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Calcio | 21 marzo 2021, 00:01

Lionello Massimelli: «A Varese un gruppo di amici magico, poi Bologna che è rimasta la mia città. E quella volta in autogrill con Lucio Dalla...»

Nativo di Mantova, cresciuto in biancorosso, poi una carriera di primo livello in cui ha affrontato tutti i più grandi: «Rivera era immarcabile, Mazzola e Corso fuoriclasse, una cannonata di Riva mi lasciò un livido per tempo. Dico grazie al Peo, a capitan Borghi e Chicco Prato, che mi hanno dato fiducia e consigli preziosi»

In questa foto del Bologna Fc, Lionello Massimelli con una maglia celebrativa dei rossoblù. In basso, uno storico scatto di Marini, Massimelli, Fusaro e Mayer

In questa foto del Bologna Fc, Lionello Massimelli con una maglia celebrativa dei rossoblù. In basso, uno storico scatto di Marini, Massimelli, Fusaro e Mayer

Lionello Massimelli, classe 1952, nasce in provincia di Mantova ma si trasferisce giovanissimo a Milano. A 12 anni fa il suo primo provino nei pulcini del Milan, ma non viene preso perché troppo gracile. Non si dà per vinto e va a giocare in una squadra della periferia milanese, il Lampolanfranchi, dove rimane per 3 anni, fino a quando un osservatore varesino, per caso, ne vide il talento, segnalandolo al Varese.

La sua carriera, dunque, è iniziata qui. 
Arrivai accompagnato dai miei genitori al Collegio de Filippi. Ricordo che mio padre era abbastanza contento di questa opportunità, mentre mia mamma era molto preoccupata, temeva che avrei abbandonato gli studi. In realtà da donna concreta come era comprese subito che l’ambiente era un luogo di rispetto delle regole, di condivisione di valori morali, poi arrivava il resto.

Chi erano i suoi compagni al collegio?
Marini, Gentile, Ramella, Mayer, Valmassoi. Poi sono arrivati Calloni, Libera, Fusaro... Questi sono alcuni dei nomi che faccio, ma la lista sarebbe lunghissima. Quello che posso dire è che si era creato un ambiente magico, eravamo come fratelli. Mi emoziona ricordare quei tempi.

Ci racconta la sua carriera calcistica?
Ho fatto la classica trafila nel settore giovanile, per poi debuttare in serie A a 19 anni, giocando 40 partite in maglia Varese, per poi essere trasferito al Bologna dove ho giocato per cinque anni con Valmassoi. Poi sono andato al Verona, dove ho reincontrato Egidio Calloni. Una breve parentesi a Taranto, per poi arrivare nella Pro Patria con Giorgio Morini. La scuola calcistica varesina era universale, in ogni società c’era qualcuno passato o cresciuto in biancorosso. Infatti mi ritrovai a giocare contro lo juventino Gentile, l’interista Marini, il milanista Calloni...

Ci racconta qualche ricordo della sua gioventù varesina?
Come dicevo con Gentile, Ramella, Marini, Mayer e Valma c'era un bel legame, facevamo tante cose insieme, tra cui le famose vasche del corso Matteotti. Poi Bruno, il "libero dal cuore d'oro", essendo del luogo organizzava qualche giorno di vacanza a Jesolo: ma non potevano tanto fare cose pazze, perché sua mamma ci controllava a vista... Allora erano tempi così! Con Mayer si è creato un rapporto particolare, tanto che poi è stato anche il mio testimone di nozze. Peccato per quella sequenza di infortuni che hanno minato la sua carriera, perché era veramente forte. 

Ricorda persone particolari nella sua carriera calcistica?
A Varese sicuramente Peo Maroso, capitan Ambrogio Borghi e Chicco Prato. Queste persone mi hanno trasmesso carica, fiducia, motivazione e consigli utili e preziosi, non facendo mai pesare la differenza di età, anzi se si sbagliava erano proprio loro a  sdrammatizzare ed eventualmente metterci una parola buona con la società. A Bologna, la mia città adottiva, le persone speciali sono state Bulgarelli, Savoldi, Bellugi, Colomba, Pecci. Pensi che da 30 anni, ogni venerdì sera, ci troviamo con Pecci e Colomba per una cena con tortellini e Lambrusco.

Ha giocato contro tanti campioni: chi erano i più difficili da "imbrigliare"?
Rivera era praticamente immarcabile, come toccava il pallone apriva l’azione. Mazzola un vero fuoriclasse assieme a Corso, che con un suo tiro a foglia morta ti cambiava la partita. E poi la forza della natura Gigi Riva, il terrore delle barriere: una volta un suo tiro mi prese la gamba, ho avuto il livido per parecchio tempo. Se mi avesse preso pieno mi avrebbe scaraventato in porta: il che è tutto dire, visto che sono alto un metro e ottanta e ben dotato fisicamente.

Segue ancora il calcio?
Dopo aver fatto l’osservatore nel Bologna e nel San Lazzaro per tanti anni, adesso ho smesso di seguirlo se non qualche partita in televisione. Seguo con interesse il calcio femminile e stimo moltissimo il commissario tecnico Milena Bertolini. Sono tifoso delle ragazze del Sassuolo, che seguo con passione, attenzione ed entusiasmo.

Cosa fa oggi Massimelli?
Vita sociale con gli amici bolognesi... Vivo in campagna, vado a correre, mi piace cucinare qualche piatto bolognese.

Corre con Gianni Morandi?
No, Gianni è super veloce, io ho un passo diverso.

Lei ha conosciuto anche Lucio Dalla, vero?
La nostra conoscenza era nata nei primi anni che giocavo a Bologna. Un giorno mi trovavo in un autogrill in tangenziale, nei pressi di Borgo Panigale. Il Maestro, grande tifoso, si avvicinò e mi disse: "Ma tu sei Massimelli". Immaginatevi in mio imbarazzo...

Prima di concludere: come sono andati gli studi, ha fatto contenta mamma?
Diciamo che sono arrivato al diploma... Però mia sorella negli anni ha conseguito 5 lauree. Io giocavo con i piedi, lei usava la testa: mettiamola così. Però nel suo libro, Eraldo Pecci mi ha dedicato un capitolo: una bella soddisfazione da un super bolognese come Eraldo, che è stato un grande del panorama calcistico italiano e ha entusiasmato per anni i tifosi bolognesi che venivano al Dall'Ara.

Claudio Ferretti


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