Non siamo soli. Noi che seguiamo il Varese pensando di poterlo portare nel cuore di tutti quelli che non possono esserci da tanti mesi, non saremo mai soli se i tifosi andranno ancora fuori dai distinti a cantare e urlare come oggi, immaginando che quei cori trasportati dal vento siano ancora più decisivi perché quando non vedi, tutto il resto - l'udito, il ricordo, la distanza - ti rende più vicino, più forte, più imbattibile.
Non siamo soli perché il Peo deve avere guardato giù dopo che la squadra, trascinata a piedi al Sacro Monte in settimana da Stefano Amirante sul viale delle cappelle, è arrivata lassù, quasi a toccare il cielo dove riposa il custode dei sentimenti e dell'anima del Varese. Dopo aver fatto il calciatore, l'allenatore, il dirigente e il presidente, a Peo Maroso mancava solo di essere il dio del Varese e, una volta di più, oggi sappiamo che lo è.
Non siamo soli quando Lele Bellorini, Aldo Cunati, Antonella Fidanza, gli steward e i raccattapalle si radunano alla fine sotto la tribuna e si uniscono in un coro e in applauso liberatori, lunghissimi, travolgenti verso Ezio Rossi e la squadra, gli stessi cori urlati dalla curva fuori dallo stadio: «Alè, alè, alè, Varese alè. Alè, alè, alè, Varese alè». In quel manipolo di sopravvissuti c'è la fede di un intero stadio e di una tifoseria schiacciata, a volte umiliata ma mai così viva: il Varese arriva nel vento come un'aria sottile, un'ombra lunga, un pizzicotto e un brivido.
Non siamo soli quando ci fanno leggere il messaggio di chi soffre accanto al Pizza, tifoso indistruttibile e immancabile che sta giocando la partita più grande (ah, come ci mancano il sorriso del Pizza, l'urlo del Pizza, l'incazzatura del Pizza, la trasferta con il Pizza), o quando ai cancelli dello stadio incrociamo Lucio Sessa, e quando Pippo Casella sale le scale della tribuna, ma anche quando alle nostre spalle ascoltiamo il commento di Pierluigi Gennari come avevamo ascoltato quello di Carlo Prelli due settimane fa, allenatori che ovunque allenino, perfino sulla Luna, restano profondamente biancorossi.
Non siamo soli quando Giulio Ebagua ci riporta là dove tutto iniziò, fermando il tempo e cavalcando da metà campo fino ad arrivare a concludere in porta come un missile sotto la curva Sud, prima che lo stesso Giulio - un'ora dopo - esca dal Franco Ossola sotto braccio con Neto, non senza avere "scherzato" il Cunati. Il passato non torna, né deve farlo, ma può dare nerbo e futuro al presente. Se il Varese è una strada da percorrere, serve qualcuno che sappia dove inizia e quando finisce.
Non siamo soli davanti ad Antonio Rosati che indossa la pettorina da raccattapalle e, posizionandosi accanto alla panchina di Ezio Rossi, passeggia avanti e indietro, soffre, sbuffa e corre come un bambino - manco fosse l'Alfredo sulla sua carrozzina (la posizione in cui si mette, però, è la stessa) - al gol di Balla.
Non siamo soli di fronte all'abbraccio forse più emozionante di giornata, quello tra Stefano Pertile e Lele Bellorini, perché in quell'abbraccio c'è la cosa più semplice e difficile allo stesso tempo: essere tifosi del Varese, esserlo sempre e per sempre, ponendo questo "essere" davanti a tutto, anche a sé stessi.
Ma non siamo soli neppure di fronte ai gravi infortuni che portano via un giocatore quasi ad ogni partita o allenamento (da Disabato a Repossi, forse adesso a Giugno), perché la voglia di rilanciare e crederci si rinfocola ad ogni colpo avverso del destino: è in arrivo un centrale difensivo torinese di 27 anni dalla capolista di un altro girone di serie D con 175 presenze in categoria oltre a un centrocampista che nelle ultime giornate ha già affrontato i biancorossi in una trasferta in terra piemontese.
Non siamo soli perché abbiamo sofferto, attaccato, criticato (a fin di bene), e continueremo a farlo, eppure da questa società siamo sempre stati affrontati con lealtà e rispetto, anche dai responsabili del mercato Califano e Scandola con cui non siamo stati teneri, trovando persino qualcuno di nuovo e inaspettato capace di rincuorarci nei momenti in cui tutto, da ultimissimi in classifica, sembrava perso: qualcuno come Filippo Lo Pinto.
Calcio - 14 febbraio 2021, 22:30
Dal Peo al "Pizza", dal raccattapalle Rosati alla curva che canta fuori dallo stadio: il Varese ti fa sentire vivo (VIDEO E FOTO)
I biancorossi proseguono la scalata verso la salvezza partita dall'ultimissimo posto grazie a un "microclima" unico di comportamenti, uomini ed emozioni che solo qui trasforma la scintilla in un incendio. Mercato: in arrivo un centrale difensivo da una capolista di serie D con 175 presenze e un centrocampista dal Piemonte
Il Varese espugna il Franco Ossola (foto Ezio Macchi): sotto nella gallery la curva tifa all'esterno dei distinti
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