/ Gallarate

| 15 giugno 2024, 12:30

La libraia, il musicista e il faro: Francesca Boragno e Max De Aloe ricordano Paolo Carù

Il titolare dell’omonimo negozio ha portato Gallarate negli orizzonti di appassionati e professionisti della musica. Francesca Boragno: «Era autorevole, aveva una cultura professionale rara». De Aloe: «Grazie a lui ho scoperto artisti che non sapevo esistessero»

Paolo Carù nella trincea del suo negozio, in piazza Garibaldi

Paolo Carù nella trincea del suo negozio, in piazza Garibaldi

Se dicevi “Gallarate” a un attore, un regista o a un appassionato di teatro, a Torino, Milano o Roma, era facile che l’interlocutore aggiungesse, istintivamente e per associazione: «Don Alberto». Sottoponendo allo stesso esperimento un musicista, un ascoltatore incallito, un collezionista di vinili, ecco la reazione più probabile: «Carù». Difficile distinguere, nella percezione del cliente, tra il negozio e la persona di Paolo Carù - scomparso ieri a 77 anni - perché l’attività commerciale ha finito con l’identificarsi con la figura del titolare (e con quella della moglie, Anna). Ancora oggi, uscendo di casa per fare acquisti lì, in piazza Garibaldi, non si dice “esco per prendere un libro” o “vado a comprare un disco”. Si dice “vado da Carù”.

Negozio sopravvissuto all’epoca dei megastore (quanti ne sono rimasti?), delle ordinazioni on line e del consumo “liquido”, punto di riferimento in cui reperire titoli e artisti altrove assenti o addirittura sconosciuti. Porto sicuro in cui trovare passione, competenza, consigli. Da guadagnarsi, questi ultimi, perché difficilmente, da Carù, l’accoglienza era di quelle spumeggianti. Questione di ambiente, vista l’essenzialità del negozio. Questione di carattere personale. E di concentrazione.

Paolo Carù non era un venditore di quelli col sorriso facile, buono per tutti e per tutte le stagioni, uno che punta a battere il maggior numero di scontrini nel minor tempo possibile. Non si fonda e porta avanti una rivista come Buscadero né si finisce tra le colonne del Guardian, tra i migliori negozi di dischi al mondo, lavorando frettolosamente e con superficialità. Paolo Carù ascoltava, attento. Ascoltava musica, certo, ma anche i clienti.

«Era autorevole al punto che qualcuno poteva sentirsi in soggezione. Ma, un passo alla volta, Paolo capiva chi aveva di fronte e come servirlo al meglio. Arrivava a conoscere i gusti musicali delle persone, facendo quasi da guida. A me è capitato di non avere nemmeno bisogno di chiedere, arrivavo e lui mi consigliava ascolti che pensava mi sarebbero piaciuti. E ci prendeva. Una cultura professionale rara». Parola della libraia Francesca Boragno, nome inevitabilmente legato all’omonima e storica attività di Busto. «A Paolo e Anna – ricorda - mi ha legato una lunga amicizia, oltre che la collaborazione per diverse edizioni di Duemilalibri. Tante esperienze meravigliose, tra conferenze e incontri con gli autori. Poi c’è tutta la questione musicale. Sono stata cliente di Carù e, avendo sposato Gianni Buzzi…». Buzzi, altro nome di culto, a Busto, ramo dischi e impianti hi-fi. «C’era una sorta di legame, di filo conduttore. Gianni e Paolo avevano sentito e compreso il profumo di certa musica, in gran parte proveniente dagli Stati Uniti. Ognuno nel suo ambito, lavorando in città vicine, hanno educato all’ascolto, con una competenza e una professionalità di cui hanno beneficiato in tanti. L’ho scritto e lo ripeto: se ne è andato un faro».

Luminoso anche nelle parole di Max De Aloe, compositore e polistrumentista, armonicista jazz di livello internazionale, fondatore, a Gallarate, del Centro Espressione Musicale: «Paolo Carù è andato mille volte al di là dell’essere un commerciante così come comunemente inteso. Parliamo di un esempio di passione e professionalità. Ma anche volendo limitare il ricordo alla sua attività… be’, il suo negozio... qualcosa di unico». Lo è oggi ma il ruolo di “faro” si comprende appieno ripensando a un mondo che sembra lontano anni luce, quello in cui conoscere l’esistenza di certi dischi non significava necessariamente riuscire ad ascoltarli: bisognava che qualcuno li “facesse arrivare”. Un mondo senza internet e senza Amazon, condizionato dalle scelte delle Tv e delle radio, in cui gusti e curiosità rischiavano di andare incontro a frustrazioni. «Grazie a Carù – ricorda De Aloe – ho scoperto artisti che non sapevo esistessero. Mi ha fatto conoscere lui, per esempio, Hendrik Meurkens, un grandissimo con cui, poi, ho suonato in Cina. Il sentiero era battuto di frequente anche in senso inverso, nella direzione che partiva dai musicisti e arrivava a Carù. Era davvero conosciuto, mi è capitato spesso di sentirlo nominare, andando a suonare per mezzo mondo, soprattutto in Europa. Ecco, è bello che Gallarate sia nota anche per questo negozio. È triste, invece, pensare che se ne sia andata un’altra colonna. Difficile che persone così vengano rimpiazzate».

Stefano Tosi

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