Cultura - 22 marzo 2024, 12:20

Nelle stanze di Matteo Massagrande si entra “Senza bussare” grazie a "Punto sull'Arte"

Uno dei pittori contemporanei più apprezzati non soltanto in Italia ritorna negli spazi espositivi di Casbeno con la mostra “Senza bussare”, che si inaugura sabato 23 marzo. Nelle sue opere si esalta un paesaggio quasi magico e riprodotto in modo superbo grazie a una raffinata ricerca coloristica

Sotto in gallery le opere in mostra e il pittore Matteo Massagrande - © ph Simona Poncia

Sotto in gallery le opere in mostra e il pittore Matteo Massagrande - © ph Simona Poncia

Dopo sette anni dall’ultima mostra personale alla Galleria Punto sull’Arte, il pittore Matteo Massagrande, tra gli artisti italiani contemporanei più apprezzati non soltanto in Italia, ritorna negli spazi espositivi di viale Sant’Antonio 59/61 a Casbeno con “Senza bussare” (fino al 27 aprile 2024. Inaugurazione sabato 23 marzo, dalle ore 11 alle 13 presente l’artista. Orari: martedì – sabato, 9,30 -17), una straordinaria serie di dipinti che hanno come punto focale le stanze abbandonate di vecchie case in apparenza deserte, ma anche interni e giardini di dimore affacciate sul mare di Grecia. 

La mostra è la testimonianza della bontà delle scelte espositive che la galleria di Sofia Macchi compie da anni, promuovendo molti giovani artisti ma non perdendo di vista quelli affermati e storicizzati come Massagrande, nato a Padova nel 1959 e considerato uno dei maggiori rappresentanti della nuova figurazione italiana.

“Senza bussare” -il titolo è tratto da un verso del poeta ungherese Jòzsef Attila- indica come nelle stanze di Massagrande si entri in assoluta libertà, senza costrizioni, con piena facoltà di meravigliarsi di un particolare, di un colore, di un oggetto. Accanto ai soggetti più amati, gli interni lambiti dal primo sole, le verande come occhi sull’azzurro del mare, un corpus di opere racconta la Grecia, le sue luci e i suoi odori, le macchie di verde intorno alle case, il rampicante davanti all’ingresso. Un paesaggio quasi magico, riprodotto in modo superbo grazie a una lunga e raffinata ricerca coloristica, diventata con il tempo quasi un cimento filosofico.

Matteo Massagrande, che si divide tra gli studi Padova e Hajòs, in Ungheria, anche raffinatissimo incisore, con alcune opere entrate a far parte del Gabinetto delle Stampe degli Uffizi di Firenze, oltre alla personale del 2017 a Punto sull’Arte intitolata “Di volta in volta”, è stato artefice di “Canto dolente d’amore (ultimo giorno di Van Gogh)” alla Basilica Palladiana di Vicenza e, nel 2018, di “In my room: artists paint the interior 1950-NOW”, al The Fralin Museum of Art, Università della Virginia, Charlottesville negli Stati Uniti. 

Per Massagrande ciò che dà vita a un quadro è un particolare stato d’animo, quasi un brivido, non l’emozione del momento. «Non ho mai voluto “fermare l’attimo”, come usava nella pittura parigina dell’Ottocento, che fissava l’istante e rappresentava l’immobilità, vorrei invece che il moto diventasse eterno. I miei sono attimi enfatizzati, nei quadri tesso l’elogio della quotidianità, della normalità», si legge nel testo critico della mostra.

«Ogni giorno mangiamo il pane, e ogni giorno ci sembra sempre nuovo, così croccante e fragrante, non ci abituiamo mai eppure lo gustiamo sempre: questo è ciò che vorrei per i miei quadri, dove non c’è una quotidianità ironizzata o trasformata in monotonia, ma la bellezza del conosciuto. Da bambino osservavo le stanze chiuse, si può dire le spiassi, oggi no, devono portare ad altro, altrimenti il quadro diventa una natura morta di seggiole e mobili».

A latere della mostra di Matteo Massagrande, ci sarà un altro evento, previsto domenica 24 marzo, con la presenza in galleria dell’artista giapponese Kyoji Nagatani, che presenterà una serie di opere inedite in bronzo, visibili dalle 11 alle 13 e dalle 14 alle 17. La sua arte porta dentro di sé due cuori: quello della grande tradizione orientale (nella semplificazione, nel minimalismo essenziale) e quello della storia dell’arte occidentale, da lui studiata e amata, di cui possiamo riconoscere felici suggestioni che vanno da Manzù e Brancusi ad Arnaldo Pomodoro, fino ad affondare le proprie radici nella compostezza e nel simbolismo di Piero della Francesca. 

Mario Chiodetti

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