Economia - 12 dicembre 2025, 07:00

L’illusione del controllo: perché il vostro Service Desk è tecnicamente cieco

La maggior parte delle aziende ha investito pesantemente per velocizzare la gestione delle richieste (SLA, automazioni, chatbot), ma ha trascurato il contesto su cui tali richieste operano

L’illusione del controllo: perché il vostro Service Desk è tecnicamente cieco

Il paradosso della "scatola nera":

La maggior parte delle aziende ha investito pesantemente per velocizzare la gestione delle richieste (SLA, automazioni, chatbot), ma ha trascurato il contesto su cui tali richieste operano.
Un ticket di supporto non è mai un evento isolato, ma un segnale proveniente da un ecosistema vivo (hardware, software, dipendenze). Continuare a gestire l'ITSM (i processi) separatamente dall'ITAM/CMDB (gli asset) non è solo inefficiente: nel 2025 è una negligenza operativa che espone l'azienda a rischi di sicurezza incalcolabili (Shadow IT, vulnerabilità non patchate).

Se osservaste oggi la dashboard del vostro Service Desk, probabilmente vedreste una rassicurante distesa di indicatori verdi. Gli SLA sono sotto controllo, il tempo di prima risposta è rapido, i ticket vengono chiusi. Sulla carta, la macchina IT è oliata.

Tuttavia, c’è una domanda scomoda che raramente emerge nei report trimestrali: quanto di quel tempo è stato speso per risolvere il problema e quanto per capire dove fosse il problema?

Il paradosso dell'IT Enterprise in Italia è che abbiamo iperspecializzato i processi di supporto, ma abbiamo perso il contatto con la realtà fisica e virtuale sottostante. Oggi, un tecnico di secondo livello investe mediamente il 30% del tempo di gestione di un incidente in pura attività investigativa.
"Di quale server stiamo parlando?" "Quale patch è installata?" "Chi ha toccato questa configurazione l'ultima volta?"

Mentre ci riempiamo la bocca di AI e automazione predittiva, molti Service Desk operano ancora con la logica di un centralino anni '90: ricevono una segnalazione, ma non hanno visibilità su cosa ci sia dall'altra parte del filo. Stiamo applicando processi perfetti su un'infrastruttura fantasma. E questo scollamento tra il "ticket" (l'evento) e l'"asset" (l'oggetto) non è più solo una questione di inefficienza operativa. È diventata una vulnerabilità strutturale che espone l'azienda a rischi di sicurezza critici.

La trappola del "Best of Breed"

Per anni, l'industria del software ci ha venduto l'idea che dovessimo acquistare lo strumento migliore per ogni singola nicchia: un software per il Ticketing, uno per l'Asset Management, uno per Creare report. Il risultato? Abbiamo creato dei silos di dati eccellenti, ma completamente isolati.

Quando un dipendente apre un ticket per un "rallentamento anomalo", l'operatore del Service Desk vede solo il sintomo descritto dall'utente. Non vede che su quella macchina, due giorni prima, è stato installato un software non autorizzato. Non vede che la garanzia hardware è scaduta o che la RAM è al 100% da settimane.
Il tecnico è costretto a diventare un "passacarte": chiede screenshot, interroga l'utente, consulta fogli Excel disallineati. Questo approccio a compartimenti stagni trasforma problemi risolvibili in pochi minuti in odissee di giorni, bruciando budget e pazienza.

Incident Management e Sicurezza: due facce della stessa medaglia

Il vero pericolo, tuttavia, non è l'inefficienza: è la cecità. Nel panorama attuale delle minacce informatiche, la distinzione tra un "Incidente IT" (qualcosa non funziona) e un "Incidente di Sicurezza" (qualcosa ci sta attaccando) è sempre più sfumata.

Immaginate uno scenario tipo Log4j o una vulnerabilità critica su una specifica versione di un software. Se il vostro sistema di ticketing non dialoga nativamente con i vostri asset come fate a identificare quali server sono a rischio?

Senza una mappatura in tempo reale tra Incident e Configuration Item, il team di sicurezza deve procedere a tentativi. Un Service Desk moderno deve permettere di dire istantaneamente: "Mostrami tutti i ticket aperti nell'ultimo mese che coinvolgono server con Windows Server 2012" oppure "Blocca le richieste di software X finché non viene patchato". Se i vostri dati sugli asset vivono in un database separato dai processi di lavoro, siete sempre un passo indietro rispetto alla minaccia.

Oltre l'integrazione: la necessità di un ecosistema unificato

La risposta istintiva di molti CIO è "costruiremo un'integrazione". Ma le API si rompono, i connettori vanno manutenuti e i dati si disallineano. La complessità tecnica di mantenere sincronizzati due mondi diversi spesso supera il valore che se ne ricava.

La direzione verso cui il mercato si sta muovendo, e l'unica sostenibile nel lungo periodo, è la convergenza nativa.
L'Asset Management non deve essere un modulo aggiuntivo o un software di terze parti appiccicato al Service Desk: deve esserne il cuore pulsante. Ogni ticket deve nascere già "agganciato" all'asset di riferimento. Solo eliminando la barriera tra "chi chiede aiuto" e "l'oggetto che necessita aiuto" possiamo passare da una manutenzione reattiva (Fix-on-Fail) a una proattiva. Non serve un altro strumento di monitoraggio; serve che il contesto sia accessibile lì dove gli operatori lavorano ogni giorno.

Automatizzare il caos non genera efficienza

Un altro tassello fondamentale in questa discussione è che molte aziende stanno cercando di compensare la mancanza di organizzazione strutturale con l'adozione massiccia di automazione e AI. L'idea è seducente: "Se siamo lenti a risolvere i ticket, mettiamo un bot a farlo per noi".

Ma questa logica nasconde un errore di fondo. Un algoritmo, per quanto avanzato, non possiede intuizione; possiede solo dati. Se il vostro sistema di ticketing non è nativamente collegato all'inventario hardware e software, state chiedendo alla vostra AI di operare alla cieca.
Come può un sistema automatico decidere se approvare una richiesta di software, se non sa nemmeno quanta RAM ha la macchina richiedente o se la licenza è disponibile? Senza il contesto fornito dal CMDB, l'automazione diventa un amplificatore di errori: vi permette solo di sbagliare molto più velocemente.

La vera modernizzazione non parte dall'acquisto dell'ultimo chatbot sul mercato, ma dalla pulizia del dato. Prima di chiedere all'intelligenza artificiale di "risolvere", dobbiamo darle i dati giusti su cui muoversi.

L'esperienza utente come fattore di sicurezza

Infine, non sottovalutiamo il fattore umano. Perché gli utenti cercano di aggirare l'IT (creando la temuta Shadow IT)? Perché aprire un ticket è spesso frustrante.
Un portale di servizio moderno non deve chiedere all'utente "Qual è il tuo numero di serie?" o "Quale software stai usando?". Il sistema dovrebbe già saperlo.
Quando l'ITSM e l'ITAM convivono, il portale Self-Service diventa dinamico: mostra all'utente solo il software installato sulla sua macchina, propone guide specifiche per il suo hardware e pre-compila i campi tecnici. Ridurre l'attrito per l'utente finale non è solo "Customer Experience": è l'unico modo per garantire che le problematiche vengano tracciate ufficialmente anziché risolte tramite canali informali e non sicuri.

Il costo nascosto della frammentazione

Non possiamo più permetterci il lusso di gestire l'IT "a memoria" o basandoci su dati statici. La complessità delle infrastrutture moderne ha superato da tempo la capacità umana di correlare manualmente eventi e asset.
Continuare a tenere separati i processi di supporto (ITSM) dalla gestione dell'inventario (ITAM/CMDB) non è una scelta architetturale neutrale: è una decisione che rallenta l'operatività e lascia aperte porte pericolose per la sicurezza aziendale.

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