È pienamente operativa la sussidiarietà nel contesto sociale e associazionistico varesino? Tradotto in termini meno tecnici: le associazioni di volontariato sono davvero messe nelle condizioni da parte del Comune di Varese di agire nella maniera più libera e proficua?
Se lo chiede Gianluigi Carta, candidato consigliere nella lista di Varese 2.0 alle imminenti elezioni amministrative. Il volontariato è una partizione importante del suo tempo quotidiano e di quella passione che alcuni uomini decidono di mettere a disposizione degli altri: Carta collabora infatti con Acquamondo ODV realtà locale che da più di quarant’anni è attiva nell’accompagnamento al nuoto dei disabili.
È quindi dall’esperienza che nascono la sua ricognizione delle mancanze e le idee per giungere a un miglioramento della situazione generale: «Il mondo del volontariato varesino - afferma Carta - è davvero variegato e meritevole: le associazioni sono diverse e la loro opera si fa sentire bene in molteplici ambiti. Succede però che alcune di esse si sovrappongano nel loro agire, oppure che facciano meno di quello che potrebbero fare per risolvere i problemi concreti della collettività, soprattutto perché non conosciute da chi invece è alla ricerca di realtà come loro. La pandemia, con i tanti bisogni rimasti insoddisfatti, ha reso evidente tutto ciò».
Qual è il concetto di fondo? «Si deve implementare la regia delle stesse, il cui compito non può che spettare all’amministrazione, l’unica che possiede una visione generale, anche delle problematiche. Il governo di Attilio Fontana aveva creato un principio di coordinamento che però pare poi rimasto sulla carta, perché non si rinvengono atti concreti negli ultimi 5 anni».
L’appello è a “utilizzare” davvero l’apporto delle associazioni: «Se coinvolte, esse rispondono sempre presente. Il loro apporto può permettere ai servizi erogati dal Comune di progredire, oppure consentire a quest’ultimo di non rinunciare a iniziative che, se affidate alle associazioni, potrebbero comunque essere poste in atto anche quando le risorse mancano o scarseggiano. Penso ai progetti degli educatori di strada, ovvero professionisti che operano nei quartieri (ad esempio San Fermo) e si curano di ragazzi con famiglie problematiche, seguendoli nei loro impegni e nel tempo libero: invece di coinvolgere chi avrebbe potuto dare una mano, sono usciti dall’agenda comunale».
Mettere le associazioni in grado di agire significa infine anche curarsi della logistica in cui si trovano a lavorare. E allora è inevitabile parlare, ancora una volta (leggi qui), di strutture: «Penso a una grave mancanza che provano sulla loro pelle le associazioni come la nostra: in tutta Varese esiste solo una piscina nella quale un disabile in carrozzina possa entrare dall’ingresso principale, negli spogliatoi e sul piano vasca senza fare un solo gradino o prendere un ascensore…Ed è privata: la Robur. Tutti gli altri impianti hanno comunque dei limiti, magari superati da montacarichi e ascensori, certo, che però a volte non funzionano o sono mal tenuti. Anche sotto questo aspetto, quindi, bisogna fare molto di più».














