Nella vita ci sono persone che scelgono cosa fare e persone che invece sono convinte che la propria esistenza sia scritta nel proprio dna. Sergio Pozzi è una di queste.
Professionista stimato e appassionato del proprio lavoro un giorno ha deciso di essere solo felice e... si è fermato, ha messo tutto in pausa per cominciare un’altra vita.
Sarebbe facile scrivere della ricerca della felicità, troppo facile. In realtà oggi bisogna avere il coraggio di scrivere del coraggio stesso. Si, quello di un uomo che ha lasciato che il vento che sentiva e che che sente nelle scarpe lo portasse in giro per il mondo per incontrare persone, popoli e culture diverse solo per il gusto e il piacere di farlo.
Sergio non è scappato, anzi, continua a vivere qui, nella sua terra che è la provincia di Varese e a trattarla come il fulcro della sua realtà. Viaggia, scrive libri che scopriremo e respira il sapore della vita. Lo troviamo e lo troverete come il “marinaio del vento” seduto in un ristorante o su una panchina piuttosto che su un treno che attraversa terre ai più sconosciute; lo riconoscerete perché ha negli occhi la saggezza dei filosofi.
Lui ammette che non aveva previsto di invecchiare e che quando lo specchio glielo ha comunicato ci è rimasto male.
Sergio Pozzi ha conosciuto quello che definisce l’abisso della depressione ma non si è arreso, anzi. «Avevo orrore di me stesso - dice - perché avevo paura e la paura è il contrario dell’amore».
Oggi possiamo ascoltare le sue parole, approvarle o meno. Possiamo essere d’accordo con ciò che dice o forse no. Ammirarlo o invidiarlo, assecondarlo o anche contestare il suo modo di essere. Possiamo tutto ma non ignorare il coraggio di aver coraggio.
Buona visione.