Varese - 08 maggio 2024, 18:27

L'arte svelata nel Palazzo della Questura di Varese diventa un libro

Un volume, curato da Serena Contini e dall'assessore alla Cultura di Varese Enzo Laforgia, offre un ampio repertorio di contributi sulla genesi, la funzione, le scelte stilistiche e architettoniche dell'ex Palazzo Littorio di Varese, sede della Questura. La presentazione sarà venerdì alle 18 in sala Montanari

L'arte svelata nel Palazzo della Questura di Varese diventa un libro

La mostra L'arte svelata nel Palazzo della Questura di Varese, tenutasi dall'11 novembre 2022 all'11 giugno 2023, a cura di Serena Contini, presso quello che fu il Palazzo Littorio di Varese, ora attuale sede della Questura, ha permesso di riscoprire l'edificio caratterizzato dall’ architettura di Mario Loreti, dall'arte decorativa di Guido Andlovitz e dall’estro pittorico  di Giuseppe Montanari, grazie alla valorizzazione dei documenti tratti da vari Archivi, in particolar modo dall'Archivio Montanari e dall’Archivio Loreti e ad una lunga e attenta ricerca nei diversi ambiti disciplinari. 

A coronamento di tale progetto scientifico e del successo di pubblico e critica che ne è seguito, si rende ora disponibile, in un volume curato da Serena Contini e dall'Assessore alla Cultura di Varese Enzo Laforgia, un ampio repertorio di contributi che si propongono come un primo approfondimento sulla genesi, la funzione, le scelte stilistiche e architettoniche e la retorica figurativa e spaziale dell'edificio. 

Enzo Laforgia ha ricostruito le tappe che portarono alla nascita della nuova unità amministrativa varesina e le ricadute che questo avvenimento ebbe sulla trasformazione urbanistica della città, mentre Luca Traini ha voluto delineare profilo e funzioni della Casa del Fascio quale nuova tipologia architettonica, disseminata un po’ dappertutto nell’Italia fascista.

Roberto Nessi ha preso in esame la realizzazione dell’edificio varesino, svelando le ragioni tecniche e stilistiche, che furono alla base delle scelte strutturali ed estetiche dell’architetto Mario Loreti. Serena Contini, invece, ha raccontato l’arte del pittore Giuseppe Montanari a partire dagli esordi, soffermandosi sulla sua variegata produzione ad affresco negli anni Trenta e Quaranta.

Maria Partola ha vagliato la produzione artistica di Montanari influenzata dalle esigenze encomiastiche del momento storico, mentre Anna Pariani ha evidenziato la funzione celebrativa del Sacrario analizzando le decorazioni e i motti presenti. A ciò si aggiunge Enrico Brugnoni, che ha esaminato dal punto di vista tecnico le ceramiche create dal designer Guido Andloviz, che decorano questo stesso ambiente.

Rossella Bernasconi ha descritto il processo di restauro dei due affreschi di Montanari collocati nella Sala delle Adunanze, ora Sala mensa della Questura, mentre Giorgio Fedeli ha infine curato il profilo biografico ed artistico di Giuseppe Montanari, che molte tracce ha lasciato a Varese, sua città di elezione.

La presentazione del volume, prevista per venerdì 10 maggio alle 18 in sala Montanari a in via dei Bersaglieri a Varese, si avvarrà in qualità di relatore del prof. Antonio Orecchia, docente di Storia Contemporanea presso l'Università degli Studi dell'Insubria.

«Il dialogo tra le Istituzioni si rivela un efficace strumento per la realizzazione di progetti di ampio respiro non altrimenti ipotizzabili, ai fini della più proficua valorizzazione del patrimonio culturale, offrendo ai cittadini, e non solo, la possibilità di scoprire e comprendere le ricchezze spesso nascoste o sconosciute del contesto urbano - ha commentato il sindaco Davide Galimberti - Questo volume, che vede l'interazione del Comune di Varese e della Questura, con il patrocinio della Provincia di Varese, pubblicato grazie al supporto economico di Fondazione Cariplo, di Fondazione Comunitaria del Varesotto e di Varesevive, si può considerare l'atto conclusivo di un percorso articolato. Dopo una minuziosa ricerca documentaria nell'archivio del pittore Giuseppe Montanari, con il rinvenimento di numerosi cartoni preparatori dei suoi imponenti affreschi per i palazzi pubblici varesini e per la committenza privata, è stata organizzata una mostra intitolata L'arte svelata nel palazzo della Questura, che ha trasformato per alcuni mesi l'edificio in sede museale, consentendo ai visitatori di conoscere la sede della Polizia di Stato, anche dal punto di vista artistico, comprendendone le pregevoli linee architettoniche.» 

«Al termine di una lunga ed appassionante cavalcata, possiamo dire che, con la pubblicazione di questo volume, l’Arte ha trionfato, grazie alla sinergia tra Istituzioni, Associazioni e Fondazione Comunitaria del Varesotto, sinergia che si è concretizzata a partire dalla mostra L’arte svelata nel Palazzo della Questura di Varese: a memoria, la prima Questura trasformata in museo in Italia - le parole del Questore di Varese Michele Morelli -  La finalità dell’iniziativa, pienamente riuscita, è stata quella dapprima di far conoscere e valorizzare il patrimonio artistico di Palazzo Italia, attraverso le visite agli affreschi e al Sacrario e l’esposizione del materiale originale dell’epoca riferito ai lavori preparatori delle opere, coniugando il tutto con l’intento di avvicinare la collettività alle competenze ed all’organizzazione della Polizia di Stato. Le suggestioni della mostra sono state poi raccolte e sviluppate nei diversi contributi qui presentati, che hanno indagato in maniera approfondita e inedita il contesto, la storia e le caratteristiche artistiche e architettoniche di questo edificio».

«I lavori qui raccolti rappresentano l’ultima ma evidentemente non definitiva - hanno sottolineato i curatori Serena Contini e Enzo Laforgia - tappa di un percorso di ricerca volto all’approfondimento e alla valorizzazione del Palazzo Littorio di Varese, poi ribattezzato Palazzo Italia e attualmente sede della Questura.

L’edificio in questione, realizzato nel 1933, nacque per ospitare tutte le articolazioni del Partito Nazionale Fascista della neonata Provincia di Varese nonché la redazione del quotidiano locale «Cronaca Prealpina», dopo che, nel 1928, la fascistizzazione della stampa aveva comportato l’allontanamento del suo fondatore e direttore, Giovanni Bagaini.

Il progetto, affidato all’architetto romano Mario Loreti, che di lì a poco avrebbe firmato anche la nuova Piazza Monte Grappa, è stato riconosciuto come monumento di sicuro valore storico e architettonico nell’agosto del 2004.

Lo stigma del Fascismo e di ciò che il Fascismo è stato e ha rappresentato nella storia globale, nazionale e locale, è indelebilmente impresso sulla sua pelle, anche laddove questa è stata sottoposta ad interventi di chirurgia estetico-politica (furono ad esempio cancellate e sostituite nel dopoguerra le iscrizioni marcatamente fasciste poste lateralmente rispetto al corpo centrale).

In occasione della mostra, la Questura ha aperto le sue porte ai numerosi visitatori, consentendo di accedere a spazi di pregevole fattura, normalmente preclusi

al pubblico o inaccessibili dagli anni Quaranta. Ci riferiamo alle opere di Giuseppe Montanari, celebranti il Fascismo trionfante nel periodo del suo massimo consenso, come pure al cosiddetto Sacrario dei martiri fascisti, che, al di là dello stile funereo e della funzione meramente propagandistica, rappresenta una testimonianza di straordinario interesse dell’arte ceramica di Laveno Mombello e di uno dei suoi maggiori interpreti, Guido Andloviz, nonché un esempio pressoché unico di tale tipologia architettonica, incredibilmente sopravvissuto al furente desiderio di voler cancellare, appena finita la guerra, le tracce materiali di un’esperienza storica tragica e fallimentare.

Il presente volume non è stato pensato come catalogo a corredo della mostra, ma come un necessario strumento di approfondimento, per offrire al lettore gli elementi utili a collocare, nella giusta prospettiva e in un corretto contesto, la genesi, la funzione, le scelte stilistiche e architettoniche, la retorica figurativa e spaziale di un edificio, che costituisce un tassello di un più vasto progetto di trasformazione culturale e materiale del Paese.

Nel mutamento funzionale dell’edificio - e non a caso il lettore troverà in questo volume una breve descrizione della sua attuale vocazione a cura di Francesco Pino, capo di Gabinetto della Questura-, leggiamo uno degli snodi più importanti della nostra storia: l’abbattimento di una ventennale e sciagurata dittatura e la nascita di una società rinnovata all’insegna di una sino ad allora inedita democrazia.

Quello che fu il piazzale dedicato al simbolo del Fascismo, fu ribattezzato nel segno della “libertà” conquistata, proprio in occasione della prima seduta della giunta cittadina ciellenistica, il 28 aprile del 1945. Quell’edificio, dai recessi lugubri, sede di un potere violento e arrogante, fu destinato a sede della Polizia di Stato, presidio di legalità, a difesa delle garanzie costituzionali.

Rileggere in questa chiave la storia ormai lontana, di cui è materiale testimonianza il Palazzo Italia, pensiamo possa essere un’operazione utile ed anche necessaria nel nostro tempo presente».

C.S.

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