Ex olimpionica, chirurgo, artista, ma anche mamma e, soprattutto, donna: questa è Emanuela Carnini.
Protagonista del terzo appuntamento di Donne, impresa e territorio, rubrica dedicata all’imprenditoria al femminile realizzata in collaborazione con AIME Donna, propone il suo punto di vista in merito al valore che una donna porta alla società.
Una passione scoperta per gioco
Era il 2005 quando Emanuela Carnini usciva dall’Università degli Studi dell’Insubria, a Varese, come specialista in Chirurgia Cardiovascolare. Oggi, dopo sedici anni, lavora nell’equipe di Castellanza, dove ha una sala operatoria dedicata alla cura innovativa e non invasiva delle vene, oltre che in vari ambulatori nel Varesotto, tra Vedano, Varese, Brebbia, Gallarate, Busto Arsizio.
Un lavoro che richiede impegno, coraggio e tanto amore, ma anche tante difficoltà. Una tra tutte la pandemia, che ha fatto emergere aspetti del nostro carattere che non ci saremmo mai immaginati.
«Durante il primo lockdown, ho avuto possibilità di fermarmi, sono una mamma sola con due bambini piccoli, sono rientrata in contatto con loro, con il loro mondo e i loro colori, è emersa la mia vena artistica. Ho iniziato a dipingere e, in pochi mesi, ho organizzato la mia prima personale, con il supporto di AIME Donna come partner», racconta Emanuela, che ha voluto destinare i ricavati di questa mostra a due associazioni di Busto, E.VA Onlus, riferimento per tutte le donne vittime di violenza, e Aias Onlus, centro per la riabilitazione di bambini con patologie quali autismo e dislessia.
Le rose di Emanuela
Un fil rouge accomuna le opere di Emanuela: le rose, in varie forme e vari colori.
Con più di duecento opere realizzate, di cui cinque ammesse a premi internazionali, a New York, Budapest, Parigi, Roma e Firenze, e sei in pubblicazione sull’Annuario Mondadori degli Artisti 2021, accompagnate da una critica di Vittorio Sgarbi, l’artista varesina spiega la sua pittura e la sua visione: «Credo che ogni catastrofe possa trasformarsi in bellezza, se uno trova le risorse dentro di sé, poi diventa dono per aiutare gli altri. Mi sono avvicinata al mondo della pittura quasi per gioco, disegnando e colorando il cartellone “Andrà tutto bene” con i miei bambini, poi ho riscoperto una forza dentro di me che non pensavo di avere. Le mie opere piacciono perché sono un inno alla bellezza, alla donna, alla rinascita».
Una forza che accompagna Emanuela da sempre, da quando, nel 1996, ha partecipato alle Olimpiadi di Atlanta come sincronette (atleta di nuovo sincronizzato), guidata dalla stessa passione, lo stesso impegno, la stessa energia che, oggi, emergono nel suo lavoro di medico e nella sua attività di artista.
Dopo quasi un anno di lavoro, Emanuela si sofferma sull’importanza che ha avuto per lei la pittura come momento di “distacco” dalle sofferenze e dalle difficoltà del quotidiano: «La mia arte è nata durante la notte, di giorno lavoravo con tutte le preoccupazioni date dal Covid, tornavo a casa e avevo i bambini da accudire da sola, anche oro avevano le loro paure, si facevano le loro domande. Nel silenzio della notte, attraverso la pittura ho trasformato i momenti di solitudine, di dolore in un’esperienza meravigliosa, sono riuscita a entrare nella mia anima, le mie mani sono diventate uno strumento per creare qualcosa di bello che mi potesse far risorgere e di fare del bene, come medico e come artista».
Ogni pennellata dell’artista varesina è un atto d’amore, soprattutto per lo scopo benefico che le sue opere hanno: «Mi hanno chiesto di realizzare altri quadri da mettere all’asta, il ricavato sarà devoluto per aiutare lo smaltimento plastico nei fondali marini e per piantare alberi in Etiopia. Per questo, ho dipinto le mie rose su un fondale marino, ho usato il blu, il turchese, l’acqua marina».
Ogni prova ci rende più forti
Emanuela è un medico, ogni giorno si confronta con una realtà che, più di altre, non era pronta all’avvento delle donne. «Le difficoltà esistono, ma se crediamo nei nostri ideali, ogni giorno lavoriamo con amore i risultati arrivano. Non dimentichiamoci che noi siamo perseveranti, multidisciplinari, riusciamo a incastrare tutto alla perfezione. Anche se, in apparenza, siamo fragili, abbiamo dentro tanta forza, guardiamo sempre al futuro. Non abbiamo paura di far emergere le nostre emozioni, siamo empatiche».
E proprio Empatia è il titolo di uno tra i quadri che Sgarbi ha criticato in modo positivo, un’opera in cui i petali si fondono l’uno con l’alto, dal bianco passano al viola, alle tante sfumature di rosa, libere, come la mano di Emanuela, «quando dipingo entro nella tela, mi immergo, la mano va da sola. Avevo bisogno di un luogo in cui rifugiarmi alla fine della giornata, soprattutto quest’anno, ogni donna nella vita attraversa tante esperienze, commette anche errori, ma acquista consapevolezza e responsabilità per essere pronta a qualsiasi situazione».
L’obiettivo di Emanuela, guardando all’anno appena iniziato, è riuscire a conciliare i suoi due lavori e non perdere mai quell’entusiasmo che l’ha accompagnata fino a questo momento, anzi, andare avanti con la speranza di ottenere risultati migliori ogni giorno.
Il suo ultimo messaggio e invito è per le giovani donne che si stanno avvicinando al mondo del lavoro, agli ostacoli (ma anche alle soddisfazioni) che incontreranno nel loro cammino: «Credere nei propri obiettivi, perseverare ogni giorno, ogni prova si trasforma in bellezza, l’amore ti salva».