Con la partenza di Stefano Banfi, destinato alla Pro Sesto di Scandola (a giorni l’ufficialità), il Varese sarà riuscito a centrare un altro record dopo la retrocessione sul campo in Eccellenza di tre stagioni fa e la più lunga permanenza nei dilettanti in 115 anni di storia.
Il club biancorosso non si è accontentato e, così, tutta la squadra arrivata terza due stagioni fa è stata smontata dalla testa ai piedi - dal ds all’allenatore e all’intero undici titolare ma anche alla totalità della rosa a parte Malinverno - nonostante fosse stato toccato il punto più alto, insieme alla vittoria dei playoff a Sanremo, di questi ultimi cinque anni di Serie D.
Non solo: record chiama record.
E così il neonato Varese Football Club, in barba alla tanto decantata “varesinità”, con l’addio dell’attaccante avrà allontanato o si sarà fatto scappare tutto il gruppo dei varesini (oltre a Molinari e Vitofrancesco, anche Priola è partito, destinazione Ardor Lazzate): del vecchio gruppo rimangono i soli Malinverno e Marangon a difendere la bandiera dell'appartenenza alla città.
Se gruppo, continuità e radici nel calcio valgono sempre il 110% e fanno fare ogni volta un passo in più, come è sempre stato anche a Varese, per questa società vale l’opposto, visto che ha deciso di intraprendere una strada per ora mai imboccata, chissà perché, da nessuno.
Dulcis in fundo, da settimane siamo di fronte all’unica società dilettantistica - scordiamoci i professionisti, ormai una chimera anche se per un club come il Varese dovrebbero essere la regola, e se non si ha la forza economica per arrivarci basta dirlo e fare un passo indietro - a non aver ufficializzato neppure con un minuscolo post social né una partenza - almeno il capitano, dai... - né un nuovo arrivo.
Si dice che gli acquisti saranno comunicati in massa e che la nuova squadra è già fatta (chissà seguendo quali regole) ma, evidentemente, da queste parti la comunicazione nei confronti della piazza e dei tifosi, filo diretto con il cuore pulsante di una società e di una storia, è l’ultimissimo dei problemi. Di sicuro è un altro record, ça va sans dire.
Per ultimo, ma è la prima cosa, un saluto a chi ha indossato questa maglia non per fare semplicemente il suo lavoro, ma perché rappresentava qualcosa di molto più caro per sé e per la sua famiglia: grazie, Stefano Banfi (hai 24 anni, il futuro è tutto tuo). Non cambiare mai. Averne di uomini e giocatori come te (e anche, giusto per essere chiari, come Molinari).




