Nel pomeriggio del 6 dicembre, a pochi giorni dal corteo pro-Remigrazione organizzato dalla destra radicale, Gallarate ha dato prova di una partecipazione diversa e determinata. La manifestazione si è appena conclusa, lasciando nella piazza un clima di compostezza. Fredda, però, la partecipazione che ha contato meno di 70 persone.
Una presenza trasversale e compatta ha caratterizzato l’iniziativa, alla quale hanno aderito undici sigle: Europa Verde, Sinistra Italiana, Collettivo Lilith, Rifondazione Comunista, Comitato antifascista di Busto Arsizio, Anpi Gallarate, Movimento 5 Stelle, Casa delle Donne, Sharazade, Oltremani e Partito Comunista Italiano. Realtà diverse per storia e sensibilità, ma accomunate dall’urgenza di ribadire un messaggio condiviso. «Difendiamo la democrazia e i valori scolpiti nella Costituzione», hanno sottolineato i promotori dal palco improvvisato al centro della piazza, ricordando come il confronto civile rappresenti oggi più che mai un presidio necessario.
Grande assente di oggi il PD e nessun rappresentante dei consiglieri di minoranza del Comune di Gallarate ha partecipato oggi alla manifestazione, segno questo, confermato anche gli organizzatori, che bisogna continuare a costruire il dialogo tra i partiti per sostenere le cause comuni. L’auspicio però è che l’opposizione si stia organizzando per conto proprio per far sentire la sua voce almeno in consiglio comunale.
La scelta di tenere il presidio in una data distinta rispetto alla mobilitazione della destra estrema è stata ribadita come un gesto di responsabilità verso la città. Un modo per evitare sovrapposizioni e tensioni, mantenendo lo spirito pacifico dell’iniziativa e garantendo uno spazio di espressione sereno per chi voleva prendere posizione senza alimentare contrapposizioni dirette.
La manifestazione si è chiusa tra applausi e strette di mano, con l’impegno, espresso da più voci, a proseguire il percorso di vigilanza civica e culturale. Un pomeriggio che ha riportato al centro della scena pubblica una Gallarate decisa a non lasciare che la narrazione dell’intolleranza diventi dominante.