Torna l'appuntamento con la rubrica dedicata alla storia, agli aneddoti, alle leggende e al patrimonio storico e culturale di Varese e del Varesotto in collaborazione con l'associazione La Varese Nascosta. Ogni sabato pubblichiamo un contributo per conoscere meglio il territorio che ci circonda.
Oggi La Varese Nascosta ripercorre la drammatica storia delle streghe di Venegono
Ciò che rende unica la strage di donne considerate strumenti del Maligno avvenuta a Venegono nel marzo del 1520 è che gli atti del processo, questo sì davvero diabolico, che si concluse con la condanna a morte delle donne sono gli unici, nella storia dell’inquisizione, ad essersi salvati dal rogo di documenti dei processi per stregoneria deciso nel 1788 dall’imperatore asburgico Giuseppe II, succeduto sul trono alla madre Maria Teresa.
La cartella numero 8452, finita in un archivio notarile, contiene l’intera documentazione, l’unica completa, del processo di Venegono Superiore. Il processo si svolse nel castello del conte Fioramonte Castiglioni (antica famiglia milanese che l’aveva strappato ai Pusterla grazie all’appoggio dei Visconti) e si concluse con la condanna delle donne – bruciate nel falò acceso davanti alla chiesa di Santa Maria – e con l’esilio dell’unico accusato di sesso maschile. Furono sei le donne messe a morte, mentre un’altra deceduta sotto le torture venne sepolta, dissepolta e bruciata: Margherita Fornasari (fu la prima a venire interrogata e a morire subito dopo la confessione).
Le altre streghe finite sul rogo erano sua figlia Caterina, Antonina del Cilla, Maddalena del Merlo, Majnetta Codera, Giovannina Vanoni ed Elisabetta Oleari. Il diavolo con il quale si intrattenevano si presentava con il nome “Martino”. Le aveva denunciate un altro accusato di stregoneria, Giacomo da Seregno – già bruciato a Monza sette anni prima per avere gettato fatture su animali e su un bambino.
Venegono fu soltanto uno dei tanti luoghi del territorio dove si consumarono le persecuzioni delle streghe. Trecento furono arse nel Comasco nel solo 1416, altrettante tra Lugano e Mendrisio nell’anno 1514. Il 4 agosto 1517 si scatenò su Milano una violenta tempesta: l’avevano certamente provocata, si disse, le malefiche messe al rogo quello stesso giorno a Orago e Lomazzo.
San Carlo Borromeo, il santo della Controriforma, si comportò da killer seriale; usò il pugno di ferro contro le streghe e intervenne per esigere la condanna a morte quando i tribunali esitavano. Tanto duro da provocare interventi papali e persino della stessa Inquisizione perché almeno venissero documentate le accuse e non ci si basasse solo sulle confessioni ottenute con la tortura. Nel 1568, il Borromeo pretese l’arresto, la condanna e l’esecuzione della “posseduta” luinese Domenica Scappi detta la Gioggia.
Dopo una sua visita pastorale in Val Mesolcina, seguendo le sue severe istruzioni, vennero messi a morte centocinquanta donne e uomini in odore di diavoleria.




