Maria Angela Ciurleo, author, composer & cocal coach ed esperta in brand music, fa un mestiere molto particolare e affascinante, dove la musica si intreccia ai brand delle aziende. E' lei ad esempio, che ha curato il progetto musicale realizzato per i 100 anni di SIAI Marchetti.
In questa intervista ci racconta meglio cosa significhi per lei la musica e come essa possa essere utilizzata dalle aziende per valorizzare la propria identità.
Ci racconta la sua storia personale e di cosa si occupa di preciso nel suo lavoro?
Nasco come pianista e mi considero una persona fortunata, perché ho fatto della mia passione la mia vita: la musica. Sono anche mamma di due splendidi ragazzi, ma non ho mai smesso di coltivare e perseguire questo amore profondo per la musica. Sono compositrice e mi piace definirmi una compositrice vibrazionale, nel senso che il mio lavoro nasce da un ascolto profondo di ciò che mi circonda e da una continua ricerca. Negli ultimi anni ho sviluppato alcuni progetti molto particolari, tra cui il sound branding: mi occupo di dare un’identità sonora alle aziende, ma anche alle persone, attraverso il personal branding. Studio la realtà aziendale, i prodotti e i valori, cercando di tradurre in suono tutto ciò che osservo e percepisco. Questo, a mio avviso, conferisce una forte identità, perché aiuta a differenziarsi in modo originale. Oggi viviamo nel mondo dei social, dove scorrono continuamente reel molto simili tra loro, spesso accompagnati da musiche famose, con l’idea che quel suono possa rafforzare il messaggio. In realtà, credo che questo renda semplicemente “uno fra tanti”, anziché davvero riconoscibili. Mi occupo anche di frequenze: studio quali possano essere benefiche, per quali scopi e come migliorarsi attraverso l’uso consapevole della propria voce. Ho lavorato con diverse aziende in provincia di Varese, tra cui Bizeta, un’azienda metalmeccanica. In quel caso ho effettuato dei rilevamenti sonori all’interno dell’azienda, analizzando l’ambiente dal punto di vista acustico e vibrazionale.
Che cos’è esattamente la brand music e in cosa si differenzia da una semplice colonna sonora o jingle?
È una domanda molto importante. Nel mio lavoro esistono diversi livelli di intervento. Il jingle rappresenta l’identità del brand e viene portato avanti nel tempo: si basa su una sequenza di note riconoscibili che può essere riarrangiata con strumenti diversi, a seconda di ciò che si deve promuovere. Il sound branding, invece, riguarda una comunicazione più ampia e profonda: è una comunicazione globale dell’azienda, come se l’impresa parlasse con un proprio linguaggio sonoro. Il progetto è quindi molto più complesso e articolato. Si tratta di una musica a 360 gradi all’interno dell’azienda: dalla musica del centralino telefonico, alla musica di sottofondo negli spazi di lavoro o negli studi, fino all’accoglienza del cliente. Anche la suoneria del telefono diventa parte dell’identità sonora. Il jingle e il logo musicale restano elementi fortemente identitari del brand o del prodotto, ma il sound branding va oltre, creando un’esperienza sonora coerente e riconoscibile in ogni punto di contatto.
Come trasforma un rumore in qualcosa che emozioni e non risulti disturbante?
Nel caso di Bizeta la musica era molto evidente: ho preso i suoni delle macchine e li ho trasformati in ritmo. Su questa base ho poi costruito un arrangiamento di pianoforte e archi. Il risultato è una composizione in cui sotto si percepisce la ritmica dell’azienda, mentre sopra si sviluppa una vera e propria musica. Questa composizione l’ho anche eseguita successivamente in una formazione con quartetto d’archi, pianoforte e batteria.
Le aziende sono consapevoli dell’importanza del suono o serve ancora molta educazione sul tema?
Secondo me è necessaria ancora molta educazione. Oggi spesso il discorso viene affrontato in termini puramente economici: si utilizzano musiche gratuite perché sono più comode e immediate. Credo però che questo approccio non sia ideale, perché nel momento in cui si realizza un video aziendale – che diventa uno strumento fondamentale di comunicazione – sarebbe molto più efficace avere qualcosa di davvero proprio e distintivo. La particolarità del mio lavoro è proprio questa: creando musiche su misura per i clienti, queste diventano patrimonio dell’azienda, che può utilizzarle liberamente, quando e come vuole, nel tempo.
Come vede il futuro della brand music, anche in considerazione dell’intelligenza artificiale?
L’intelligenza artificiale, per chi fa un lavoro come il mio e per chi, come me, si considera un’artigiana della musica, rappresenta sicuramente una sfida. Il fatto di aver aperto e reso accessibile l’AI a tutti può, in parte, creare delle difficoltà e persino danneggiare questo tipo di lavoro. Tuttavia, credo che ci sia sempre qualcosa che va oltre la tecnologia. L’occhio e l’ascolto dell’esperto restano fondamentali. Quando entro in un’azienda mi lascio suggestionare dall’ambiente, dalle persone, dalle vibrazioni che percepisco. Credo che l’AI vada utilizzata in modo corretto, come strumento, per arrivare al risultato desiderato, ma non come sostituto della sensibilità umana. Noi viviamo di emozioni, e sono convinta che proprio questo farà la grande differenza, almeno per quanto riguarda il mio lavoro.
Quando parla di music per il personal branding, cosa intende concretamente?
Ho realizzato un progetto di personal branding con Andrea Pesenato, pilota di volo acrobatico. È stata una collaborazione nata in modo del tutto casuale: sono andata a vederlo esibirsi nel campo di volo e sono rimasta affascinata dalle linee e dalle traiettorie che disegnava nel cielo. Ci siamo conosciuti e ho avuto immediatamente l’immagine del suo brano, di come dovesse essere. Per me quel progetto rappresenta l’andare oltre. Ho tradotto in musica ciò che lui disegnava nel cielo con il suo volo. È un lavoro particolarmente utile per i liberi professionisti che desiderano dare a sé stessi un’identità più forte, riconoscibile e coerente attraverso il suono.
Perché la musica può diventare uno strumento di identità aziendale? Come nasce questa idea?
Per me è sempre stata una cosa naturale. Fin da bambina guardavo la televisione e identificavo immediatamente un prodotto attraverso la musica. A volte nemmeno guardavo lo schermo: la musica era in primo piano. La musica, per me, ha sempre accompagnato un marchio o un film ed è capace di richiamare un periodo storico preciso, un’emozione, un’atmosfera. È qualcosa che sento da sempre, fa parte di me. Crescendo, ho deciso di sviluppare questa sensibilità anche a livello professionale, approfondendo con studi concreti la comunicazione e il marketing, ma soprattutto imparando a studiare a fondo le aziende. La musica, infatti, deve rispecchiare i valori aziendali: non può essere casuale. L’analisi è fondamentale, perché solo comprendendo davvero l’identità, la storia e la visione di un’azienda è possibile tradurle in un linguaggio sonoro coerente e autentico.




