Varese dalla vetrina - 15 luglio 2023, 11:02

VARESE DALLA VETRINA/5 - Carozzi e il segreto contro il terrore del dentista: «Basta ricordarsi cosa piace ai pazienti»

Andiamo in via Adriatico e da un professionista che, tra tante passioni sportive e una famiglia che ne ha seguito la vocazione, da 37 anni cura i denti dei varesini: «Una volta arrivavano gli operai della Bassani con la tuta, oggi siamo arrivati alla quarta generazione di quei pazienti: buon segno». Tutto intorno è cambiato, ma «viale Borri e Sant’Ambrogio, dove abito, rimangono due quartieri veri: c’è molto peggio di Varese in giro. Anche se il traffico…»

VARESE DALLA VETRINA/5 - Carozzi e il segreto contro il terrore del dentista: «Basta ricordarsi cosa piace ai pazienti»

Ti sembra di vederli ancora oggi quegli operai che dalla Bassani - lì a un tiro di schioppo - si infilavano sotto le “grinfie” del giovane Carozzi, con la tuta ancora indossata e l’orgoglio di potersi permettere, grazie alla fatica del proprio lavoro, le cure di un dentista (alla stregua di una bella casetta, magari proprio nella zona di viale Borri).

La Bassani non c’è più, gli operai non se la passano granché bene (e non solo loro) e viale Borri ha cambiato fattezze, anche se si sforza qui e là di mantenere i tratti di un quartiere, scansando i lineamenti della periferia. L’unico che è rimasto, a governare quello studio aperto nel 1986 in via Adriatico, studio che da fuori pare una graziosa abitazione più che un ambulatorio, è Franco Carozzi. 

Non più giovane nemmeno lui, ma di certo giovanile.

«Questo posto ha l’età di una delle mie due figlie - racconta il dentista che ha una sede anche a Cunardo - Arrivai da Tradate, dove lavoravo con il celebre professor Milazzo, medico condotto, storico primario di Otorinolaringoiatria a Varese: invece di ereditare i suoi pazienti, mi sono messo in proprio e sono venuto qui».

Tempi eroici e “abusivi” («all’epoca il 90% dell’odontoiatria era gestita da odontotecnici»), in cui non era facile, se ti iscrivevi alla facoltà di Medicina, avere la vocazione per denti e gengive: «Un amico di famiglia mi disse: “vuoi fare davvero il dentista? Guadagnerai tanti soldi, ma sarai un medico fallito…”. Sì, c’era la percezione che i dentisti fossero medici di serie B: i professori giravano per le facoltà a chiedere chi volesse entrare in specialità, ma 10 anni dopo sarebbe cambiato tutto e gli studenti avrebbero incominciato quasi a pagare per poter entrare… Io ho sempre voluto fare questo lavoro, perché è una professione medica completa in cui sei in grado di risolvere tanti problemi e di avere un rapporto sereno con i pazienti: non affronti quasi mai problematiche drammatiche, una soluzione in bocca la si trova quasi sempre».

E allora ritorna il sorriso, quello che da queste parti è anche sinonimo di accoglienza e serve pure a cacciare una paura senza tempo: «Non sapete quanti hanno ancora il terrore del dentista… Io ho una fortuna, che è quella di ricordarmi gli interessi dei miei pazienti: uno che ha un po’ di paura è il papà di Andrea Vanetti, il capitano dei Mastini, allora gli parlo di sport e di hockey e così lo tranquillizzo. Mi piace avere dei pazienti amici: siamo ormai arrivati alla quarta generazione di famiglie che mi scelgono, penso sia un buon segno».

Sullo sport il doc è preparato quanto sulle arcate dentali. Tre le passioni: lo sci, la barca a vela e il basket: «Quello per la vela è un amore nato sul lago Maggiore e giunto a poco a poco al mare: oggi salpiamo da Leros, che è un pezzo di Italia trapiantato in Grecia. Lo sci mi lega a Madesimo e di domenica fa concorrenza al basket e alla Pallacanestro Varese. Confesso che lo scorso anno, per la prima volta da vent’anni, non ho fatto l’abbonamento al Lino Oldrini: mi sono un po’ stufato delle partite giocate sempre a orari diversi, non puoi più organizzarti…». Dei biancorossi rimane grande tifoso: «Mi ricordo i tempi in cui con Pozzecco, Meneghin e De Pol ci si ritrovava alla Prima Cappella del Sacro Monte a bere una birra. Si stava su e si passava del tempo insieme: c’era una bella comunione tra squadra e città. Oggi mi dispiace per l’addio a Giancarlo Ferrero, che era una bandiera: la gente non ha capito che concludere una carriera non è facile, perché è come mettere il timbro sulla fine di una fase della tua vita. Succederà anche a me, quando smetterò…».

Già, ma quando dottore? «Ho deciso che andrò avanti finché mi divertirò. Ho la fortuna di avere una figlia igienista, Chiara, e una odontoiatra, Eleonora, che lavorano con me e con mia moglie Antonella, che dà una mano. Siamo un dentista familiare…». «E sono felice quando i pazienti mi dicono di trovarsi bene con loro - aggiunge il dottore, sorridendo -  perché significa che ho più tempo per stare in barca…».

Trentasette anni di professione, migliaia di pazienti seduti sulle sue poltrone, milioni di denti esaminati e un’anzianità di servizio varesina (tra Sant’Ambrogio, dove abita, e viale Borri) tale da poter tirare qualche bilancio. Innanzitutto: i varesini sono attenti all’igiene della loro bocca? «Sì, mediamente sono diligenti e di certo più zelanti rispetto alle vecchie generazioni. La cultura dell’igiene orale ora viene instillata fin da piccoli e si crea un’abitudine: oggi anche il bambinetto di due anni sa che deve lavarsi i denti, mia madre a me non lo diceva mica…».

E poi Varese: «Ho la fortuna di vivere e lavorare in due zone che sono rimaste due quartieri: a Sant’Ambrogio è ancora tutto a portata di piedi, mentre viale Borri è rimasta un luogo in cui c’è sempre qualcuno con cui parlare, c’è vita locale, c’è ancora una dimensione umana. Onestamente? Vedo tanti posti messi molto peggio della nostra città».

Una critica, però, il dottor Carozzi, se la concede eccome: «Non vorrei commentare come sono gestiti i lavori pubblici... Ma è possibile che da Sant’Ambrogio a qui, e viceversa, certe volte ci metta 45 minuti? Si doveva per forza chiudere tutto in questo modo per gli interventi in largo Flaiano?».

Appello: fate in fretta a finire, altrimenti arriva Carozzi con il trapano…

Fabio Gandini e Andrea Confalonieri

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