La paura del "venerdì 17", soprattutto negli ultimi anni e grazie anche alla cultura popolare, è entrata prepotentemente nell'immaginario comune, anche di chi si professa scettico impenitente.
Ma da dove arriva questo timore, questa superstizione esistente per lo più nei paesi di origine greco-latina, e particolarmente in Italia?
La storia della "eptacaidecafobia" (ovvero, appunto, la fobia del numero 17) ha radici molto antiche, che affondano in quel calderone di credenze mistico-scientifiche che è stata la cultura pitagorica; i seguaci del grande matematico, infatti, consideravano "malvagio" il numero 17 in quanto si trovava tra il 16 e il 18, entrambi numericamente perfetti in quanto espressione del "quattro volte quattro" e del "tre volte sei".
I Romani, incorporando la cultura classica nel corso della propria espansione, non si sono fatti mancare di continuare ad aborrire il 17, indicato nella loro numerazione come "XVII", anagramma di quel "VIXI" ("vissi") che stava scolpito sulle loro tombe.
E' interessante ricordare anche, poi, come persino la cultura Cristiana dia al 17 un taglio particolarmente infausto: si tratta infatti non solo della data della morte di Gesù, ma anche (si dice) di quella dell'inizio del Diluvio Universale.
Dita incrociate fino a mezzanotte, quindi.
Oppure no: si sta parlando di leggende, miti, credenze per lo più dimenticate, nulla che incida ancora sulla nostra vita di uomini e donne del XXI° secolo, sicuramente più analitica e meno "boccalona".
Si raccomanda però di continuare a ripeterlo, soprattutto se si sta cercando la fila 17 su uno dei nostri aerei "di bandiera".