Basket - 27 novembre 2022, 13:02

«Siamo tutti roburini». I primi 120 vent'anni di chi ha costruito lo sport e i giovani di Varese

Compleanno speciale festeggiato nell'oratorio di San Vittore: la Robur et Fides ha fatto la storia di questa città. A omaggiarla i ragazzi di ieri e di oggi, i grandi campioni come Aldo Ossola e un libro, che ne ripercorre l'epopea

«Siamo tutti roburini». I primi 120 vent'anni di chi ha costruito lo sport e i giovani di Varese

Tanti auguri Robur et Fides.

Ragazzi di oggi e ragazzi di una volta si sono riuniti questa mattina all’oratorio di San Vittore, dove tutto è iniziato e a lungo è proseguito, per festeggiare il compleanno speciale di un sodalizio sportivo che ha fatto la storia di una città.

«Siamo tutti roburini - ha detto il sindaco di Varese Davide Galimberti - Difficile che non ci sia qualcuno in questa città che non abbia giocato o accompagnato qualcuno in questa società. La Robur ha accompagnato il cambiamento di Varese, non smettendo mai di trasmettere i propri valori».

Una parola chiave, valori, per definire lo “spirito roburino”, diventato definizione di un qualcosa che va oltre lo sport: «Siete sempre stati comunità educante» hanno ricordato monsignor Luigi Panighetti e il governatore della Lombardia Attilio Fontana, «in un mondo in cui serve responsabilità verso i giovani, che corrono un rischio sempre più concreto di perdere la strada».

Già: quante vite, invece, hanno trovato la strada tra San Vittore e via Marzorati. E quanta storia da raccontare: ci hanno provato - moderati dal giornalista varesino Roberto Pacchetti - diversi personaggi protagonisti dell’epopea come Aldo Ossola, il mitico Cesare Corti, coach Guido Saibene (nipote di Gianni Asti), Marco Allegretti, Manuel Ghiringhelli.

Gustosissimi gli aneddoti focalizzati sul basket, “arrivato” nel 1952: «E negli anni '60 eravamo già protagonisti del basket nazionale, avendo avuto la fortuna di ospitare l’eccellenza, come i fratelli Ossola, i Rodà, i Gergati, Dino Meneghin» ha snocciolato la memoria storica di Corti.

«Che belle le trasferte con Dante Trombetta - ha invece rammentato Ossola - A Valenza, quando si giocava sotto la pioggia all’aperto, oppure a Bologna, contro il Gira: ne prendemmo trenta, ma solo perché Dante, ci aveva portato prima della partita a mangiare Tortellini e Zampone al Fini. "Mangiate Fioeu" ci diceva».

«Essere roburino ha sempre significato imparare a comunicare e a stare con gli altri. Oggi gioiamo nel vedere i frutti di ciò che è stato seminato - ha dichiarato Don Alessio Albertini, assistente spirituale nazionale CSI -  Lo sport insegna che c’è posto per tutti e che ogni vita vale. I giovani hanno bisogno di avere qualcuno accanto che sappia prendersi cura di loro ed è quello che fa la Robur».

Il 120esimo compleanno è valso anche l’occasione per presentare il libro “Varese Robur et Fides: Una storia da non dimenticare”, scritto dal dottor Giulio Corgatelli, medico ed ex atleta: una “bibbia” fatta di scrupolosa ricerca, di materiale d’archivio e ritagli di giornale che ripercorre i giorni di chi - come pochi altri - ha “costruito” Varese e la sua gente.

«Noi significhiamo qualcosa - ha detto commosso il presidente Tommaso TrombettaGrazie per chi ci ha fatto arrivare fino a oggi, ai collaboratori, agli allenatori, agli istruttori, agli accompagnatori e a chiunque si applica nel più autentico spirito Robur. Vogliamo creare uomini che abbiano uno spirito con la S maiuscola. Forza Robur e forza Fides». 

F. Gan.


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