“Pe' fa la vita meno amara, Me so' comprato ‘sta chitara…” (Nino Manfredi).
Per fare una stagione meno amara, la “coppetta” è servita eccome alla Pallacanestro Varese. E va scritto ora, ora che l’avventura è finita per certi versi sul più bello ma per altri anche ben oltre le aspettative.
Nessuno, a ottobre, con i chiari di luna che hanno partorito l’incipit della maratona stagionale, si sarebbe aspettato di arrivare fino alle semifinale, anzi fino a 3 minuti da una finale poi “buttata via” da un mix di leggerezza (e stavolta stiamo pensando alla mente, non ai fisici) e di immaturità, ma anche e soprattutto di bravura degli avversari. Il dubbio serpeggiante all’inizio, ovvero che l’avventura infrasettimanale avrebbe tolto risorse per il campionato a un roster troppo poco attrezzato, si sono dissipati strada facendo: Varese non ha mai perso in Serie A per colpa della stanchezza accumulata in settimana, ma sempre e solo per i suoi limiti strutturali e per le sue prestazioni.
La Fiba, a scriverla tutta, ha in realtà aggiunto. Ha aggiunto esperienza a un gruppo quasi totalmente sprovvisto di background europeo. È stata poi un terreno da battaglia di livello adeguato all’Itelyum, quasi sempre più semplice rispetto alle gare interne: le vittorie allora non sono mancate, la strada consumata dalle scarpe biancorosse neppure, e così si è fatto il pieno di morale, fino a sfiorare un sogno che se ti chiami Varese non è mai banale, nemmeno se applicato al quarto torneo continentale in ordine di importanza.
Il sogno di una finale.
Cui accede il Bahcesehir, con il vero merito, sugli 80 minuti, non di aver succhiato le ruote varesine all’andata, o di aver provato a scappare - senza riuscirci - al ritorno, ma di aver ribaltato con una veemenza senza diritto di replica il momento tecnico e psicologico più favorevole alla squadra di coach B. Dal +2 a cinque minuti dal termine, cima Coppi di una bella e stoica rimonta, al -7 di tre minuti dopo c’è stata - come si scriveva poc’anzi - una buona quantità di frivolezza biancorossa (un passaggio sbagliatissimo di Mannion, un rimbalzo d’attacco lasciato sanguinare in una bomba e un’indecisione difensiva sull’entrata di Taylor), ma anche un 3/3 da 3 consecutivo scritto in modo perentorio dai padroni di casa, che da lì in poi non si sono più girati.
Fatto salvo quanto appena scritto, pur non giocando bene, Varese è stata ancora una volta, come contro Brescia, adeguata a livello mentale, non mollando mai la presa in un match complicato soprattutto dal punto di vista psicologico. È, questa tenuta mentale acquisita, forse uno dei progressi più fragranti della squadra nel corso dei mesi? C’è solo un modo per provarlo ora: salvarsi.
Evviva la Coppa, in ogni caso, altrimenti avremmo quasi solo e sempre pianto quest’anno.
Evviva la Coppa, una dose, seppur contenuta, di "oppio" per un popolo biancorosso che ora non desidera altro che questa stagione finisca, possibilmente senza tragedie. Una stagione, a consuntivo, decisamente negativa sul campo, al netto di qualche bel mercoledì sera.