Sport | 30 aprile 2024, 10:30

Su Radio Village i segreti dello scudetto interista raccontati da Gianluca Rossi e l'umanità di Jean Alesi: «Ero pilota ma soprattutto tifoso della Ferrari»

«Per la prima volta potrebbe anche non esserci una grande cessione da parte del "presidente" Marotta. Per Prisco vincere in faccia al Milan sarebbe stato il nirvana assoluto»: riascoltiamo emozioni, aneddoti e anticipazioni sul futuro nerazzurro dopo la seconda stella nelle parole del giornalista Gianluca Rossi alla trasmissione di Radio Village Network "Sport in rete" condotta da Max Airoldi. Che ha dialogato anche con l'ex pilota francese: «Il più simpatico? Nelson Piquet, la gioia di vivere per eccellenza. Oggi è difficile battere il computer, noi mettevamo feeling e vivevamo la macchina con il corpo»

Gianluca Rossi, a destra con il suo maestro Peppino Prisco, e Jean Alesi ospiti ieri sera della puntata "Sport in rete" di Max Airoldi su Radio Village Network

Gianluca Rossi, a destra con il suo maestro Peppino Prisco, e Jean Alesi ospiti ieri sera della puntata "Sport in rete" di Max Airoldi su Radio Village Network

«Tutti dicono "Forza Inter" ma io, dopo aver preparato la mia tesi di laurea allo studio Prisco, ho sdoganato "Viva l'Inter" perché "Lui", il maestro Peppino, aveva questo modo unico di incitare i nerazzurri» ha detto Gianluca Rossi, volto, voce e anima nerazzurra, a Max Airoldi a "Sport in rete" in una puntata eccezionale dell'appuntamento del lunedì sera con la trasmissione di Radio Village Network (potete riascoltarla cliccando QUI), a cui ha partecipato regalando emozioni e aneddoti straordinari anche l'ex pilota Jean Alesi.

Rossi parla anche di chi non ha potuto vivere la seconda Stella, da Brehme a Facchetti e allo stesso Prisco («Per l'avvocato vincerla in faccia al Milan sarebbe stato il nirvana assoluto»). «Nell'88/89 ero appena arrivato a Telelombardia - ricorda Rossi - e in piazza Duomo non avrebbe potuto cadere uno spillo, il Triplete l'ho vissuto a Madrid ma questa festa per numero di presenze è superiore a tutte le altre. Ho 58 anni ed è l'ottava volta dall'88/89 in cui festeggio. L'ironia sul 19° titolo? La bibbia dice che il primo scudetto vinto a tavolino è quello del 1906 del Milan».

C'è anche una rivelazione: «Sono sempre stato uno strenuo difensore di Inzaghi. Non ricordo in 40 anni una crescita mostruosa di un allenatore come la sua. Domenica salendo sul pullman gli ho detto "ma ti rendi conto che hai scritto la storia?", e lui mi ha risposto: "Noi abbiamo scritto la storia", mettendo davanti a tutti e tutto, come sempre, quel "noi" che batte l'"io". Se fossi in lui, però, ora andrei in sala stampa a dire, come fece in una sola occasione quando qualcuno chiedeva il cambio: "Io sono quello che fa risparmiare i soldi e vincere i trofei"». 

«Se i tifosi fanno comunque quello che vogliono - aggiunge Rossi - speravo fino all'ultimo che rimanesse la nostra festa e non la celebrazione del fallimento altrui: Dumfries con lo striscione di Theo Hernandez al guinzaglio non mi è piaciuto, così come non mi è piaciuto chi ha dipinto una mucca di nerazzurro. E non mi sono piaciuti neppure la musica a tutto volume a San Siro per coprire i festeggiamenti e i mancati complimenti negli spogliatoi da parte di un qualunque esponente del Milan verso Marotta, il vero presidente dell'Inter, e Ausilio: hanno perso male... Ricordo i complimenti di Berlusconi dopo il triplete. Altra pasta d'uomo».

C'è spazio anche per qualche indiscrezione, in puro stile Rossi: «Nelle ultime settimane chi frequenta Marotta e Ausilio non può non aver notato che la comunicazione è cambiata. Per la prima volta potrebbe anche non esserci una grande cessione». «Zhang? Resterà presidente fino al 2027: gli arabi esistono solo nella testa di chi ne parla» aggiunge Rossi che sul suo canale YouTube gianlucarossitv propone un'intervista esclusiva con Bergomi oltre alla sfilata scudetto minuto per minuto. «Momento chiave? La vittoria a Roma dopo essere stati sotto 2-1 e, subito dopo, la Juventus sconfitta in casa con l'Udinese con gol di Lautaro Giannetti. Quando è tutto scritto...» conclude Rossi.

Sono intervenuti alla trasmissione anche Gabriele Boselli, uno dei responsabili dell'Inter Club Luino, tra i più grandi in provincia con 320 iscritti e, soprattutto, Jean Alesi, ex pilota Ferrari, dopo Riccardo Patrese super ospite di settimana scorsa: «Sono nato in Francia ma sono cresciuto in Sicilia - ricorda Jean - Mio papà aveva una carrozzeria, è venuto in Francia nel '60 dove ha conosciuto mia mamma. Perché ho fatto il pilota? Io e mio fratello siamo nati in un garage...».

Alla domanda di Airoldi sulla sua guida tecnica e al tempo stesso istintiva, Jean risponde in modo come sempre diretto: «Guidavo d'istinto ma cercavo anche di sfruttare l'auto in base al regolamento dell'epoca, con le gomme da qualifica e quelle in gara, molto diverse da quelle di oggi, in cui bisogna correre sempre nella finestra giusta».

Eri l'unico pilota che inclinava la testa quando affrontava la curva: istinto o aiuto in più? «Era un modo di sentire la macchina con il corpo per viverne il movimento ed essere sempre al limite. Oggi sarebbe impossibile guidare così ed è un peccato per i piloti perché non possono esprimere se stessi né la loro tecnica ma devono seguire una tabella di gara. Nel 2024 è difficile battere la strategia e il computer con tutti quei numeri che ci mettono dentro il venerdì e il sabato. Una volta si era molto più legati alla sensazione e al feeling del pilota, anche per capire il momento dei pit stop».

Chi era il più simpatico del circus quando non si conosceva bene come oggi il lato umano dei piloti? «Nelson Piquet, la gioia di vivere per eccellenza. Mansell? No, lui era l'inglese perfetto».

Quando Airoldi chiede ad Alesi perché è più amato rispetto a chi ha vinto tantissimo come Schumacher ed Hamilton, Jean sorprende e dimostra, ancora una volta, di che pasta è fatto: «Più che commentare questa considerazione, preferisco ringraziare. Ho sempre avuto grande sensibilità con i tifosi in un'epoca dove la macchina era molto fragile, ma l'impegno che io ci mettevo era lo stesso impegno della tifoseria ferrarista. Ero un pilota della Ferrari ma anche un tifoso della Ferrari, e questo si è percepito. Qualcuno dice che avrei meritato di più come risultati e punti? No, ho avuto una vita straordinaria perché ho avuto la fortuna di essere pilota di Formula 1, guidare la Ferrari per cinque anni, a volte anche molto pericolosi, e di poter essere qui a parlarne. Ho dato il massimo e questo non è passato inosservato: questa per me è la vittoria più grande». 

CLICCA QUI per risentire l'intera puntata

A.C.

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Un viaggio nella tradizioni, nella storia e nel dialetto varesino in compagnia di una "Famiglia" speciale, quella Bosina che da anni è custode della varesinità più autentica. Dal Carnevale Bosino al Calandari, dai concorsi di poesia dialettale ai riconoscimenti ai cittadini benemeriti, la Famiglia Bosina tiene vivo il legame di Varese con le sue radici. In questo spazio troverete ogni settimana un angolo dedicato alla tradizione con aneddoti, storie e testimonianze che profumano di appartenenza.

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