«La vocazione turistica legata allo sport è qualcosa su cui dobbiamo ragionare». E quindi «abbiamo supportato l’idea del centro federale del ghiaccio perché si sposa con la filosofia del territorio».
Parole del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti che questa mattina, durante l’incontro a Palazzo Estense a Varese sugli enti locali nel futuro dell’Unione Europea organizzato nell’ambito del festival Glocal, si è soffermato nuovamente sulla possibilità di realizzare nel nostro territorio il centro federale degli sport del ghiaccio.
Rispetto alle altre città interessata al progetto, se «per Como penso a tante altre cose rispetto al centro federale del ghiaccio», invece «la concorrenza di Milano è seria, perché la grande metropoli affascina. Però se lo sport del ghiaccio vuole una madre e un padre, lo trova qui. Se vuoi essere coccolato vieni qua, se vuoi essere uno dei tanti vai da un’altra parte».
Giorgetti ha ricordato che «il tema coltivato da anni dello sport vogatorio ha creato una piccola isola che tutta Italia e non solo ci invidia, con il relativo indotto».
E ha ribadito che «chi decidere dovrà capire che qui questa disciplina troverà un padre o una madre adottivi. Con la possibilità di creare eventi collaterali, conoscenza territorio, promozione della nostra realtà».
Ad ascoltare Giorgetti in prima fila c’era un altro varesino, il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana. E sarà proprio la Regione a dover fare una scelta.
All’inizio della mattinata organizzata in collaborazione con Matteo Bianchi, anche il presidente della Provincia di Varese Marco Magrini si era soffermato sul tema: «È l’occasione per realizzare e mantenere viva una struttura. La sede non è un problema, Varese si è proposta con le sue conoscenze e competenze e chiediamo di essere presi in considerazione».
Giorgetti, in confronto con Norman Gobbi, consigliere di Stato della Repubblica del Canton Ticino, si è soffermato anche su quello che lui stesso ha definito il «tema più caldo» della legge di bilancio, ossia il «contributo da parte dei frontalieri che optano per il servizio sanitario nazionale italiano».
Per il ministro «il principio è sacrosanto». «Un principio di giustizia – ha insistito –. Su entità e modalità dobbiamo discuterne in sede regionale».
Come noto, «c’è una seria situazione relativa al reperimento di personale sanitario nelle zone di confine. Abbiamo la necessità di rendere più attrattivo il lavoro in ambito sanitario, non solo ma specialmente in queste aree».