Busto Arsizio - 02 dicembre 2025, 13:33

Folla immensa a Busto per l’addio a Bruno Paneghini. Don Lolli: «La sua vita monumentale, anche se incompiuta»

Basilica di San Giovanni gremita, in moltissimi anche in piedi per salutare l'imprenditore. La cerimonia, accompagnata dalla musica, è stata officiata dal sacerdote varesino che ha letto anche il messaggio della moglie Ilenia. La voce dei dipendenti: «Per lui eravamo come figli»

La Basilica di San Giovanni Battista non è bastata a contenere l'abbraccio di Busto Arsizio a Bruno Paneghini. Questa mattina, martedì 2 dicembre, una folla imponente ha voluto dare l'ultimo saluto all'imprenditore, fondatore di Reti Spa e presidente della Fondazione ITS Incom, scomparso improvvisamente all'età di 61 anni.

La chiesa era gremita in ogni ordine di posto già molto prima dell'inizio della funzione, con decine di persone rimaste in piedi lungo le navate laterali e sul fondo, in un silenzio rispettoso e carico di emozione. A rendere ancora più toccante l'atmosfera, le note delicate dei musicisti presenti a pochi passi dal feretro, che hanno accompagnato i momenti salienti di una liturgia sobria ma profonda.

A officiare le esequie è stato monsignor Don Alberto Lolli, sacerdote varesino e rettore del Collegio Borromeo di Pavia, che proprio a San Giovanni era stato vicario parrocchiale . Tra i banchi erano presenti anche il sindaco Emanuele Antonelli e l’assessore alla Cultura Manuela Maffioli.

L'omelia: «Bruno alzava lo sguardo dove nessuno vedeva»
Durante l'omelia, Don Alberto Lolli ha offerto una riflessione profonda sulla figura di Paneghini, legando la sua visione imprenditoriale alla sua essenza umana. «Bruno alzava lo sguardo, vedeva dove nessuno sapeva» ha detto il sacerdote, sottolineando la capacità dell'imprenditore di guardare oltre il presente. «Aveva percorso il tempo, costruito non solo un'azienda tecnologica, ma anche una società impegnata nella sostenibilità. Aveva alzato lo sguardo, sapendo guardare oltre il profitto, intuendo potenzialità dove altri vedono indifferenza e sapendo trasformare vecchie mura [...] in un bellissimo laboratorio di futuro e di bellezza».

Il sacerdote ha poi utilizzato una potente metafora artistica, citando la Pietà Rondanini di Michelangelo e la Sinfonia Incompiuta di Schubert, per dare un senso alla brusca interruzione della vita dell'imprenditore: «Opere incompiute, ma bellissime. La vita di Bruno è stata monumentale come la sua passione per tutto quello che ha fatto, anche se incompiuta». E ha concluso con un invito alla speranza cristiana: «È necessario oggi, nella preghiera, avere occhi capaci di guardare dentro, di vedere che la pietra del sepolcro del dolore è già stata spostata. Vedere che Bruno è già trasfigurato, come l'arte sa trasfigurare le cose».

Il messaggio della moglie Ilenia: «Siamo sincronizzati»
Uno dei momenti di più alta commozione si è registrato durante la lettura, affidata al celebrante, del messaggio scritto dalla moglie, Ilenia. Un testo che ha sfidato la paura del tempo che scorre: «Non avere paura degli orologi. Sono il nostro tempo. Il tempo è stato così generoso con noi. Abbiamo impresso nel tempo il dolce sapore della vittoria. Abbiamo dominato il destino incontrandoci in un certo tempo e in un certo spazio». E ancora, una promessa che va oltre il distacco terreno: «Siamo un prodotto del tempo [...] Siamo sincronizzati, ora e per sempre. Ti amo».

Sempre dal pulpito sono state lette le parole dello storico dell'arte e amico Carlo Bertoni, che ha ricordato come Paneghini sapesse «raccogliere sguardi», trasformando vecchie mura industriali in «un bellissimo laboratorio di futuro e di bellezza».

I "quattrocento figli" di Reti
A prendere la parola al termine della liturgia, salendo personalmente sul pulpito, è stato Lorenzo, un dipendente dell'azienda, facendosi portavoce del dolore e della gratitudine dei collaboratori del Campus. «Sono qui a nome di tutti per salutare non solo il nostro presidente ma anche un uomo che ha trasformato ciò che siamo oggi e ha costruito qualcosa di più raro di una semplice azienda» ha esordito, con voce rotta dall'emozione, di fronte alla basilica stracolma.

Lorenzo ha ricordato come Paneghini non avesse costruito solo un'azienda tecnologica, ma un vero ecosistema culturale: «Quattrocento professionisti che oggi condividono un metodo, una cultura, un senso di appartenenza e una responsabilità comune, in un settore come quello della tecnologia dove tutto corre veloce e non sempre ci si sente parte di qualcosa che dura nel tempo. Eppure lui c’è riuscito, ha creato un luogo in cui il valore non sta solo in ciò che facciamo, ma in come insieme lo facciamo. Un luogo dove la bellezza, equilibrio, cura dei dettagli sono lì da guardare, un luogo dove bellezza e cultura si intrecciano».

Il collaboratore ha poi citato una frase che Paneghini e la moglie amavano ripetere, a testimonianza del rapporto quasi genitoriale con la loro "creatura" aziendale: «Come dicevi spesso con Ilenia: "Non abbiamo un figlio, ma abbiamo 400 ragazzi e almeno 150 nipoti". Ed ora ancora una volta eri un passo avanti. Ci lascia un vuoto, ma soprattutto un compito: portare avanti ciò che insieme abbiamo costruito».

Giovanni Ferrario

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