Abbiamo chiesto al nostro Stefano Battara di raccontarci i suoi momenti molto personali in cui sono racchiusi l'amore e la passione per i Mastini. Ecco il suo racconto.
Partii per le final four di Coppa Italia del gennaio 2020 a Merano per accompagnare due amici che dovevano seguirle per lavoro e non sapevo quasi nulla di questo sport. Mi dissi: perché no? In fondo per me era una gita enogastronomica, anche se non proprio fuori porta, con una partita da vedere. Beh... ne rimasi folgorato e mi si aprì un nuovo mondo.
Di sport ne ho visto tanto a Varese tra basket e calcio, nulla del genere però. Mi piacque così tanto che oggi parlo con i giocatori, ho i loro contatti, se capita ci bevo assieme una birra, a volte mi dedicano un gol ma è pure accaduto che qualcuno di loro vivesse a casa mia.
L’hockey è uno sport a sé. Nulla a che vedere con il calcio fatto di primedonne inavvicinabili o con la puzza sotto il naso, né con il basket di stranieri spesso lontani anni luce dalla capacità di entrare in sintonia con le nostre abitudini e la nostra quotidianità.
L’hockey è fatto di ragazzi e uomini come la maggior parte di noi, umili e disponibili, che vanno a lavorare tutti i giorni e sanno bene cosa vuol dire fare i sacrifici, uomini veri con i quali confrontarsi su tutto, magari anche a muso duro dopo aver bevuto qualche birretta, ma leali e schietti che non conoscono parole come convenienza, opportunismo o tradimento. Uomini che morirebbero per qualunque loro compagno di squadra, sul ghiaccio come nella vita, e riconoscenti nei confronti dei tifosi come in nessun altro sport.
Con loro possiamo permetterci di non essere pettinati e composti, con loro ho mangiato pizze tagliate con le mani al freddo di notte fuori dal palaghiaccio di Como bevendo la “benzina” di Juri, con loro sono felice.
Questi sono ormai i miei Mastini e guai a chi osa toccarmeli.
Cambieranno i giocatori e e i dirigenti ma i Mastini saranno per sempre.
Ps - 1: proprio dopo la sconfitta di Merano, quando arrivammo a 1 millimetro dall'impresa di Davide contro Golia, capii che quella squadra e quei colori ci avrebbero dato un futuro di enormi soddisfazioni. Nel dopo gara ricordo chiaramente l’orgoglio di chi aveva dato tutto e non aveva vinto: è in quell’occasione che nacque la consapevolezza di ciò che siamo oggi, di chi si è andato a prendere campionato e Coppa Italia contro ogni pronostico e sogna di farlo ancora.
Ps - 2: ricordo con affetto ed emozione l’abbraccio di Andrea Vanetti in lacrime al suo papà al quale ripeteva come un disco rotto: "Ce l’ho fatta papà, te l’avevo promesso tanti anni fa che avrei riportato la Coppa a Varese e l’ho fatto da capitano". Momenti indimenticabili. Come quello vissuto nello spogliatoio, dove ho avuto l’onore di bere birra dalla coppa appena vinta passatami da Raimondi, Piroso, Schina e dagli altri che mi dicevano: “C...o, sei sempre in mezzo… adesso bevi con noi”. Ora vorrei solo bere ancora con voi da quella Coppa, ragazzi.





