Opinioni - 09 dicembre 2022, 11:45

IL COMMENTO. E luce fu ai Giardini Estensi tra diecimila varesini e voglia di serenità. Dopo virus e guerra torna la forza di sperare in qualcosa di meglio

C’era bisogno di tutte queste luminarie con la gente che a stento arriva alla fine della settimana? Sì, sono un messaggio di speranza che invita i varesini a credere ancora nell’amicizia e nel calore del Natale. Dopo lockdown e tra crisi internazionali e inflazione, questa cattedrale di luce rinnova una curiosità assopita dai guai

(foto Comune di Varese)

(foto Comune di Varese)

E luce fu, dopo le tenebre della pandemia, le chiusure, gli spettri della guerra, della crisi economica e del disastro ambientale. Nei Giardini Estensi illuminati a Festi, in una fantasmagoria di colori Varese si è ritrovata a sperare quantomeno in qualcosa di meno peggio, con diecimila persone a invadere le proprietà che furono di Francesco III d’Este, “bon vivant” del Settecento che a questi ritrovi era avvezzo, perché in quell’epoca le “maraviglie” erano all’ordine del giorno. 

Al di là della perizia tecnica dello studio di Valerio Festi e Monica Maimone, già ammirata nel 2008 per i Mondiali di Ciclismo, con la galleria prospettica che regala un tono da Mille e una notte a una città solitamente in bianco e nero, a interessare è il messaggio che sindaco e giunta hanno voluto lanciare con la cattedrale di luci, che in apparenza cozzano contro il tanto sbandierato risparmio energetico, con le bollette a incombere sulle teste degli italiani come uccellacci del malaugurio. C’era bisogno di tutte queste luminarie con la gente che a stento arriva alla fine della settimana, le strade come bombardate e i cantieri infiniti?

Il messaggio è proprio questo, fatti salvi i led anti spreco che consumano poco, ed è di speranza, certo nazional popolare, ma che invita i varesini a credere ancora nell’amicizia e nel calore del Natale, festa che per tradizione va celebrata “con i tuoi”, ad avvicinarsi l’un l’altro senza timore di contagio e a godere di uno spettacolo cui di solito si assiste soltanto in sogno e invece è lì, nel cuore della città, ed è ripetibile notte dopo notte. 

I fasti del Secolo dei lumi, è il caso di dirlo, ritornano in chiave moderna e tecnologica e, come ha ricordato Festi con barba e cappello da vecchio mago, la natura incontra la scienza in un contesto già di per sé di rara bellezza e l’Oriente trasportato in via Sacco ha fermato la città all’ora dell’aperitivo, rinnovando una curiosità assopita dai guai a catena e rilassando finalmente gli animi, con il trionfo dei pedoni e le file di macchine impazzite convogliate in via laterali. 

Al di là dell’ooh di meraviglia all’accensione della galleria multicolore, a colpire sono stati i video proiettati sulla facciata de Palazzo Estense al suono tra gli altri della “Sinfonia dei Giocattoli” attribuita per anni a Leopold, padre di un certo Wolfgang Amadeus Mozart, opera dei bambini di tre scuole elementari, dei loro illuminati insegnanti e di magnifici illustratori.

Messaggi di pace, di fratellanza tra i popoli e di attenzione all’ambiente in forma di fiaba che finalmente incominciano “a passare” tra le nuove generazioni, che per forza di cose devono essere molto più attente a salvare il salvabile del nostro disastrato pianeta, distrutto da padri e nonni. 

Un “vogliamoci bene” coloratissimo, ritmato dalle note dei bravissimi cantori piccoli e grandi di Solevoci del maestro Fausto Caravati, con gli hit natalizi venati di gospel, ma per fare più “casa” non ci sarebbe stato male anche un nostrano “Tu scendi dalle stelle” cantato in coro nel bel paese dove, in fondo, ancora «il sì suona».

Mario Chiodetti

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