Politica - 29 novembre 2025, 11:23

La Lega di Varese e la carica dei 2.100 emendamenti al Bilancio: «Un grido per essere ascoltati»

Conferenza stampa sabato mattina del Carroccio varesino. Angei invoca «il ritorno alla Lega della lotta e alla Lega di governo», Bison chiede «costruzione e confronto», mentre Parravicini, Bordonaro e Bianchi denunciano un consiglio comunale «ridotto a ratificatore» e una maggioranza «cieca alle proposte»

La conferenza stampa dei consiglieri comunali della Lega di Varese

La conferenza stampa dei consiglieri comunali della Lega di Varese

La tensione politica che da settimane avvolge il dibattito politico di Varese sul bilancio comunale è stata messa nero su bianco questa mattina a Palazzo Estense, dove in sala Aldo Montoli il gruppo della Lega ha illustrato alla stampa le ragioni della loro protesta. 

Una protesta formalizzata nel deposito di oltre duemila emendamenti al Bilancio comunale, gesto che ha reso evidente la distanza ormai siderale tra maggioranza e opposizioni e che rischia di spalancare la strada a un consiglio comunale dilatato per venti sedute, se non emergerà un punto di mediazione. Una mossa di rottura che, come spiegato dai protagonisti, non rappresenta un capriccio procedurale ma la conseguenza di «un muro che dura da anni» e di ciò che l’opposizione leghista definisce l’assenza di un confronto reale.

Stefano Angei ha aperto l’incontro con un appello dal forte contenuto politico, evocando «il ritorno alla Lega della lotta e il ritorno alla Lega di governo», un doppio binario che – nelle sue parole – sintetizza la volontà di opporsi con fermezza ma anche di riaffermare un ruolo propositivo. Angei ha chiesto con decisione «più fondi alla Polizia locale e alle unità cinofile, più risorse per la Protezione civile, maggiori attenzioni ai siti Unesco, nuovi investimenti per la difesa del suolo e un contrasto più incisivo al degrado urbano». Ha poi affondato il colpo sul metodo: «Siamo arrivati a questo punto perché non c’è mai stata una vera volontà di dialogo. Non si può vivere e governare solo su promesse».

Accanto a lui, Barbara Bison ha portato lo sguardo sulla funzione stessa della politica, ricordando come la distanza tra istituzioni e cittadini – soprattutto giovani – nasca proprio dalla logica dello scontro continuo. «La politica è compartecipazione, condivisione. Se si fa muro contro muro, perché un giovane dovrebbe appassionarsi a una guerra?», ha affermato. Bison ha rivendicato il senso dei duemila emendamenti: «Sono un grido. Forte, chiaro, deciso. Un grido con cui chiediamo di essere ascoltati e coinvolti nell’amministrazione della città». Pur riconoscendo il diritto della maggioranza a decidere, ha ricordato il ruolo della minoranza: «Anche noi siamo stati eletti dai cittadini e li rappresentiamo. Anche noi abbiamo idee utili per la città». Ha elencato i suoi ambiti di lavoro – dagli anziani ai minori, dalla cura del verde al rilancio urbano – per arrivare alla proposta: «Sediamoci a un tavolo e dialoghiamo. La politica intelligente deve imparare l’arte della discussione costruttiva, anche per essere d’esempio alle future generazioni. Noi ci siamo, per parlare insieme. Ma ci siamo anche, convintamente, per affrontare venti giorni di consiglio comunale se necessario, laddove non venissimo ascoltati. Ora siamo a un bivio: o andiamo avanti con venti sedute di bilancio o troviamo un punto di confronto».

La linea comune è stata ribadita da Roberto Parravicini, che ha definito i duemila emendamenti «una risposta al muro costruito da questa amministrazione in questi anni, anche di fronte a proposte costruttive». Parravicini ha parlato apertamente di «miopia della maggioranza verso la minoranza», sottolineando come, a suo giudizio, il confronto sia stato sistematicamente evitato.

Sulla gestione delle risorse si è concentrato invece Marco Bordonaro, che ha richiamato il tema dell’efficienza amministrativa e delle occasioni mancate: «Parliamo dell’utilizzo delle risorse pubbliche. Ci sono fondi, come quelli del PNRR, che potevano essere gestiti meglio. E sulla sicurezza, i bandi non vengono effettuati da un po’». Una critica rivolta direttamente alla programmazione della giunta.

Intervento particolarmente politico quello di Matteo Bianchi, che non ha nascosto quanto la protesta rappresenti un segnale di allarme sulle dinamiche del consiglio comunale: «I duemila emendamenti non fanno piacere a nessuno, nemmeno al sottoscritto. Ma sono la testimonianza di come il consiglio sia diventato un semplice ratificatore della giunta, senza poter svolgere un dibattito utile per la città». Bianchi ha chiamato in causa il presidente del consiglio comunale: «Mi rivolgo più che al sindaco al presidente Coen: questa linea svilisce il ruolo dei consiglieri. Il peso dei vari soggetti che lavorano per il bene della città deve essere equilibrato. E questo non sta avvenendo». Ha poi chiarito che la sua scelta politica, anche in prospettiva futura, non è legata a candidature: «Rispetto alla strada che si è delineata verso il 2027, e che mi vede lontano da eventuali candidature, questo passo è fatto esclusivamente perché ci sia un dibattito proficuo in consiglio comunale».

La conferenza si è chiusa con un messaggio unitario: l’opposizione è pronta a discutere ogni punto, ma chiede un cambio di metodo, un confronto reale e non formale. Il rischio opposto, paventato da più voci, è quello di un consiglio-fiume, dove il dibattito non si trasforma in sintesi politica ma in paralisi procedurale.

Alice Mometti


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