Storie - 17 agosto 2022, 09:40

Emergenza suicidi, don David e i 250 chilometri a piedi: «Anche così dico che il sistema carcere va cambiato»

Il cappellano della casa circondariale di Busto, che già aveva lanciato la campagna "Una telefonata ti può salvare la vita", dalla Norvegia aderisce all'iniziativa per sostenere la ministra Cartabia: «Il luogo di pena dev'essere di vita nuova»

Don David in cammino

In cammino pensando a chi è in un luogo di pena, che dovrebbe essere «di vita nuova». Invece, troppo spesso è di morte. Don David Maria Riboldi torna sul dramma delle carceri in Italia, dove l'emergenza suicidi scuote le coscienze. 

Il cappellano del carcere di Busto Arsizio aveva già lanciato in questo senso la campagna "Una telefonata ti può salvare la vita!". LEGGI QUI

Perché, a differenza di quanto accade in altri Paesi europei, appunto, una telefonata - che significa un contatto con un familiare, una persona capace di dare conforto e sollievo nell'azzeramento dei contatti sociali - è routine. Da noi, no. Intanto, il triste conto delle persone che si tolgono la vita in cella cresce. È stato annunciato in queste ore anche «un digiuno a sostegno della volontà di due personalità straordinarie come la Ministra della giustizia Marta Cartabia e il Capo del Dap Carlo Renoldi», spiegano i promotori.

Su quest'iniziativa don David si pronuncia, non prima di aver spiegato dove si trova, perché vi attribuisce un'ulteriore carica simbolica. In Norvegia, appunto: «Questo cammino nasce nel museo dei premi Nobel a Oslo e terminerà sulla tomba di S. Olav. Non un monaco, non un religioso, ma un re: un re vichingo, dal cuore indomito e dal sangue di lava. Mi unisco all’iniziativa non violenta di Rita Bernardini dedicandovi spiritualmente il cammino di S. Olav, che percorrerò a piedi negli ultimi 250 km: da Dovre a Trondheim. Porto sulle mie gambe questo appello, che deporrò alle spoglie mortali di un uomo di governo, perché interceda per i nostri governanti».

Al cappellano piace che non si trovi la parola "protesta" nell'appello, bensì sostegno: è lo spirito costruttivo, è il riconoscere quanto si sta impegnando la ministra.  Significa: «Siamo con voi, con la vostra "volontà riformatrice", con la vostra consapevolezza che il sistema carcere va cambiato... Quante persone dovranno ancora morire, prima che si riesca a rendere il tempo della pena non un luogo di morte, ma di vita, di vita nuova?  Grazie a don Raffaele, il nostro ispettore nazionale, che ha spinto l’appello ai confini dello stivale d’Italia, nel cuore di tutti i cappellani delle carceri, fratelli cari».

Marilena Lualdi