Il padre del romanticismo francese, Victor Hugo, diceva «Fissa il tuo cane negli occhi e prova ancora a sostenere che gli animali non hanno un'anima» e non è un caso che la Disney abbia sempre dedicato molta attenzione al legame speciale tra l’uomo e gli animali, in particolare ai fedeli “domestici” compagni di vita, siamo essi cani o gatti, con i quali noi umani instauriamo un rapporto sincero e incondizionato. E chi possiede un compagno pelosetto che si aggira per casa, almeno una volta, si è chiesto cosa succede tra le mura del proprio appartamento quando loro sono in ufficio o escono per una passeggiata. Ma c’è anche chi non nutre lo stesso sentimento per questi amici a quattro zampe, soprattutto se vivono in un condominio: in tali casi in che modo verrà gestita la convivenza?
Ed è proprio questo il quesito posto da un lettore:
Vivo da solo in un super condominio e convivo stabilmente con Osvaldo, un micetto il cui amore incondizionato durante il lungo periodo di lockdown mi ha aiutato ad affrontare la solitudine e lo stress e la sua energia positiva ha sopperito all’isolamento e alla lontananza dagli affetti con una buona carica di buon umore. Eppure due miei vicini hanno segnalato all’amministratore che Osvaldo è rumoroso e che il pianerottolo è invaso da un olezzo forte e penetrante. Come posso difendermi da ingiuste “accuse” ma soprattutto c’è una normativa che tuteli me e il mio gattino?
Purtroppo, caro lettore, non tutti hanno la sua stessa passione e chiunque abbia un animale domestico conosce perfettamente le difficoltà nel gestire la sua presenza in appartamento, in particolar modo in alcuni contesti condominiali in cui non tutti sono ben disposti ad accoglierli. Nel corso degli anni si sono susseguite dispute e battaglie legali, delle vere e proprie guerriglie tra condomini, ma il legislatore con l’art. 16 della L. 220/2012 ha introdotto nuove regole e normative che aiutano la convivenza in armonia e tranquillità. La norma dispone che il regolamento condominiale non può vietare il possesso e la presenza di animali domestici e di compagnia all’interno dell’abitazione, norma che, ex art.1138 cc. 5°co. non può essere aggirata dai condomini nemmeno all’unanimità. Con la Legge Brambilla, poi, è stato riconosciuto all’animale domestico la qualifica di "essere senziente" e in quanto tale è condomino.
E se in condominio si ha la presenza di colonie feline?
L’art. 1102 cc. 1°co., dispone che ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri condomini di farne parimenti uso. Laddove questa “scomoda” presenza felina dovesse arrecare disturbo o danno alla vita dei condomini, l’assemblea o lo stesso amministratore potranno intervenire con apposite norme che tutelino sia gli interessi degli animali sia quelli della salute e dell’ordine della vita condominiale. Diversamente, è possibile chiedere l’intervento del Sindaco il quale valuterà l’opportunità o meno di emanare provvedimenti specifici, provvedimenti impugnabili dinanzi al Tar competente territorialmente.
E in caso di danni, chi è ritenuto responsabile? Occorre un distinguo tra gatti domestici e quelli randagi, sebbene la responsabilità ricada nel primo caso sui padroni, nel secondo caso da coloro che se prendono cura naturalmente deve essere provato il nesso causale tra danno e comportamento del felino. Precisando, altresì, l’obbligo del risarcimento danno da fatto illecito è previsto dall’art. 2043 cc. secondo cui qualunque fatto doloso o colposo che cagioni ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.
Vi è di più, ai sensi e per gli effetti dell’art. 844 cc. i condomini-proprietari devono adottare tutte le misure necessarie per garantire che il loro animale non crei problemi, ad esempio di tipo igienico o per la quiete e la sicurezza degli altri condomini e di altri animali.
Addirittura il gatto che riesce a sgattaiolare potrebbe essere considerato uno stalker di condominio: sembra impossibile, ma una sentenza piuttosto recente della Corte di Cassazione ha stabilito che una donna, continuando a lasciare uscire i suoi gatti nonostante le ripetute lamentele della vicina, ha commesso il reato di «stalking condominiale» (Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza n. 25097/2019).
I gatti, privi di controllo, erano soliti sporcare e comportarsi in un modo che recava grande disagio alla condomina dirimpettaia. I giudici hanno appurato che la proprietaria aveva “volontariamente continuato a liberare i gatti nelle parti comuni dell’edificio, nella evidente consapevolezza delle conseguenze sul piano igienico che ciò comportava e della molestia che in tal modo arrecava alla propria vicina di casa”. Hanno, quindi, confermato il reato di atti persecutori, appunto perché era stata esclusa la semplice incuria nella custodia. E’ questo un caso limite, ma dimostra quanto sia necessario rispettare sia la natura degli animali sia la tranquillità delle altre persone.
E della presenza, quindi, di una "gattara" all’interno di una compagine condominiale ne vogliamo parlare? L’accudimento della colonia è considerato legittimo, così come lo è la collocazione di piccoli ricoveri in uno spazio comune del condominio, sempre nel rispetto delle norme igieniche e del decoro dell’ambiente. In conclusione, in caso di colonie feline, i gatti non possono essere allontanati se non per motivi legati alla loro stessa incolumità o per gravi motivazioni sanitarie, in ipotesi la decisione spetta al Comune, d’intesa con il servizio veterinario pubblico competente.
Quindi la libertà dei gatti va rispettata e tutelata ma nel rispetto della salute pubblica.
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Il condominio è il luogo in cui spesso il bisticcio e lo screzio possono rendere la convivenza insopportabile, eppure basterebbe far prevalere il buonsenso. Il buon gusto contribuirebbe a salvaguardare i rapporti di vicinato e ad evitare comportamenti che possano turbare la tranquillità e la quiete dei vicini, salvaguardando la condivisione della proprietà di beni comuni.
Questo articolo nasce da un progetto federativo il cui intento è offrire un servizio alle realtà condominiali locali. Andrea Leta, direttore della Camera Condominiale di Varese, aderente all’Unione Nazionale Camere Condominiali, in persona del Presidente Avv. Michele Zuppardi, ha intrapreso la collaborazione con il quotidiano online VareseNoi.it per offrire agli utenti nozioni e soluzioni alle molteplici questioni condominiali e sui diritti dei condomini. Ogni articolo tratta un argomento suggerito dai lettori/condomini, che rappresenti situazioni reali in essere nel proprio condominio e le eventuali possibili soluzioni con accenni alle normative in materia. Forte del fatto che con la riforma del 2012 si ha avuto un sonoro segnale di svolta riconoscendo un giusto “potere ai condomini” e chiarendo i compiti e gli adempimenti a carico della figura professionale dell’amministratore.
IL PROGETTO “L’ESPERTO RISPONDE” A CURA DI CAMERA CONDOMINIALE VARESE
“La cultura è alla base della società, rendendoci indipendenti, liberi e spingendoci al ragionamento ad avere buon senso”. E in questo contesto di Welfare State, inteso come sistema sociale diretto a garantire la sicurezza e il benessere dei cittadini, che si inserisce il percorso intrapreso dalla Camera Condominiale di Varese, in persona del direttore generale Andrea Leta.
Una visione futuristica “de la compropriété”, come direbbero i cugini d’Oltralpe, quella della Camera Condominiale locale. Visione favorevolmente accolta anche dall’Unione Nazionale Camere Condominiali, presieduta dall’avvocato Michele Zuppardi, il cui fine è promuovere la ricerca, lo studio e la formazione di base e permanente nel campo del diritto, della tecnica, dell’amministrazione e più in generale della gestione del condominio e diffonderne risultati e di altre attività indicate nello Statuto.
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