È stato Paolo Del Debbio il protagonista del primo incontro dell’Officina delle idee 2.0, l'associazione politico-culturale promossa a Busto Arsizio dall'ex sindaco Gigi Farioli (leggi qui).
Il noto giornalista e conduttore televisivo ha presentato nella sala conferenze del Museo del Tessile il suo nuovo libro “Le 10 cose che ho imparato dalla vita”.
«Una persona vera che ho avuto la fortuna di conoscere nel ‘94, apprezzandone la grandezza ma anche la semplicità - lo ha introdotto Farioli -. Il suo libro non è una biografia né un romanzo né un saggio, ma un viaggio, un percorso. Il racconto della vita di un uomo vero».
Stimolato dalle domande del suo collaboratore e giornalista Andrea Aliverti, Del Debbio ha toccato alcuni temi affrontati nella pubblicazione, a cominciare dalla sua genesi. «L’editore – ha raccontato – mi ha chiesto un libro; così ho pensato a che cosa avevo imparato dalla vita e mi sono venute in mente dieci cose. Si tratta di incontri, scelte personali, situazioni famigliari o legate all’insegnamento universitario e all’esperienza con i ragazzi autistici».
Il libro raccoglie quello che l’autore ha pensato su tutto quanto gli è accaduto in 63 anni di vita. «Quello che non ho mai smesso di fare – ha spiegato infatti Del Debbio – è “pensarci su”». Una “forma mentis” che deriva dal periodo trascorso in seminario tra i 16 e i 18 anni: «Ho incontrato sacerdoti molto in gamba che mi hanno insegnato a meditare tutti i santi giorni. Ancora oggi non riesco a concludere una giornata senza riflettere su qualcosa».
Del Debbio racconta anche la deportazione del papà Velio. «È la parte più difficile del libro. Mio padre venne prelevato in Grecia l’8 settembre del 1943 e fu portato nel campo di concentramento e smistamento di Buchenwald». Lì, in maniera miracolosa, finì nella stessa baracca del suo caro amico e vicino di casa a Lucca Alfio.
«Che cosa ho imparato da questa vicenda? Che uno può essere piegato nel corpo e nell’anima, ma non nella dignità». Velio e Alfio arrivarono a pesare 40 chili, ma insieme decisero di lavarsi e farsi la barba ogni mattina, con temperatura glaciali e usando un frammento di specchio. «“Fatevi togliere tutto, ma che nessuno vi privi della dignità” è il monito che ho fatto mio».
Nelle “10 cose” ci sono anche pagine più leggere, come il capitolo dedicato ai personaggi del bar. «Se in tv ho la battuta pronta, lo devo al bar, con i suoi scherzi e i suoi riti di iniziazione. E lo stesso vale per la capacità di spiegare qualsiasi argomento in modo tale che lo capiscano tutti. Il bar è stato una grande scuola della mia vita, insieme alla famiglia e al percorso di studi».
Parlando del lavoro in televisione, il conduttore di Dritto e Rovescio su Rete 4 ha ricevuto gli applausi del pubblico quando ha detto che «servirebbe un patentino per chi fa politica. Un parlamentare ha il dovere di conoscere il congiuntivo e le cose di cui parla. Oggi, spesso, questo non avviene. E non è vero che è sempre stato così».
Il giornalista non ha nascosto che i suoi viaggi tra il malcontento nelle periferie in passato abbiano infastidito il mondo politico, compresa Forza Italia, partito di cui scrisse il programma nel ’93. «Venni anche chiamato dal Cavaliere. Quando gli rivelai quanto la mia trasmissione raccoglieva con la pubblicità, mi disse di fare come mi pare», ha ricordato sorridendo Del Debbio.





