Nei primi nove mesi del 2020 la produzione industriale del settore metalmeccanico è stata, a livello nazionale, del 17,9% inferiore ai livelli del periodo gennaio-settembre 2019. È ciò che emerge dall’Indagine congiunturale realizzata da Federmeccanica sul terzo trimestre 2020. Un periodo durante il quale le attività manifatturiere del comparto hanno registrato un parziale recupero dopo la forte caduta osservata nel corso dei primi 2 trimestri dell’anno. Notizia solo parzialmente positiva, però, dato che i volumi realizzati restano ampiamente insufficienti a compensare le perdite subite, fermandosi su livelli inferiori di oltre il 5% rispetto a quelli pre-pandemici.
Sull’attività produttiva si sta facendo sentire non solo la forte caduta della domanda interna, in particolare quella di beni d’investimento in macchine e attrezzature, ma anche la flessione della domanda mondiale che, secondo il Fondo Monetario Internazionale, diminuirà nel 2020 di oltre 10 punti percentuali. Con riferimento all’interscambio commerciale, il settore metalmeccanico, sempre nei primi 9 mesi dell’anno, ha registrato una contrazione media dei valori di fatturato esportato pari al 13,2%, mentre le importazioni si sono ridotte del 15,6%. I risultati dell’indagine di Federmeccanica lasciano presupporre per l’ultima parte dell’anno una brusca frenata della fase espansiva osservata nel corso del trimestre estivo, anche a causa del nuovo peggioramento della pandemia. In altre parole, la situazione nel settore meccanico a livello italiano non è per nulla rosea e le prospettive future sono di totale incertezza.
E in questo quadro, la provincia di Varese non fa certo eccezione; il panorama di preoccupazione delineato dai dati nazionali, a livello locale si concretizza in numeri altrettanto allarmanti, come evidenziano gli ultimi dati Istat sul commercio internazionale elaborati dall’Ufficio Studi Univa: nel periodo tra gennaio e settembre 2020 il calo più considerevole è stato quello delle vendite oltre confine dei mezzi di trasporto (-22,8%), seguito dai prodotti in metallo (-17,9%) e dalle esportazioni di macchinari e apparecchi, particolarmente radicato nel Varesotto (-16,2%).Il tasso di utilizzo degli impianti per il settore, nel terzo trimestre 2020, si è attestato al 74,5%, mentre un anno fa era del 77,5%, con una flessione, dunque, di 3 punti percentuali. Che la situazione sia critica lo conferma anche il trend locale della cassa integrazione guadagni ordinaria. Tra gennaio e ottobre 2020 è stata registrata una richiesta da parte delle imprese metalmeccaniche varesine che si attesta su livelli superiori dell’851,56% rispetto allo stesso periodo del 2019. L’aggravarsi della situazione epidemiologica a livello globale si ripercuote anche sulle ore di cassa integrazione guadagni registrata mese per mese, segno che il ribalzo dei mesi estivi ha esaurito i suoi effetti anche nel Varesotto. A ottobre la Cigo ha fatto registrare un numero di 6,3 milioni di ore contro le 1,3 milioni di settembre, il dato più alto dopo quello del mese di aprile quando le ore autorizzate, causa lockdown, sono state 14.018.552.Le dichiarazioni
Giovanni Berutti presidente del Gruppo Merceologico “Meccaniche” di Univa afferma che «siamo ancora dentro una crisi senza precedenti come emerge dai dati sulla produzione industriale confrontati con il periodo antecedente la pandemia. E questa situazione congiunturale si interseca proprio col rinnovo del Contratto Nazionale: è stata fin dall’inizio una trattativa molto difficile per le ampie distanze su temi centrali e sul ruolo stesso del Contratto Nazionale. E anche se le posizioni con i sindacati restano distanti e il quadro economico in cui ci troviamo non accenna a migliorare, le imprese vogliono arrivare alla sigla del nuovo Contratto e, con esso, rinnovare le relazioni industriali che ne sono alla base. Quello che abbiamo in mente è un Contratto "per" il lavoro e non "di" lavoro, che sia sostenibile, calato nella realtà e in continuità con la fase di forte trasformazione che stanno vivendo le nostre aziende. Un cambiamento non solo tecnologico. Ma anche organizzativo e sostenibile». È proprio sul tema della sostenibilità che si concentra il commento di Gianluigi Casati, presidente del Gruppo Merceologico “Siderurgiche Metallurgiche e Fonderie” di Univa, il quale sottolinea che «il nostro comparto è tra quelli che nell’industria locale e nazionale è tra i più impegnati nell’implementazione di logiche di sostenibilità e di economia circolare. È da anni che per le nostre imprese gli scarti sono una risorsa, nuova materia prima. Ciò grazie a consistenti investimenti. Oggi, con le risorse del Next Generation Eu, si parla sempre più spesso di incentivare gli investimenti nella trasformazione verde. Forse, però, sarebbe anche giusto prevedere risorse per compensare anche quegli investimenti realizzati nel recente passato da moltissime Pmi, che hanno fatto e fanno oggi della siderurgia italiana uno dei settori più avanti a livello europeo sul fronte della green economy. Ciò anche per dare respiro ad una realtà manifatturiera sotto forte pressione competitiva».