Varese | 25 maggio 2024, 17:50

Quei semi di mais spazzati via dall'acqua a Capolago sono il sogno di Federico e di chi ama la nostra terra. Non fatelo morire

Federico Tres ha 28 anni, fa l'agricoltore a Capolago grazie alla passione ereditata da papà Dario e ha visto perdere un investimento di molte migliaia di euro, ma non vuole scendere da quel trattore dove ha iniziato a salire da piccolo tornando da scuola. L'esondazione del torrente Roggia Nuova dove l'argine è stato abbassato, il colloquio con il sindaco Galimberti e il nostro appello a istituzioni e associazioni: sosteniamo questo ragazzo e quelli come lui, simbolo di chi crede nell'agricoltura anche in provincia di Varese al prezzo di enormi sacrifici

Federico Tres, 28 anni, agricoltore di Capolago e i terreni allagati dove aveva seminato il mais dopo l'esondazione del torrente Roggia Nuova

Federico Tres, 28 anni, agricoltore di Capolago e i terreni allagati dove aveva seminato il mais dopo l'esondazione del torrente Roggia Nuova

«Tornavo da scuola e mi mettevo a lavorare in questi campi con papà». Quando indica "questi" campi di Capolago dove aveva seminato migliaia di euro di semi di mais spazzati via dall'acqua, fuoriuscita dal torrente Roggia Nuova nel punto in cui un argine è stato abbassato, nella voce e nella determinazione di Federico Tres ci sono una passione e una vocazione che non finiranno certamente qui, di fronte a un fiume che diventa fango e che soffoca la vita di quelle piccole piante che, una volta divenute pannocchie, sarebbero state pronte per alcune aziende agricole della nostra provincia con cui era già stato concordato tutto.

Federico ha 28 anni ed ha ereditato il destino da agricoltore da papà Dario, guida il trattore sicuro conoscendo perfettamente ogni singolo centimetro di quelle campagne a Capolago dove aveva sognato, e sogna, di coltivare la terra in una provincia e in una regione dove non possiamo permetterci di non sostenere chi davvero investe nella terra la sua vita e il suo futuro, soprattutto di fronte a eventi come l'ultimo.

I fatti e il buonsenso dicono che se un torrente invade un campo coltivato dal punto in cui un argine è stato abbassato o quasi tolto per evitare magari anche giustamente danni nella zona più vicina all'abitato di Capolago e ad altre attività più distanti, dove invece gli argini sono stati alzati, non si possa né si debba accettare come "danno collaterale" o minore quello provocato a chi ha investito risorse economiche e umane proprio in quel terreno. Ovunque esca un torrente, se esce, è un danno di serie A e non di serie B: quindi ci aspettiamo che dove c'è un danno, ci sia un aiuto. Il nostro appello è rivolto a tutti - Comune, Regione, associazioni di categoria o singoli privati che hanno a cuore l'esempio di giovani che credono nell'agricoltura della nostra zona, al di là delle regole e di chi è preposto ufficialmente o meno a intervenire e risarcire - perché trovino il modo di compiere un gesto nei confronti di Pietro e di tutti coloro che vedono nella sua storia un pezzetto del loro sogno e del loro-nostro futuro. Quel mais spazzato via dalla furia degli elementi e dalla piena oltre un argine che non c'era dovrà rinascere perché è il simbolo di chi crede in un seme che diventa futuro.

«Mio papà Dario è in pensione da tre anni e io porto avanti l'azienda, che lui ha dall'86, con l'aiuto di mia sorella Alice» ci racconta Federico, mentre ci conduce sul trattore in mezzo ai suoi campi di Capolago, una sessantina di ettari attorno all'azienda, tra boschi e prati di fronte al Bosto, campi dove proprio papà - tornato a casa dopo aver superato qualche problemino di salute - è andato a dare una mano al figlio, fresando la terra, nella settimana della semina di 13 ettari di terreno, avvenuta poco dopo inizio maggio.

«Prima avevamo anche vacche da latte, mentre negli ultimi anni viviamo dei prodotti che coltiviamo sui campi - spiega Federico - l'anno scorso abbiamo fatto tanto fieno, ma il prezzo di vendita e quindi i ricavi sono scesi drasticamente visto che ce n'è in abbondanza, quindi ho deciso di puntare sul mais per diversificare la produzione. L'idea era buona, prima che accadesse quello che è successo...».

Nella notte tra martedì e mercoledì della scorsa settimana il torrente Roggia Nuova - che parte da viale Europa - esonda proprio come tre anni fa, anche perché la portata è aumentata parecchio nelle ultime stagioni a causa dell'apertura di nuovi insediamenti commerciali, in zona via Gasparotto e non solo. «Papà mi raccontava che ai tempi poteva capitare che fuoriuscisse una volta ogni dieci o vent'anni, pur in periodi in cui la primavera varesina era molto piovosa» aggiunge Federico. Insomma, la mano dell'uomo non è indifferente a ciò che è accaduto.

Il varco principale da cui l'acqua fuoriesce si trova nel punto dove l'argine è stato ridotto: da lì, non solo allaga i campi già seminati, oltre a tutti i prati circostanti, riempiendoli di tronchi, sassi e altri scarti del torrente (e qui si aprirebbe il capitolo della pulizia dei corsi d'acqua e delle risorse necessarie che servirebbero per fare manutenzione: perché i Comuni non vengono sostenuti in queste opere fondamentali per cui non hanno fondi?), ma erode anche la terra - in alcuni punti mancano 15 centimetri di terreno - rendendo quasi impossibile la possibilità di una nuova semina, tra l'altro fattibile solo dopo un periodo di sole che possa asciugare il suolo. E se poi la Roggia fuoriuscisse nuovamente?

Federico è andato a parlare con il sindaco Galimberti, spiegandogli la situazione: «Mi è stato detto che la zona di Capolago è sensibile in caso di piogge di questa portata e sarebbe consigliabile che lì i campi non fossero adibiti a coltivazioni - ci dice - Con il sindaco ci siamo lasciati cortesemente e mi è stato detto che il geologo arriverà a valutare la situazione per vedere cosa si può fare». Federico, in attesa di questo intervento, mette l'accento sul fatto che «non può essere considerata normale o scontata l'uscita di un fiume, ovunque accada e che, qui, l'azienda agricola c'è da tantissimi anni. Gli argini sono stati abbassati proprio da quella curva, non lontano dalla trattoria Del Ponte, da cui l'acqua ha invaso i campi coltivati. Come facciamo perché non accada mai più?».

Rimborsi? L'unica speranza è la Regione, ma servirebbe prima la dichiarazione dello stato di calamità, come è stato spiegato dal sindaco a Federico, un'operazione difficile se non impossibile visto che i danni, pur con le conseguenze che abbiamo visto, sono circoscritti a Capolago e in poche altre zone. 

Perché il seme dell'amore e del lavoro di Federico, e di quelli come lui, non muoia, chiunque - istituzioni, associazioni di categoria e non solo - può fare qualcosa. «In alcuni punti qualche piantina ha avuto la forza di uscire dalla palta da cui era stata coperta. Le temperature e il clima qui sarebbero l'ideale» conclude lui che, alla fine, fa vincere la speranza che dopo le nuvole torni sempre il sole. Basterebbe leggere queste righe e chiederci il suo numero...

Nel video quel che resta dei campi di mais a Capolago

Andrea Confalonieri

Leggi tutte le notizie di LA FAMIGLIA BOSINA RACCONTA ›

La Famiglia Bosina racconta

Un viaggio nella tradizioni, nella storia e nel dialetto varesino in compagnia di una "Famiglia" speciale, quella Bosina che da anni è custode della varesinità più autentica. Dal Carnevale Bosino al Calandari, dai concorsi di poesia dialettale ai riconoscimenti ai cittadini benemeriti, la Famiglia Bosina tiene vivo il legame di Varese con le sue radici. In questo spazio troverete ogni settimana un angolo dedicato alla tradizione con aneddoti, storie e testimonianze che profumano di appartenenza.

Prima Pagina|Archivio|Redazione|Invia un Comunicato Stampa|Pubblicità|Scrivi al Direttore