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Hockey | 06 settembre 2024, 11:23

Edo Raimondi, the mentalist: «L'ubriacatura del double è passata, viviamo l'entusiasmo di un nuovo inizio. Le lacrime dei compagni a Pergine mi hanno convinto a continuare. Insieme a una domanda...»

Uno dei top gun gialloneri ci parla della nuova stagione dei Mastini (attesi domani in piazza Monte Grappa e dall'amichevole con il Como) come solo lui sa fare, andando all'essenza delle cose: «Mai viste 400 persone al primo allenamento: quando senti tanto amore intorno a te poi è difficile accettare di perderlo. Il neo coach Glavic è autoritario in maniera autorevole, non ha bisogno di alzare la voce per farsi seguire. Io ho ancora qualcosa da dare e so di poterlo fare solo adesso nella vita. Abbiamo nel dna il giocare per vincere: proveremo a competere fino all’ultimo. E a portare a casa qualcosa»

Edoardo Raimondi, 37 anni, incarna lo spirito dei Mastini (foto Alessandro Umberto Galbiati)

Edoardo Raimondi, 37 anni, incarna lo spirito dei Mastini (foto Alessandro Umberto Galbiati)

Un nuovo inizio, una nuova speranza. Il titolo della stagione, come un episodio della saga di Star Wars, che ben s'adatta alla storia dei Mastini, non poteva che arrivare da Edoardo Raimondi, the mentalist giallonero. L'abbiamo visto in lacrime, l'abbiamo visto furioso, l'abbiamo visto feroce ma, stavolta, è semplicemente sereno. A 37 anni Edo è animato da quella voglia di mettersi in gioco di chi ha ancora tanto da scoprire, dalla capacità di vivere ogni giorno come un nuovo giorno e da quell'amore intorno a sé dato dai tifosi - «quando ne senti così tanto poi è difficile accettare di perderlo» - che insieme a due motivi altrettanto decisivi lo hanno convito ad andare avanti: «Le lacrime dei compagni a Pergine nel momento in cui ho dovuto congedarmi dallo spogliatoio pensando di non rientrarci più. Per me loro sono dei fratelli e queste lacrime mi hanno segnato tanto. E poi la mia compagna, che un giorno dal nulla mi ha chiesto se fossi davvero sicuro di smettere, lei che ci guadagnerebbe solo dal mio ritiro».

Che aria si respira in questa ripresa?

Diversa rispetto all’inizio dell’anno scorso, quando - è innegabile - siamo tornati tutti ubriachi da quella che era stata la stagione del double. Stavolta siamo tornati con la consapevolezza che una stagione va costruita e non si basa sui successi passati. Abbiamo un allenatore nuovo che ha cercato un imprinting più professionale. E abbiamo la consapevolezza che ci sono tante altre squadre che hanno rinforzato la rosa e che, quindi, probabilmente non siamo i favoriti numero 1, pur essendo nel gruppo delle prime. Tutto questo ci ha imposto di affrontare la stagione che sta iniziando con più umiltà rispetto a 365 giorni fa: questa è la grande differenza che ho notato. 

Due parole sui nuovi arrivi, a cominciare dagli stranieri Makinen e Kuronen.

Sono tutti ragazzi che hanno portato fin dal primo giorno un’ottima attitudine e un’ottima predisposizione al lavoro e allo stare in gruppo, con umiltà e disciplina. Gli stranieri sono finlandesi e la cultura finlandese è differente rispetto a quella a cui siamo abituati: all’apparenza hanno un carattere più introverso, ma allo stesso tempo sono ragazzi veramente molto simpatici e disponibili che lavorano forte e duro, mettendo la squadra davanti a tutto. Porteranno tanto, sia dal punto di vista tecnico che umano. Gli italiani dovranno invece rendersi conto di dover portare anch’essi un impatto all’interno della lega in un club dove le responsabilità e la pressione sono maggiori rispetto ad altre realtà. 

Il nuovo allenatore…

Gaber viene da un contesto più professionale rispetto al nostro. Si è messo in gioco e si è calato bene nella parte, e sta già cercando di alzare l’asticella del nostro livello. Il gruppo lo ha recepito. È autoritario ma lo sa essere in maniera autorevole, lo si rispetta molto non per timore ma perché è un grande comunicatore e ha un approccio tale per cui il giocatore viene portato a volere davvero seguire le sue indicazioni e quello che propone. Porta un messaggio molto chiaro, non ha bisogno di alzare la voce o essere aggressivo per farsi seguire e rispettare. È molto coinvolgente e sul ghiaccio molto reattivo, mette grande energia, da coach moderno che sa approcciarsi alle nuove generazioni. Si vede che ha lavorato tanto con i giovani, è flessibile e intelligente. Sta prendendo ancora le misure ma siamo sulla strada giusta.

Insomma, c’è entusiasmo…

Sì, anche se è normale che sia così in un nuovo inizio. Le cose andranno valutate meglio nei momenti di difficoltà durante la stagione, ora forse è prematuro.

E tu come ti stai approcciando a questa stagione?

Se non avessi dentro ancora della competitività, non avrei deciso di continuare. Ero sicuro di smettere alla fine dell’anno scorso, lo confermo, poi ci sono stati due eventi che mi hanno fatto cambiare idea. Il primo è l’aver visto i miei compagni in lacrime, a Pergine, dopo la sconfitta in finale, nel momento in cui ho dovuto congedarmi dallo spogliatoio: per me loro sono dei fratelli e queste lacrime mi hanno segnato tanto. Il secondo è stata la mia compagna, che un giorno dal nulla mi ha chiesto se fossi davvero sicuro di smettere, lei che ci guadagnerebbe solo dal mio ritiro, perché avremmo più tempo da passare insieme. La sua domanda mi ha fatto mettere in dubbio la scelta precedentemente presa. Poi mi sono reso conto di essere ancora a posto fisicamente, di avere ancora qualcosa da dare e di poterlo fare solo adesso nella vita, non fra cinque o dieci anni. Ho messo insieme il tutto e ora sono qui: cercherò di guadagnarmi la fiducia dell’allenatore e dei miei compagni di squadra.

Il campionato come lo vedi?

Bella domanda. Sono sempre dei campionati strani quelli di IHL. Si giocherà tanto in infrasettimanale, penso quindi che la profondità e la qualità del roster faranno la differenza. E poi conterà come arriveranno le squadre nei momenti cruciali della stagione, ovvero le F4 di Coppa Italia (alle quali noi, per esempio, lo scorso anno siamo arrivati nel momento peggiore dell’annata) e i playoff. E poi conterà la capacità di curare i dettagli e di essere squadra. Il campionato sarà probabilmente spaccato in due livelli, al momento è difficile capire chi starà sopra e chi starà sotto. Prevedo comunque le altoatesine sempre competitive, poi l’Aosta per l’imponente campagna acquisti.

E il pubblico?

È la prima volta che vedo 400 persone al primo allenamento: ogni anno c’è sempre più entusiasmo. Nonostante giocheremo ancora in IHL, i tifosi sono ancora vicini, vivi, curiosi di capire come potrà essere: questa è una bella sensazione. Anche personalmente i loro attestati di stima hanno fatto la differenza: quando senti tanto amore intorno a te poi è difficile accettare di perderlo. Il nostro pubblico fa la differenza.

Ci racconti un po' il tuo ruolo al Lugano?

Sono responsabile dello sviluppo sportivo della scuola hockey fino all’under 13, ma il mio blocco sarà proprio l’under 13, che poi sono tre squadre con 60 bambini. È una passione, ma sta diventando sempre più un lavoro, che richiede molto dal punto di vista fisico e non si esaurisce solo con gli allenamenti sul campo: nella gestione di 500 ragazzi c’è tutta la parte amministrativa, gestionale e burocratica che è molto complessa. Nell’ambiente comunque si respira un’aria fresca e positiva, con la sensazione che non ci sia l’urgenza di arrivare subito a un successo ma che lo stesso sia un processo che nasce dal basso: lo dimostra il fatto di aver messo come capo allenatore della prima squadra Luca Gianinazzi, che è cresciuto nel club e ha portato un imprinting bianconero. Ogni anno vedo progressi e voglia di crescere: anche quest’anno ce ne aspettiamo uno, che potrebbe essere il passaggio del primo turno di playoff.

E l’obiettivo dei Mastini?

Cercare di competere fino all’ultimo. E portare a casa qualcosa. Io e tutti i miei compagni abbiamo nel dna il giocare per vincere, altrimenti non saremmo qui. Quindi l’obiettivo minimo è arrivare tra le prime quattro in Coppa Italia e tra le prime quattro in campionato.

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GLI APPUNTAMENTI DEL SABATO GIALLONERO

Prima alle 11.45 è in programma l'abbraccio con i tifosi in piazza Monte Grappa, nel cuore di Varese, con la tradizionale foto di inizio stagione e la firma degli autografi, poi il sabato giallonero proseguirà alle 19 all'Acinque Ice Arena per l'amichevole con il Como guidato ancora una volta da Massimo Da Rin (ingresso a 10 euro, under 10 gratis). 

 

Andrea Confalonieri


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