Calcio - 08 maggio 2022, 08:58

Stefano Capozucca: «Al Varese le persone fanno la differenza. Ho nel cuore Ricky Sogliano, Claudio Milanese e Pierre Miglierina. Pavo-gol vi saluta...»

Il ds del Cagliari ricorda gli anni nella Città Giardino e dice la sua, come sempre senza giri di parole, sull'Italia e sui giovani ma anche sui talenti che ha lanciato: «Agli azzurri è mancato il rigorista. Serve un limite agli stranieri nelle squadre Primavera, vanno copiati il modello Atalanta e la "scuola" di Gasperini. In bocca al lupo ai biancorossi»

«Riccardo Sogliano è il mio padre calcistico. Con Claudio Milanese nacque subito un rapporto unico. Pierre Miglierina da Brebbia, che se ne è andato troppo presto, è per me emblema di generosità e passione: sono persone così che fanno gruppo e mettono armonia. Staccava dalla sua azienda il venerdì sera e prendeva l'area per raggiungermi a Terni: aveva una luce particolare negli occhi...»: parole di Stefano Capozucca, direttore a Varese nell'era di Claudio Milanese che condusse i biancorossi a un passo dalla serie B nel 2000, dopo essere partito dai dilettanti.

Nato il 1° gennaio 1955 a Roma, lombardo di adozione, Capozucca è l'attuale direttore sportivo del Cagliari. Iniziò da giovanissimo difensore nel vivaio del Monza, arrivando sino alle serie C, prima di passare a Derthona e Biellese "toccando" subito il Varese, dove non potè esordire solo per un problema fisico. Il destino, però, lo riportò sotto il Sacro Monte dopo ottime esperienze a Corsico e Pro Patria: grande direttore sportivo degli anni Novanta, con quella rinascita partita dai dilettanti, due coppe Italia e la scalata alla serie B conclusa nella fatal Cittadella. Capozucca passò poi a Ternana, Genoa e, dal 2015, al Cagliari.

Direttore, ricordi di Varese?
Periodo splendido. Ho incontrato due persone importanti per la mia carriera che con i loro insegnamenti mi hanno dato molto: porto nel cuore l’amicizia e i suggerimenti di Riccardo Sogliano che ritengo tuttora il mio padre calcistico. Non potrò inoltre mai scordare i momenti indimenticabili vissuti con Claudio Milanese, con cui nacque un rapporto molto speciale. A Varese ho conosciuto anche una persona straordinaria e generosa come Pierangelo Miglierina di Brebbia con cui ho condiviso esperienze bellissime, soprattutto a Terni.

Come ha fatto a conoscere il Pierre brebbiese?
Merito di amici comuni: accadde durante un incontro in un campetto di provincia. Da lì nacque un'amicizia straordinaria. Era un generoso, appassionato di calcio e tifoso del Varese, faceva gruppo e creava armonia nei ritiri pre partita. Quando gli proposi di venire con me a Terni, si mise a disposizione. Lavorava come imprenditore nella sua azienda sino al venerdì sera, poi prendeva l'aereo e mi raggiungeva in mezzo ai calciatori della Ternana. Rivedo ancora brillare i suoi occhi... purtroppo una brutta malattia lo ha portato via troppo presto. Per me è stato veramente durissimo.

Ha valorizzato miriadi di calciatori: a quali di questi è particolarmente legato?
Valorizzare talenti dà grande soddisfazione ed è la parte più bella della mia professione. Ho avuto soddisfazioni da Marco Borriello, Domenico Criscito, Mattia Perin, Stephan El Shaarawy e Thiago Motta a cui mi sono particolarmente legato per il suo carattere e per l'empatia.

Ci racconta il legame con Mario Beretta?
C'è una grande amicizia da sempre, nata ai tempi delle giovanili al Monza: abbiamo spesso collaborato. Grande allenatore e dirigente, persona molto preparata, ha sempre fatto bene anche quando è stato chiamato in situazioni difficili e complicate, cioè spesso: il suo carisma fa la differenza.

Si dice sempre di incentivare i settori giovanili quando la Nazionale delude: cosa ne pensa?
Liquido questa domanda dicendo che agli azzurri è mancato il rigorista. In generale è certamente vero che bisogna dare più spazio ai giovani, avere il coraggio di farli giocare e dare loro fiducia. La mia idea resta comunque quella di mettere un limite di stranieri nelle squadre Primavera: bisogna copiare il modello Atalanta e la scuola di Gasperini.

Cosa può dirci della sua esperienza con il Cagliari?
Il Cagliari è considerato dai sardi una parte del loro cuore, c’è un affetto particolare e unico da parte dei tifosi. Nei bar è sempre presente la foto della formazione attuale, quella storica che ha vinto lo scudetto e quella del grande Gigi Riva. Tutto ciò fa parte della storia indelebili dei sardi.

Pavoletti da grande centravanti fece sognare la A ai tifosi del Varese...
Pavo lo conosco da tempo: è un grande ed è legato ai biancorossi. Approfitto di questa occasione per portare i suoi saluti a tutta la tifoseria e mandare un grande in bocca al lupo al Varese.

Claudio Ferretti


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