Cultura - 17 maggio 2022, 07:00

La peste, quando Busto si seppe rialzare. Come può fare con il Covid

FOTO. La mostra alla biblioteca capitolare racconta le prove inferte dall'epidemia, l'umanità ferita eppure che non sembra cambiare. La storia maestra in un tesoro all'ombra della basilica, che sempre si dovrebbe voler esplorare

Il professor Bertolli illustra la mostra - foto per cortesia della vicesindaco Maffioli

Il professor Bertolli illustra la mostra - foto per cortesia della vicesindaco Maffioli

Quando il Covid infierì sul nostro Paese, sul nostro territorio, Busto Arsizio invocò la Madonna dell'Aiuto. Un virus, che rimandava la memoria indietro di secoli a quando la popolazione era stata duramente provata dalla peste e ad alzare la mano per fermarla - racconta la leggenda, la fede, entrambe - fu lei, la Mamma dei bustocchi. Sono corsi e ricorsi, la malattia che semina morte e disperazione, ma anche le reazioni di una comunità che cercò di organizzarsi di fronte a un nemico devastante oltre che a trovare conforto nella fede appunto. Il percorso di documenti alla Biblioteca capitolare racconta proprio questo, attraverso documenti vari e preziosi, come le lettere autografe di Federico e Carlo Borromeo, ha ricordato la vicesindaco Manuela Maffioli.

Ripassa ciò che si pensa magari di sapere, ma che ha sempre qualche elemento in grado di sorprendere oppure di destare ricordi assopiti. La mostra è organizzata dall’Associazione Amici della Biblioteca Capitolare in collaborazione con il Comune di Busto Arsizio – assessorato alla cultura, identità e sviluppo economico – e il Tavolo Letteratura all'interno del BA Book e in via Don Minzoni sarà visitabile fino al 22, nei giorni di martedì, mercoledì, venerdì dalle 15 alle 18. Avrà anche un cappello, però, che è la conferenza proprio di domenica 22 alle ore 20.45 -  “Immagini della peste” - a cura di Jacopo Stoppa e dell'Associazione Amici della Biblioteca Capitolare in sala Monaco. alla biblioteca comunale Roggia. Si prenota QUI.   

La peste si presenta come un'epidemia, a differenza del Covid, che è pandemia a causa delle sue dimensioni mondiali. La mostra alla Capitolare viaggia lontano, nel pianeta e nel tempo, prende il via dall'Egitto all'epoca di Mosè, si nutre di parole e immagini. Poi si sposta in Italia, nel primo millennio, quindi avanza in quello successivo. Ecco la peste nel Ducato di Milano, ricordata anche dallo storico bustese Pietro Castoldi,  entra nella vita delle persone e nel congedo da essa come con il testamento di Donato Crespi Paronino nel 1486. La si ritrova, nel 1524, con altri testamenti ancora, e nel 1576, la cosiddetta "peste di San Carlo", perché allora c'era il Borromeo a prodigarsi per la sua povera comunità: pare risparmiasse Busto, ma era soltanto una tregua. Una decina di anni dopo, tra «nebbie fitte... predominio di umidità e calura soffocante» si fanno strada «febbri ardenti».

Ma avanza, ancora, il male e si arriva al 1630, «anno della peste quasi universale, si dice nella nota del prevosto Giovanni Antonio Armiraglio. «Dal mese di aprile 1630 sino alli 6 del mese di genaro 1631 non fu battezzata creatura alcuna alla chiesa per il pericolo della pestilenza». Affiorano alla mente le restrizioni, anche sulle cerimonie, del marzo 2020 e quei corsi e ricorsi si avvertano come una fitta.

Anche per la conclusione del prevosto: nonostante il soffrire, nonostante quelle prove terribili, gli uomini «non si emendano». È ciò che proviamo anche dopo l'era Covid, pur essendoci ancora dentro, quell'atmosfera tutt'altro che di miglioramento, dimostrata dalla guerra in corso ma anche dalla conflittualità nelle piccole cose quotidiane. 

Sono scritti, sono anche testimonianze pittoriche come quelle del Museo di arte sacra di San Michele. Lì vediamo anche il lazzaretto, la cura e la resa di fronte al morbo. Busto decimata, proverà a rialzarsi. Come farà anche nel nuovo millennio. 

Ma oltre al percorso in sé resta una consapevolezza: la ricchezza della Capitolare, dove ciascuno può scoprire qualcosa della sua città o di sé, spesso di entrambi. Un tesoro silenzioso, all'ombra della basilica, che invita a esplorare altre tracce della storia per trovare la direzione verso il futuro. Non andrà tutto bene, come evocavano i cartelli sui balconi del marzo 2020, ma non è tutto perduto.

Marilena Lualdi

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