Oggi è San Valentino, la festa degli innamorati, e non potevo dunque sottrarmi dal parlare di cosa sia l’amore nel mondo del diritto.
L’art. 29 comma 2 della Costituzione, laddove parla di unità familiare, dovrebbe rappresentare l’espressione somma dell’amore di coppia.
Amarsi è “consumarsi” (dal latino “cum”, “insieme”, e “sumere”, “prendere, usare interamente”) nell’amore: letteralmente è compiersi nella vita, raggiungere il punto supremo della vita l’uno dell’altro.
L’altro è la misura del rispetto di sé!
La vita di coppia deve completare la persona, non peggiorarla o isolarla. La misura di questo rispetto è data in particolare dagli obblighi reciproci di fedeltà, assistenza morale e materiale, alla collaborazione e alla coabitazione.
Il segreto è educarsi nella e alla coppia, assicurarsi assistenza morale e materiale (art. 143 comma 2 codice civile, elencata come secondo obbligo reciproco dopo la fedeltà perché è di supporto alla fedeltà e di presupposto alla collaborazione); l’assistenza è proprio l’esplicarsi della cura che è quello che viene spontaneo nei confronti di chi si dice di amarsi.
Affinché il “gioco” non sia impari occorre la conoscenza, consapevolezza e condivisione delle stesse regole di gioco. Le regole principali sono date dall’143 codice civile(diritti e doveri reciproci dei coniugi) e e i coniugi le declinano nella loro vita quotidiana in base all’indirizzo concordato di cui all’art. 144 codice civile(indirizzo della vita familiare e residenza della famiglia).
“Il vero amore è l’accettazione di tutto ciò che è, è stato, sarà e non sarà. Le persone più felici non sono necessariamente coloro che hanno il meglio di tutto, ma coloro che traggono il meglio di ciò che hanno” (lo scrittore K. Gibran). Così l’amore in famiglia: non è prevenzione di problemi, ma condivisione di problemi.
Così nella vita di coppia e di famiglia, nella relazione e funzione educativa come lo è la relazione di coppia e quella genitori-figli.
“Non possiamo prenderci cura di una cosa se non l’amiamo. L’amore nasce dal sentirsi parte di un’unica famiglia nel meraviglioso arazzo dell’essere, e poi dall’avere intravisto nelle cose una bellezza che, almeno una volta, ci ha sedotto, ci ha illuminato e regalato gioia” (Ermes Ronchi).
La “Carta dei diritti dei figli nella separazione dei genitori” (presentata dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza nell’ottobre del 2018) si legge: “I figli hanno il diritto alla spensieratezza e alla leggerezza, hanno il diritto di non essere travolti dalla sofferenza degli adulti. I figli hanno il diritto di non essere trattati come adulti, di non diventare i confidenti o gli amici dei loro genitori, di non doverli sostenere o consolare. I figli hanno il diritto di sentirsi protetti e rassicurati, confortati e sostenuti dai loro genitori nell’affrontare i cambiamenti della separazione”.
Logica conseguenza del dovere imposto ai genitori dall’art. 147 codice civile di “mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazio
Felicità, amore e comprensione: parole inflazionate ma, al tempo stesso, svuotate di senso e consenso proprio in famiglia.
E forse, oggi più che mai, il problema sta in questo; nel ritenere che la famiglia sia l’unico (e necessario) contenitore dell’amore.
La disciplina sulle unioni civili trova oggi cittadinanza nel nostro Ordinamento giuridico grazie ad un unico articolo contenuto nella Legge 20 maggio 2016, n.76 recante “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze” che, di fatto, ha individuato un altro contenitore che fosse espressione dell’amore.
Questa legge costituisce il frutto di un lungo e travagliato iter di carattere politico-normativo, caratterizzato da un’iniziale reticenza nel riconoscimento giuridico dei nuovi “modelli familiari”.
L’epocale svolta deriva da pressioni da parte di organismi internazionali, prima fra tutte la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che ha condannato l’Italia per la mancante legislazione sulle unioni civili, in violazione dell’articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) della C.E.D.U.
In Italia l’evoluzione dell’istituto è stata possibile soprattutto grazie alla giurisprudenza, di merito e legittima, che di fatto ha aperto a prospettive di tutela delle convivenze omosessuali ancor prima che entrasse in vigore la legge 76.
La stessa Corte costituzionale con una sentenza che costituisce una pietra miliare sul punto, la n. 138 del 15 aprile 2010, dopo aver chiarito che: «L’art. 2 della Costituzione dispone che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale», e che: «per formazione sociale deve intendersi ogni forma di comunità, semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico.», statuisce che: «In tale nozione è da annoverare anche l’unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone – nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge – il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri».
Due sono le definizioni di amore che mi affascinano.
La prima è di Alda Merini “L’Amore è un mistero. Perché mai ci innamoriamo? È un grande furore che ci placa di tutti i nostri tormenti, è una grande pena che ci guarisce da tutte le guerre. L’innamorato è uno strano guerriero che sorride e vuole bene agli altri. L’innamorato fa sbocciare tutte le rose del mondo, ma gli altri le calpestano per un impulso improvviso di bruciante gelosia”.
La seconda è di Franz Kafka “Amore è tutto ciò che aumenta, allarga, arricchisce la nostra vita, verso tutte le altezze e tutte le profondità. L’amore non è un problema, come non lo è un veicolo; problematici sono soltanto il conducente, i viaggiatori, e la strada”.
Ritengo, quindi, che non esita e non possa esistere la Legge dell’Amore.
L’obbligo del nostro Legislatore è quello di garantire pari diritti alle persone che vogliono stare assieme “fin che morte non ci separi”.
Quindi, oggi, festeggiate alla vita e all’amore con irrazionale trasporto.
Fate però attenzione alle promesse di matrimonio.
La giurisprudenza ha precisato che la rottura della promessa di matrimonio solenne comporta “la previsione a carico del recedente ingiustificato non di una piena responsabilità per danni, ma di un’obbligazione ex lege a rimborsare alla controparte quanto meno l’importo delle spese affrontate e delle obbligazioni contratte in vista del matrimonio. Non sono risarcibili voci di danno patrimoniale diverse da queste e men che mai gli eventuali danni non patrimoniali” (Cassazione, ordinanza 02.01.2012, n. 9). Pertanto chi decide di rompere senza giustificato motivo dalla promessa di matrimonio solenne, annullando le nozze, è tenuto a risarcire il danno cagionato all’altra parte per le spese fatte e per le obbligazioni contratte in vista della celebrazione ma non è tenuto a risarcire ulteriori danni patrimoniali né quelli morali o psicologici per la sofferenza subita.
Auguri a tutti!!
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