Territorio - 16 marzo 2023, 10:30

VIDEO. «Gli U2 come parte della famiglia: 52 concerti, tantissimi incontri e la bellezza dell'amicizia»

Alla vigilia dell'uscita di "Songs of Surrender" ci racconta questa febbre buona che dura da trent'anni Adele Sforza, cairatese, nello staff di U2place: «Il primo incontro con Bono nel '96». I viaggi, le attese vicino agli studi, le coreografie che colpiscono al cuore anche la band

Adele Sforza e il primo magico incontro con Bono nel 96 da raccontare ancora con emozione oggi

Adele Sforza e il primo magico incontro con Bono nel 96 da raccontare ancora con emozione oggi

Gli U2, una febbre buona che vibra in lei da 30 anni: ad Adele Sforza brillano gli occhi, mentre racconta del primo album – rimasto poi quello del cuore e cantato sulla pelle da un tatuaggio – o degli incontri con la band.

Bono poi, un amico, uno di famiglia, che ti sembra di conoscere da sempre. Che oltre alla gentilezza dal vivo c’è stato nei momenti cruciali della vita, in quelli del sorriso o delle lacrime, o in cui si aveva bisogno di una canzone, di quella canzone, per ripartire.

Primo incontro nel ’91, grazie a un fidanzato che la avvicina ad “Achtung Baby”. Oggi Adele, un lavoro nel settore amministrativo, ha cinquant’anni, vive a Cairate e sorride al ricordo di come la passione sia cresciuta, all’inizio piano piano: «Ancora me ne pento, non sono riuscita a vedere il tour venuto subito dopo Achtung Baby, ho cominciato a seguirli di più qualche anno dopo. Cioè iscrivermi a un fan club, conoscere gente, visitare i posti legati agli U2 e naturalmente andare ai concerti, a partire dal tour successivo».   

Il che si trasforma anche nella chance di conoscere la band: 52 i concerti che da allora Adele non si è persa, soprattutto in Europa e anche in America, oltre agli spettacoli di Bono, ma gli incontri con il gruppo irlandese sono infiniti. Nel giugno '96 va a Dublino con due amiche di penna e conosce la band: «Lì è stata la folgorazione. Uno dice, be’ li hai incontrati, hai realizzato il tuo sogno, invece no. Perché ti viene il desiderio di incontrarli ancora, perché ti lasciano tanto, come se fossero persone vicine a te».

Si scambiano poche parole la prima volta: «Per due settimane di seguito ci piazzavamo sotto gli studi dove stavano registrando e li aspettavamo. Loro sono sempre gentili. La febbre è cresciuta ed è sempre peggio – ride – Con loro sul palco ti senti a casa, anche la gente che lavora per loro è la stessa negli anni e hai imparato a conoscerla. Avverti un benessere totale, a 360 gradi».

Arduo scegliere una canzone speciale: di “Achtung Baby” non può mancare, è “Until the end of the world”, ma quella del cuore è “Bad”.   

Venerdì 17 marzo esce “Songs of Surrender”, il nuovo album degli U2, con 40 canzoni "reimmaginate e ri-registrate" e i fans sono in fibrillazione.

Adele Sforza da 15 anni fa parte dello staff di U2place, nato nel 1999 dall’idea di Rudy Urbinati (fondatore e proprietario del sito): 40.000 iscritti a Facebook, 18.000 al forum, 300 persone attive sul forum mediamente, 12 milioni di utenti unici dal 2006 (250 milioni di page views)  «Ho imparato tante cose, mi ha aiutato molto questa esperienza – spiega – e questa passione mi ha aiutato fin da ragazza ad affrontare un viaggio da sola, a scoprire la mia forza».

Come definirebbe Bono? «Una persona passionale, che ci mette la faccia – risponde -   e disponibilissima. Curioso, molto». Un forte ego, senz’altro, come un artista del suo calibro non può che possedere.

La passione per gli U2 è davvero un’energia che unisce. Lo si vive ai concerti e il ricordo corre a quando a Roma i fans preparano una coreografia da sogno – quanto lavoro, di mesi, dietro quello spettacolo nello spettacolo - , la bandiera italiana e quella irlandese che si uniscono e la stessa band resta come sospesa nell’ammirazione, poi riconoscenza. Oppure mette tutti insieme per realizzare un video, con la finalità di ringraziare Bono che nei primi giorni di lockdown aveva a sua volta fatto un video con una canzone dedicandola agli italiani.

Ma poi, capita di conoscere persone che abitano nella zona per gli strani intrecci del destino. Lo scorso autunno, Adele legge l’articolo in cui Lorenzo Pisani, marnatese, racconta di aver incontrato con la moglie Pamela proprio Bono a Dublino e gli ha consegnato il suo libro, “Like a song”: c’era anche lei quella sera, poco distante. I casi della vita: lo cerca, diventano amici. LEGGI QUI

Sì, l’amicizia è uno dei doni che la musica porge. Oltre alla capacità di sognare, sempre. «I miei programmi futuri sono andare a New York e vedere Bono a teatro, per i miei 50 anni – ci dice ancora – Poi a Las Vegas, ancora non ci sono le date, vediamo se è fattibile. Il mio sogno è incontrarlo però da sola, parlarci un po’ di più». Come un membro della famiglia, che vedi tutti i giorni, ma c’è un momento in cui ci si siede, ci si guarda negli occhi, ci si confida un’emozione. E quel momento si posa nell’album silenzioso dei ricordi familiari, ricarica di vita.

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Marilena Lualdi

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