scelte, di schierarsi di non accettare, se non lo condividevi, lo stato di cose presenti quale ideale per cercare di ottenere un necessario cambiamento.

Vivere vuol dire interessarsi a ciò che succede intorno a noi.

“I care”, mi interesso, lo riassumeva Don Milani che quelle due parole le aveva volute scritte sui muri della scuola di Barbiana. L’essere cittadino, l’interessarsi a quanto succede al di là della mia sfera prettamente personale è la premessa necessaria “all’essere partigiano” in quanto questa parola significa proprio parteggiare, schierarsi da una determinata parte. 

Quei giovani, ragazzi e ragazze in quel tempo non avevano ancora compiuto trent’anni. Giovani che con i loro gesti e le loro scelte hanno rifiutato l’indifferenza e hanno voluto essere “partigiani” di un futuro diverso. Avevano scelto di non rimanere indifferenti, di fare una scelta, di interessarsi di partecipare per creare successivamente le condizioni di una democrazia.

La mia generazione ha avuto la fortuna in Europa di non vivere la guerra, ma siamo in un’epoca che molti definiscono di "pace ambigua". Se un tempo l’Europa poteva considerarsi al riparo da conflitti, oggi la situazione è ben diversa: la guerra in Ucraina e quella a Gaza, con i loro morti innocenti che spesso facciamo finta di non vedere, ci coinvolgono direttamente, mentre assistiamo ad un riarmo su scala continentale. In questo scenario, molti paesi stanno prendendo una deriva preoccupante, in alcune realtà stiamo assistendo ad un progressivo smantellamento dei diritti, ad una normalizzazione della prepotenza e ad una crescente indifferenza di fronte alle ingiustizie.

L’indifferenza è il terreno fertile su cui crescono i regimi autoritari. La storia ci insegna che i diritti non vengono cancellati da un giorno all’altro, ma poco alla volta, con piccole limitazioni che sembrano accettabili, finché non ci si accorge che è troppo tardi per reagire, che abbiamo superato la linea del tollerabile e non ce ne siamo nemmeno accorti.

Al momento i rischi che noi corriamo non sono neppure un pallido riflesso di chi in quella difficile epoca imbracciava un fucile e saliva in montagna, ed è proprio in questo momento, dove la democrazia ci dà un ampio margine di partecipazione e di libertà che ce ne dovremmo occupare, perché un domani potrebbe essere infinitamente più difficile, e senza le tutele oggi offerte dalla nostra Costituzione liberale più pericoloso, perché come diceva Maria Cervi (figlia di Antenore Cervi, uno dei sette eroi della Resistenza fucilati a Reggio dai fascisti, “nessuna conquista è per sempre. C’è sempre qualcuno che è interessato a toglierla”. 

Le mafie, la corruzione, l’evasione fiscale, le disuguaglianze, l’incapacità a tutelare i diritti dei più deboli, quale quello di una sanità capace di rispondere ai bisogni dei cittadini o di un percorso di istruzione pubblica dove il merito è la capacità sono considerati quali valori superiori al possesso del denaro, sono strumenti che tendono a concentrare il potere nelle mani di lobby senza scrupoli, in cui politica elitaria non ha nulla da spartire con lo spirito, i valori e le idealità della resistenza. 

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nei suoi importanti interventi ci ha spesso ricordato come una lunga scia di sangue abbia accompagnato il cammino dell’Italia verso la Liberazione. Il sangue di martiri che hanno pagato con la loro vita le conseguenze terribili di una guerra ingiusta e sciagurata. “Generazioni di giovani italiani, educati, fin da bambini, al culto infausto della guerra e dell’obbedienza cieca e assoluta, erano stati mandati, in nome di una pretesa superiorità nazionale, ad aggredire con le armi nazioni vicine: le «patrie degli altri»”.

Molti italiani non si piegarono al disonore. Scelsero la via del riscatto. Un riscatto morale, prima ancora che politico, che recuperava i valori occultati e calpestati. La libertà, al posto dell’imposizione. La fraternità, al posto dell’odio. La democrazia, al posto della sopraffazione. L’umanità, al posto della brutalità. La giustizia, al posto dell’arbitrio. La speranza, al posto della paura.

Nasceva da quei giovani, quelle donne e quegli uomini la Resistenza, un movimento che, nella sua pluralità di persone, motivazioni, provenienze e spinte ideali, trovò la sua unità nella necessità di instaurare una convivenza nuova, fondata sul diritto e sulla pace.

Oggi la Resistenza ha, a mio avviso, ancora un valore e deve essere utilizzata contro le scelte facili che ci mette davanti la vita, per combattere le tentazioni che ogni giorno dobbiamo affrontare, per una libertà di pensiero capace di non calpestare i diritti altrui, una capacità di resistenza contro le azioni che opprimono i più deboli a favore dei più forti, quando spesso si manifesta con il fenomeno del bullismo o nell’incapacità dei genitori ad assumersi le responsabilità nei confronti delle azioni commesse dai  propri figli. 

Nel cambiamento d’epoca che ci è dato di vivere si avverte oggi tutta la difficoltà nel funzionamento delle democrazie, spesso indotto da ricette facili e autoritaristiche e che tendono a concentrare il potere nelle mani di pochi.

Il nostro compito, come educatori di questa società, che ha alle spalle un vissuto di pace e prosperità, è quello di difendere le libertà contro gli oppressori che sono più o meno evidenti, di riconoscerli e di imparare ad utilizzare solidi strumenti per smascherarli e per non farci togliere quelle libertà che grazie al sacrificio di quei martini della resistenza ci siamo conquistati.

Il Sindaco di Brenta

Gianpietro Ballardin


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