La Varese Nascosta - 11 ottobre 2025, 08:06

LA VARESE NASCOSTA. Quel giorno d'ottobre quando il Ponte di Ferro di Sesto Calende saltò in aria

Il "Punt da Fèer" nell'Ottocento non era solo una struttura di collegamento: era un simbolo della modernità. La sua storia si interruppe il 3 ottobre 1944 quando il 57° Stormo Bombardieri dell’aviazione americana lo colpì durante un raid aereo. Il Ticino si tinse di fumo e macerie...

(foto da La Varese Nascosta)

Torna l'appuntamento con la rubrica dedicata alla storia, agli aneddoti, alle leggende e al patrimonio storico e culturale di Varese e del Varesotto in collaborazione con l'associazione La Varese Nascosta. Ogni sabato pubblichiamo un contributo per conoscere meglio il territorio che ci circonda. 

Oggi usciamo dalla città e andiamo a Sesto Calende per parlare del famoso Ponte di Ferro... 

3 ottobre 1944: la distruzione del "Punt da Fèer"

Il Ticino, con le sue acque calme e potenti al tempo stesso, è sempre stato confine e passaggio. Tra Sesto Calende e Castelletto di Cuggiono scorreva, dal 1882, un ponte in ferro che aveva sostituito il primo, in legno, inaugurato nel 1868. Quel ponte, conosciuto da tutti come Punt da Fèer, non era solo una struttura di collegamento: era un simbolo della modernità ottocentesca, quando le nuove tecniche ingegneristiche permettevano di congiungere sponde e comunità con travi di metallo e bulloni.

Ma la Storia, quella con la “S” maiuscola, spesso irrompe con la forza dirompente della guerra. Il 3 ottobre 1944 il 57° Stormo Bombardieri dell’aviazione americana colpì il ponte durante un raid aereo. Il Ticino si tinse di fumo e macerie: il Punt da Fèer venne raso al suolo. Era un obiettivo militare: distruggere le infrastrutture significava interrompere i collegamenti, ostacolare i movimenti tedeschi, rallentare le comunicazioni e la logistica di un esercito ormai in ritirata ma ancora presente e minaccioso.

Quel bombardamento segnò profondamente le comunità rivierasche. Sesto Calende e Castelletto si trovarono di colpo divise, separate da un fiume che per secoli era stato via di comunicazione e di commercio. La guerra lasciava così un’ulteriore ferita visibile, che andava ad aggiungersi alle sofferenze quotidiane di un’Italia ancora sotto occupazione.

Il bisogno di ricostruire fu immediato. Già dopo la resa tedesca, nell’aprile 1945, venne realizzato un ponte di barche, posto in corrispondenza del monumento dedicato allo sbarco dei Garibaldini del 1859. Era una struttura semplice, ma vitale: restituiva la possibilità di attraversare il Ticino, restituiva normalità a una popolazione che cercava di riprendere fiato dopo la tragedia bellica. Quel ponte, costruito dalla Siai Marchetti, venne inaugurato il 12 luglio 1945.

Parallelamente, si provvide anche a un collegamento ferroviario: un ponte provvisorio fu realizzato per consentire il passaggio dei convogli. Perché il ponte sul Ticino non era solo un’opera viaria, ma un nodo cruciale di collegamento per merci e persone in un territorio che, nel dopoguerra, avrebbe visto una nuova fase di sviluppo industriale e commerciale.

Finalmente, nel 1952, venne completato l’attuale ponte, solido e moderno, destinato a durare. Con la sua entrata in servizio fu rimosso il ponte ferroviario provvisorio, anche se i piloni sono ancora oggi ben visibili: memorie di una stagione di emergenza e di resilienza.

Così, camminando oggi sul ponte che attraversa il Ticino tra Sesto e Castelletto, pochi forse pensano a quella giornata del 1944 in cui il cielo portò distruzione. Ma proprio per questo il ricordo è prezioso. Il Punt da Fèer non è soltanto un manufatto di ferro e calcestruzzo: è una testimonianza viva della fragilità della pace e della forza della ricostruzione.

La sua storia racconta un percorso che va dal progresso ottocentesco, alla devastazione della guerra, fino alla rinascita di un’Italia nuova. Oggi quel ponte è parte integrante della vita quotidiana: un attraversamento quasi scontato, che unisce due comunità e due province. Ma nella memoria di chi conosce la sua vicenda, esso rimane soprattutto un simbolo di resistenza, di capacità di ricominciare, di continuità tra passato e presente.

da La Varese Nascosta

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