Cultura - 19 aprile 2024, 10:49

Le "Cicale" di Fabio Buraggi sono ancora vive: un libro alla memoria del "filosofo dei boschi"

La casa editrice GaEle tiene acceso il ricordo del milanese che passò la sua vecchiaia nei boschi del Brinzio a studiare animali e piante e a scrivere poesie con una pubblicazione in 57 copie numerate interamente manufatte. «Viveva in una casa isolata in mezzo al bosco. Era un uomo fuori dal tempo una sorta di guru». La presentazione dell’opera domenica alle 17.30 all’Anfiteatro nel parco comunale di Cuvio

Fabio Buraggi

Fabio Buraggi

«Andai nei boschi perché desideravo vivere con saggezza, affrontando solo i fatti essenziali della vita, per vedere se non fossi riuscito a imparare quanto essa aveva da insegnarmi e per non dover scoprire in punto di morte di non aver vissuto». Così Henry David Thoreau confessò a sé stesso, nel suo romanzo Walden life in the woods, la volontà di trovare un intimo rapporto con la natura, dopo esser corso via dalla pazza folla rifugiandosi nella foresta, per «succhiare così tutto il midollo della vita».

Un modello, il suo, seguito da molti, e probabilmente anche da Fabio Buraggi, milanese laureato in farmacia, che dopo un’esistenza trascorsa nel settore farmaceutico si ritirò da pensionato nei boschi di Brinzio, a studiare animali e piante e a scrivere versi ispirati alla bellezza della natura, mai pubblicati in vita. Ora GaEle, la casa editrice di Maria Elena Danelli e Gaetano Blaiotta che ha sede a Cuvio, ha deciso di rendere omaggio alla memoria del "filosofo dei boschi", scomparso ultra ottantenne, pubblicando un libro in 57 copie numerate interamente manufatte, con la poesia Cicale e una piccolissima opera in carta dorata, collocandolo nella simpatica collana Le Librellule, piccole edizioni di 10 centimetri per 10.

Il volumetto sarà presentato domenica 21 aprile alle 17.30 all’Anfiteatro di Cuvio, nel parco comunale, con la lettura dei testi poetici di Buraggi da parte degli editori e la performance "Stupori" di Christopher Wood, artista poliedrico, il cui cognome si inserisce perfettamente nel contesto.

«Fabio Buraggi era un uomo fuori dal tempo, viveva in una casa isolata in mezzo al bosco con la moglie, brava ceramista. Era molto schivo, perso nei suoi pensieri - ricorda Maria Elena Danelli - Ma se riuscivi a creare il contatto giusto si apriva. Quando ha saputo che anche io e Gaetano eravamo poeti, ci ha regalato tutte le sue raccolte, un grande gesto d’affetto e di stima».

Buraggi, inconfondibile per la sua lunga barba bianca, frequentava il Circolo di Brinzio, sedeva appartato e parlava con Maria, che allora gestiva il locale, spiegava i segreti delle piante medicinali e impastava figurine con la mollica di pane.

«Era una sorta di guru, un mix tra Tiziano Terzani e il Gandalf de "Il Signore degli Anelli", calzava estate e inverno pesanti stivali di gomma, ed era un uomo molto colto, con il quale potevi parlare di tutto. Qualche volta è venuto a trovarmi a Casalzuigno, dove vivo, e facevamo lunghe chiacchierate. Le sue poesie, battute a macchina e corrette a penna, sono un inno alla natura e alle sue creature, parlano d’amore, di animali e fiori, ed è stato lui a raccontarci che le cicale prima di compiere la muta, stanno sotto terra fino a 17 anni, escono arrampicandosi sugli alberi dove lasciano l’involucro ninfale e si preparano per la vita esterna, per la verità assai breve, e a cantare al sole» spiega Gaetano Blaiotta.

«Nuove/ nel sole le cicale./ Anch’io con loro/ impazzirei/ se dopo anni raggiungessi il sole», scriveva Fabio Buraggi, l’uomo del bosco, il cui testamento è fatto di lampi d’affetto verso un universo che lo aveva accolto come un grembo materno e nel quale era rinato a nuova vita.

Mario Chiodetti

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