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Varese | 29 febbraio 2024, 07:30

FOTO. Borducan vuol dire Sacro Monte, una leggenda varesina compie cent'anni: «Ecco come è nato il celebre Elixir»

Storia, sapori e alchimia si fondono in questo locale simbolo che quest'anno festeggia un secolo di nuova vita. Nella sua straordinaria terrazza gustare un bicchierino dell’antico liquore è un privilegio che la nostra terra ci offre, facendoci dimenticare il tempo e lo spazio

Qui sopra in senso orario Armando Bianchi, proprietario del ristorante albergo “Al Borducan”, sovrastato da cappellaccio e gran barba del bisnonno creatore del liquore, Davide Bregonzio, classe 1843, poi il gestore Riccardo Santinon insieme a Sophia, Martina e Alessia, quindi un'antica etichetta delle bottiglie di elixir, Bruno Bregonzio con le bottiglie di Borducan e una vecchia fotografia del ristorante albergo

Qui sopra in senso orario Armando Bianchi, proprietario del ristorante albergo “Al Borducan”, sovrastato da cappellaccio e gran barba del bisnonno creatore del liquore, Davide Bregonzio, classe 1843, poi il gestore Riccardo Santinon insieme a Sophia, Martina e Alessia, quindi un'antica etichetta delle bottiglie di elixir, Bruno Bregonzio con le bottiglie di Borducan e una vecchia fotografia del ristorante albergo

Una data, 1924, e una scritta incisa nella pietra: “F. PICCOLI, CAPOM.”, tutto maiuscolo e sottolineato. Incomincia da qui la nuova storia di “Al Borducan”, una leggenda per molti varesini, un luogo di piacere e di chiacchiera al termine di una salitella in via Beata Caterina Moriggi 43, alla Madonna del Monte, come la chiamavano gli anziani.

Il capomastro Francesco Piccoli terminò i lavori esattamente un secolo fa, secondo gli intendimenti di una donna coraggiosa e volitiva, Anita Angiolini, sposata a Mario Bregonzio, figlio di Davide, colui che nel 1872 brevettò l’“Elixir al Borducan”, secondo una ricetta tuttora segreta.

Mario morì a 30 anni, schiantandosi con la slitta contro un muro, mentre scendeva il Viale delle Cappelle per andare a rifornirsi di generi di prima necessità, lasciando Anita e due figli in giovane età, Bruno e Anna, che avrebbero continuato l’attività di famiglia, regalando ai clienti quell’atmosfera d’antan che sposata al panorama goduto dal terrazzo rendeva il locale unico e perfetto per gli appuntamenti galanti e, in tempi più recenti, per le bigiate da scuola.

In quella che un tempo era la camera da letto di Bruno Bregonzio, immortalato da Franco Pontiggia in una fotografia che lo ritrae con le bottiglie di Elixir in mano, oggi c’è la sala da pranzo del ristorante, e sopra il camino spiccano il cappellaccio e la gran barba del creatore del liquore, quel Davide Bregonzio, classe 1843, che partì a 16 anni per raggiungere Garibaldi in Campania, prima di finire in Algeria, inseguendo la sua passione per l’erboristeria.

«Il mio bisnonno era un tipo quantomeno bizzarro, una sorta di alchimista, che con un amico farmacista raccoglieva le erbe del Campo dei Fiori per farne liquori e anche preparati galenici, come testimonia il suo taccuino, dove sono presenti ricette di ogni tipo, dall’ottenimento dell’assenzio a freddo, all’elixir di lunga vita, fino all’acqua di colonia e a una incredibile “emulsione per la peste”», spiega Armando Bianchi, proprietario del ristorante albergo “Al Borducan” e figlio di Anna Bregonzio.

In Algeria, Davide scopre l’arancia, che lì si chiama “al borducan”, ci studia su con l’amico farmacista e inventa il liquore che farà la sua fortuna. «L’arancia era chiamata “portugal”, perché il Portogallo è la patria di Vasco De Gama, che importò la pianta in Europa, poi il termine si imbastardì, confondendosi con l’espressione algerina. In Piemonte e in Emilia, tuttora le arance sono i “portugai”».

Nel 1865 Bregonzio aveva aperto la prima rivendita di bibite, un luogo dove ci si poteva ristorare dopo la salita delle Cappelle, situato dove oggi c’è il ristorante “Milano”. In una antica fotografia si legge: «Caffè di Bregonzio Davide con fabbrica di Elixir al Borducan», e altre insegne portano le scritte: «Caffè del Davide» e «Birra e gazosa e ghiaccio».

«Davide si spostò piuttosto presto dalla prima sede e costruì un nuovo punto di ristoro, quello che oggi è occupato dal ristorante “Montorfano”, ma lo vendette a un ristoratore del luogo senza dirlo alla nuora Anita, rimasta nel frattempo vedova, riconoscendole peraltro del denaro. Il nuovo gestore le diede solo quattro mesi per andarsene, uno sfratto lampo, così mia nonna si trasferì con i figli al numero 10 di via Beata Caterina, dove trovò un appartamentino. Non si diede per vinta, e a pianterreno continuò a vendere bibite e l’elisir per circa due anni. Di fronte c’era l’“Albergo Colonne” con il “Ristorante del Moro”, mio nonno paterno, Ernesto Bianchi, originario di Velate, gestiva il primo, mia nonna Maria Bacilieri, il secondo. Quando arrivò la funicolare, Ernesto spostò il “Colonne” dove è ora. Intanto, nel 1922, la sede attuale del Borducan stava per essere costruita, con i lavori appaltati al capomastro Piccoli, e a un non meglio specificato architetto, che stese il progetto. Nel 1924 tutto era pronto per l’inaugurazione», racconta Armando Bianchi.

Morta Anita, nel 1947, l’attività fu presa in mano dai figli Bruno e Anna, inseparabili, tanto che molti li scambiavano per marito e moglie.

«Spesso si beccavano, ma non potevano stare lontano l’uno dall’altra. Mia mamma Anna la mattina, appena io ero uscito, si precipitava al Sacro Monte a dare una mano a Bruno che viveva lì. Negli anni ’60 viaggiavo per lavoro e una volta in una fiera di Colonia di articoli per la casa, scovai un carillon-bottiglia a forma di lanterna, e lo regalai allo zio Bruno, non sapendo che sarebbe diventato un simbolo del locale. Lo abbiamo ancora, ma non lo usiamo più, ha una capienza di mezzo litro e dovremmo riempirlo continuamente. È esposto in una bacheca, assieme alla storica bottiglia di Elixir con l’etichetta che riporta il nome di Anita Bregonzio. Quando Bruno preparava il liquore, mi faceva assistere soltanto fino a un certo punto, poi si chiudeva a chiave e terminava il lavoro, mantenendo il segreto della ricetta. Pelava le arance a mano togliendo i filamenti e lasciando solo la polpa, messa in infusione per un anno».

Da quest’anno l’Elixir al Borducan è prodotto nuovamente dalla Rossi d’Angera, dopo una parentesi con una distilleria di Ghemme. Dal 2017, il ristorante albergo “Al Borducan” è gestito da Riccardo Santinon, che si avvale di otto collaboratori, tre ragazze in sala, Alessia, Martina e Sophia, un aiuto la mattina, una persona per le camere e due in cucina, a dare una mano allo chef Davide Canziani.

«Abbiamo una clientela mista, in parte varesina, di frequentatori affezionati, e in parte straniera. Da Pasqua a ottobre i passaggi sono molti, soprattutto turisti che vogliono conoscere il Sacro Monte e provare il nostro liquore. Ci sono anche parecchi giovani, che apprezzano molto la proposta di cena a lume di candela, mentre le famiglie arrivano nel fine settimana e si fermano a pranzo. La nostra è una cucina moderna, con qualche influenza francese, ma senza dimenticare i piatti locali, come il riso con il persico o il petto d’anatra sfumato al Borducan, che presto rimetteremo in carta. Poi non manca la torta del Borducan, con cioccolato e nocciole», dice Santinon.

Per il centenario del locale sono previsti diversi eventi, dalle visite guidate in collaborazione con Archeologistics, a una mostra fotografica sulla storia del Borducan da tenersi al Centro espositivo della Prima Cappella.

«Nei bauli dei Bregonzio ci sono ancora parecchie lettere che raccontano la genesi del locale e in cantina è conservata l’antica macchina per il caffè Snider, un cilindro di bronzo che ci piacerebbe mettere in mostra, assieme alla pubblicità della ditta che abbiamo appesa vicino al bancone del bar».

Tra i clienti illustri del Borducan ci sono Filippa Lagerback, che con il marito Daniele Bossari trascorse lì la prima notte di nozze, i Pantellas, l’ex secondo portiere del Milan, Tatarusanu amante del buon vino, e alcuni giocatori di basket. «Tra le richieste più strane che abbiamo ricevuto - dicono Alessia e Sophia - quelle di mangiare la pizza e magari la pasta con le vongole, perché molti stranieri pensano che questi piatti in Italia si trovino in qualsiasi ristorante. Alcuni clienti poi si inventano strane intolleranze alimentari».

Martina spiega poi che al Borducan spesso si fa musica dal vivo: «L’abbiamo avuta per la festa di San Valentino, a Capodanno, con l’aperitivo Anni Venti, e a Carnevale per i 100 anni del locale. Non mancano le letture poetiche davanti al camino sormontato dal ritratto di Davide Bregonzio, una volta al mese, organizzate da Nicoletta Magnani e Luca Guenna». 

Nella straordinaria terrazza del Borducan, affacciata su un panorama unico, gustare un bicchierino dell’antico “Elixir” è un privilegio che la nostra terra ci offre, facendoci scordare tempo e spazio, immersi come siamo nelle voci della natura e nel ricordo del suono cristallino del carillon di Bruno Bregonzio, che testimoniava il valore della nostra gioventù.

Mario Chiodetti

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